Intervista con Michela Lombardi aprile 2019 di Marco Losavio
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In occasione della pubblicazione del nuovo album dedicato alla
musica di Sting, "Shape of my hear", abbiamo incontrato la cantante
Michela Lombardi.
Cosa vi ha attratto della musica del musicista britannico
tanto da dedicargli un lavoro discografico?
Nella sua musica c'è già molto feeling jazzistico, e da tempo avevamo notato che
nel corso degli anni erano sempre più i brani di Sting che io e Piero
Frassi ci eravamo trovati a suonare insieme. C'è in particolare un brano dei
Police al quale sono molto affezionata, "Wrapped Around Your Finger", che
con Piero canto dal vivo da più di vent'anni e che a me ha sempre fatto pensare
a "Sunshower" di
Kenny Barron.
Come avete scelto i brani dal mastodontico songbook di
Sting?
Oltre alla già citata "Wrapped Around Your Finger" avevo già in repertorio
altre sue canzoni, da "Fragile" (che qui canto sia in inglese sia in portoghese)
a "Consider Me Gone" a "Every Little Thing She Does Is Magic", nonché
la legrandiana "The Windmills Of Your Mind", che anche Sting ha interpretato.
Quindi è stato quasi naturale pensare a raccogliere in un disco questi pezzi già
rodati in anni di concerti, aggiungendone poi di nuovi per l'occasione, e orientandoci
su quelli più jazzy ("Dienda", di Kenny Kirkland) e bluesy ("It's
Probably Me", "Sister Moon").
L'album presenta
rimarchevole varietà stilistica, basata comunque sul sound del trio con il quale
l'intesa è sempre molto alta: che tipo di lavoro congiunto vi è stato nella definizione
degli arrangiamenti?
Io ho ripensato solo "Englishman in New York", per il resto tutti gli arrangiamenti
sono di Piero Frassi, che ha avuto fin da subito le idee ben chiare sul sound
che voleva raggiungere e su come mettere ciascuno di noi nelle condizioni di dare
il meglio, in maniera molto naturale.
Da quanto tempo lavorate insieme e come avete raggiunto
questo affiatamento?
Con Gabriele e Bernardo abbiamo iniziato a suonare insieme circa una decina d'anni
fa, ma è negli ultimi tre anni che Piero Frassi ha creato con loro il
Circles trio, suonando più assiduamente con questa formazione e iniziando a
registrare dischi con diversi ospiti, tra i quali
Nico Gori
e Karima. Quanto a me e Piero, invece, è dal 1997
che facciamo concerti insieme: ormai c'è un'intesa quasi telepatica! Credo si senta
molto nella nostra versione in duo di "Fields Of Gold".
Avete eventualmente pensato ad un possibile ampliamento
dell'ensemble per specifiche occasioni?
Sì, magari proprio con amici e colleghi che già abbiamo ospitato in dischi precedenti.
Non sei nuova a questi "stravolgimenti" dato che non meno
di un anno fa hai pubblicato l'album "Live To Tell" dedicato alla musica di Madonna,
sempre con un trio e qualche ospite. Quali sono le differenze di approccio con questo
nuovo lavoro?
Quel disco è frutto di un procedimento diverso: insieme al trio di Riccardo Fassi,
con Luca Pirozzi al basso e Alessandro Marzi alla batteria, c'è stato
un lungo lavoro a quattro per forgiare – nel corso di alcuni anni di prove e concerti
– degli arrangiamenti a volte arditi (come quelli di "Frozen" e "Into
The Groove") di un materiale di partenza assai meno jazzistico rispetto a quello
di Sting, e quindi più «challenging». L'apporto solistico di due icone della contaminazione
nel jazz contemporaneo, ovvero Don Byron e Steven Bernstein, ha contribuito
a sottolineare ciò che Riccardo mi ha sempre detto fin dai tempi in cui era il mio
maestro al conservatorio di Firenze: e cioè che il jazz, più che un repertorio,
è un «dispositivo» per rileggere materiale di ogni provenienza. Anche se proviene
dalla Regina del Pop.
Hai anche una oramai consolidata esperienza nell'insegnamento.
A parte la tecnica, quali sono i principali aspetti che cerchi di trasmettere ai
tuoi studenti?
Sono convinta che la maggior parte del lavoro da compiere riguardi l'ascolto, e
dunque cerco di nutrire la loro curiosità e voglia di scoprire molteplici poetiche,
voci, visioni. E sono anche molto attenta ai progressi che si registrano nella didattica
dell'improvvisazione vocale, sempre più importanti grazie alle pubblicazioni di
musicisti come Stoloff, Niemack, Weir, Clayton, Crook, Werner, Duvivier, Berkman,
Snidero, Yasinitsky, Meader e molti altri. Per diffondere questi metodi ho creato
"A Toolbox For Vocal Jazz", una rubrica in cui raccolgo dei video (realizzati
con l'aiuto di Ugo Bongianni) che pubblico a cadenza bisettimanale sui miei
profili Facebook, Instagram e Youtube. In questi video, oltre a presentare un libro
ogni volta diverso, canto un étude tratto da quel metodo con le mie vocalese lyrics
al posto dello scat, usando quindi lo storytelling per facilitare la memorizzazione
dei pattern. E poi canto molto insieme a loro.
