Recorded on June 15, 16, 17, 2005 at he Teatro dei Riuniti, Umbertide (Perugia) Produced by Umbria Jazz Records and Giottomusic, Perugia 2005
|
Francesco Cafiso & Strings
A Tribute to Charlie Parker
1. - I’ll Remember April (DePaul-Johnston-Fields) 3’18’’
2. - What Is This Thing Called Love (Porter) 2’59’’
3. - Out Of Nowhere (Green-Heyman) 3’28’’
4. - Everything Happens To Me (Carmichael-Mercer) 2’53’’
5. - Summertime (Gershwin-Heyward) 3’35’’
6. - They Can’t Take That Away from Me (Gershwin) 3’51’’
7. - Dancing in the Dark (Schwartz-Dietz) 3’35’’
8. - Laura (Raksin-Mercer) 3’33’’
9. - I Didn’t Know What Time It Was (Rodgers-Hart) 3’12’’
10. - Just Friends (Klenner-Lewis) 3’28’’
11. - April in Paris (Duke-Harburg) 3’27’’
12. - Easy to Love (Porter) 3’50’’
13. - I’m in the Mood for Love (McHugh-Fields) 3’35’’
14. - Yesterdays (Kern-Harbach) 2’32’’
15. - I Should Care (Stordahl-Weston-Cahn) 3’43’’
16. - If I Should Lose You (Rainger-Robin) 3’09’’
17. - Repetition (Hefti) 2’39’’
18. - Prayer for Charlie (Cafiso) 1’59’’
Francesco
Cafiso - sax alto
Riccardo Arrighini - piano
Aldo Zunino - bass
Stefano Bagnoli
- drums
I Solisti di
Perugia String Orchestra
Paolo Franceschini -
first violin
Paolo Castellani - violin
Gabriele Menna - violin
Stefano Menna - violin
Silvia Palazzoni - violin
Luca Tironzelli - violin
Luca Ranieri - violas
Luca Moretti - violas
M.cecilia Berioli - cellos
Mauro Businelli - cellos
Marco Tinarelli - double-bass
Simone Frondini - oboe and english
horn
Luciano Caporossi - french horn
Laura Vinciguerra - harp
|
Già da "I'll remember
April", firmata da DePaul, Johnston e Fields,
Francesco
Cafiso – in "Tribute
to Charlie Parker" (Umbria jazz record e Giottomusic) – racconta la vita,
"struggente", del sassofonista più amato e più contestato del scorso secolo: "the
Bird". Con l'orchestra dei Solisti di Perugia, il "Maestro" di Vittoria è
riuscito, nel suo ultimo lavoro – in concerto già presentato il 6 luglio
2005 presso l'Auditorium di Roma e il 9 luglio
al Morlacchi di Perugia – ad offrire una rilettura di testi di Parker.
"What is this ting called love?",
di Porter, è filologicamente coerente con l'impostazione data all'album, un bello
swing incalzante, dove fiato, ancia e strumento vibrano, amandosi, sopra il background
dei violini ricalcando da vicino anche le sonorità del "dioscuro" del bebop.
Il medium che ne segue: "Out of
nowhere" (Green-Heyman) ha, nelle concatenazioni melodiche del sax alto
di Francesco
Cafiso con l'oboe di Simone Frondini, forse una delle massime
espressioni di gusto musicale dell'intero album. Gli archi sono sempre di grande
respiro in tutte le strutture armoniche e creano tanta atmosfera "anni Cinquanta".
Evocano ricordi di un passato che, ai puristi non sfuggirà, fa riemergere per intero
il significato di quel "vecchio disco in vinile della Verve".
Charlie Parker with Strings,
nel 1949 fu inciso rileggendo
un grosso angolo di mondo degli standard del jazz.
Cafiso
questo lo sa e nell'album lo rispetta profondamente.
"Everything happen to me"
(Carmichael e Mercer) è una ballad dai contorni indefiniti che, come del resto gran
parte dei brani, viene dopo di una breve apertura dei violini al seguito del Maestro
Paolo Franceschini.