Qual è la tua attuale visione del jazz in Italia o, per
meglio dire, del "sistema jazzistico" in Italia?
Vedo finalmente crearsi una vera e propria comunità, e questo mi piace. Com'è che
dice quel proverbio? «Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano,
vai insieme».
Se dovessi preparare una compilation di brani tratti dai
tuoi album a cui sei maggiormente legata, quali sceglieresti?
Del mio primo disco jazz, "Small Day Tomorrow", terrei "Comes Love",
"Everything Must Change", "The Meaning Of The Blues", "Some other
time" e "You Are There". Le più malinconiche, insomma! Di "So April
Hearted" amo quasi tutto perché ci sono molti inediti, però in particolare sono
affezionata a "Don't Let Me Be Lonely Tonight" di James Taylor. Da "Swingaholic"
riascolto spesso "Love Came On Stealthy Fingers", con un solo del caro
Marco Tamburini, e "Never Let Me Go". Dai dischi con
Sellani ricordo volentieri "Polka Dots And Moonbeams" e "Violets For
Your Furs", mentre da "Starry Eyed Again" direi "I Fall In Love Too
Easily", "All The Way" e i due vocalese dedicati a Chet, ovvero "Look
For The Silver Lining" e "It Could Happen To You". Dal disco di Riccardo
Arrighini sulle musiche di Morricone terrei tutti e tre i brani che ho cantato,
così come terrei "Una Notte In Italia" da "Pop Music" di Andrea
Fascetti. Conserverei ogni duetto con Luciano Federighi (perché c'è Luciano!)
e ogni brano dai "Phil
Woods Songbook" (perché c'è Phil!), nonché ciascuno dei brani in cui
ho cantato sui due dischi del
Nico GoriSwing 10tet "Swingin' Hips" e "The Tentet Is Coming To Town".
Infine, degli ultimi tre dischi – "Solitary Moon", "Live To Tell"
e "Shape Of My Heart" – metterei ogni traccia in questa ipotetica compilation.
Per poi andare avanti, e concentrarmi di più sulla composizione.
Ci sono grandi nomi del passato a cui sei ancora oggi legata
per aspetti stilistici o affettivi?
Se penso a qualche figura di riferimento mi accorgo che la ragione per cui riveste
per me quel ruolo è soprattutto affettiva, perché ne intuisco la visione, le intenzioni
e l'esempio, e dunque la porto nel cuore al di là della sua vocalità più o meno
distante dalla mia: e quindi potrei annoverare tra queste figure nomi che vanno
da Billie Holiday a Norma Winstone, da Irene Kral a Jeanne
Lee a Joni Mitchell. Certo, per il fraseggio jazz l'esempio più illuminante
è per me rappresentato da Carmen Mcrae e
Anita O'Day (e colei che ritengo per certi versi la sua erede,
ovvero Tierney Sutton). Stilisticamente, poi, nei miei ultimi due dischi
riscontro un riaffiorare sempre maggiore del mio passato legato alla vocalità bluesy
e soulful, ma nel disco che uscirà l'anno prossimo con Ceccarelli e Falomi
c'è molta limpidezza e brani che vanno dallo stile chanson francese al Brasile,
e tuttavia alla fine ogni etichetta salta quando canto nella Fonterossa Open
Orchestra diretta da Silvia Bolognesi, in cui facciamo anche brani di
William Parker
e Frank Zappa: lì con la voce spazio dagli shout gospel a una vocalità inquadrata
in sezioni corali scritte fino a guizzi di vocalità estreme. Alla fine, forse, la
mia principale guida è l'atteggiamento filosofico nei confronti della vita e del
tempo: la mia tesi di laurea in filosofia riguardava un argomento oggi molto in
voga come la razionalità indiretta e imperfetta e il multiple self, e anche nelle
mie scelte musicali c'è un continuo farmi domande e cercare di conoscere e capire
mondi e visioni differenti.
Avete in programma una promozione attraverso
dei live?
In estate sarò molto impegnata con una bella novità che riguarda il
Nico GoriSwing 10tet, ma in autunno riprenderemo i concerti di "Shape Of My Heart".
Del quale sto facendo uscire, pian piano, dei nuovi video realizzati in studio mentre
registravamo, proprio l'autunno scorso.
Sai già con quale prossimo "stravolgimento" sorprenderai
il tuo pubblico?
Non sarà un vero e proprio stravolgimento, perché anche in questo caso – come nel
disco dedicato a Johnny Mandel, ovvero "Solitary Moon" – si tratta
di veri e propri new standard. Deve infatti ancora uscire per la Philology una raccolta
di brani di Michel Legrand, registrata con Piero Frassi, Gabriele
Evangelista e Andrea Melani un po' di tempo fa: è l'ultima produzione
voluta da Paolo Piangiarelli, una persona alla quale devo moltissimo. E poi
nel 2020 uscirà un disco di brani originali
composti da Giovanni Ceccarelli (con alcuni testi miei, e non solo), registrato
in trio con lui e con Luca Falomi alla chitarra, con diversi ospiti: un lavoro
che mi rende immensamente felice.