Cafiso
sa che per la ritmica può appoggiarsi, senza mai avere difficoltà alcuna, sull'impalcatura
costruita dai "suoi": Riccardo Arrighini al piano, Aldo Zunino, al
contrabbasso e
Stefano Bagnoli alla batteria.
Se dal vivo ha entusiasmato, "Summertime"
di George Gershwin e DuBose Heyward, nell'album è struggente. Le improvvisazioni
di Cafiso sono sempre strettamente tonali, con qualche puntamento audace su una
dimensione meno accademica dello strumento. «Questa è una straordinaria registrazione.
Anche un ascoltatore che non ha nelle orecchie la musica di Charlie Parker –
scrive Dan Morgestern, sul libretto che accompagna l'album - ne rimarrà
profondamente colpito. Ma chi conosce questo gigante del jazz e sa che le sue incisioni
con gli archi sono tra le più famose, rimarrà esterrefatto ed incantato ascoltando
il sassofonista sedicenne italiano che, 50 anni dopo la morte di Parker, è stato
capace non solo di ricatturare la magia delle versioni originali, ma, facendo ciò,
ha anche sorprendentemente affermato che l'eredità del Maestro è ancora oltremodo
viva».
Sempre di Gershwin,
Cafiso
propone "They Can't Take That Away From Me".
Anche qui l'alternarsi con l'oboe assegna al brano un qualche cosa di arcano e di
mistico al tempo stesso. Tra i due fiati si inserisce, impreziosendo, Arrighini
con una sua breve improvvisazione.
Le composizioni avrebbero poi portato all'album intitolato Charlie Parker
with Strings, quando uscì, nel maggio del
1950, a diventare rapidamente
il più venduto del grande sassofonista. L'album originale conteneva sei esecuzioni:
Just Friends, Summertime,
If I should loose you,
April in Paris,
Everything Happens To Me e
I didn't know what time it was.
E Francesco
non ne salta una. Nel suo lavoro ci sono tutte. Proprio nell'ultimo brano segnalato,
il suo sassofono ripropone con forza le espressioni più care al grande sassofonista
di Kansas City: voli e volteggi di note che mal si sposavano con il rigore jazzistico
della sua epoca. Ma proprio quel rincorrersi di suoni stava incastonando una pietra
miliare in quello che sarà poi lo sviluppo e il modo di suonare dei sassofonisti
di tutto il mondo. Just Friends è tutto questo
e ancora di più! Gli archi, pur avendo alle spalle una preparazione classica, non
si perdono mai, seguono l'incalzare ritmico della sezione di
Cafiso,
mentre il suo sassofono ripercorre la storia della improvvisazione agli albori del
"be bop", per nulla intimorito dalla presenza dell'oboe. Grande sia il suono sia
la scelta di note di Riccardo Arrighini che non perde mai l'occasione per
ricordare a chi sta ascoltando che alle orecchie arriva un'orchestra sostenuta da
una spinta swing di rara fattura.
E' poi la volta di "April
in Paris", vecchia ballad che avrà fatto battere di romanticismo chissà
quanti cuori. Anche se, val bene ricordarlo, dietro tutto quel lavoro a cavallo
tra il '49 e il
'50 c'è la grande sofferenza
di The Bird. Una volta, quando Parker suonava nella band di Count Basie
e nessuno era d'accordo col suo modo di suonare, il batterista Jo Jones gli
gettò addosso i piatti in segno di protesta e di ira. Parker si alzò e uscì
piangendo. Per giorni i suoi occhi furono rossi e gonfi di pianto. Parker
racconta: "Non riuscivo più a sopportare le armonie stereotipate che allora erano
continuamente impiegate da tutti. Continuavo a pensare che doveva esserci qualche
cosa di diverso. A volte riuscivo a sentire qualcosa, ma non ero in grado di suonarlo...
Sì quella notte improvvisai a lungo su Cherokee. Mentre lo facevo mi accorsi che
impiegando come linea melodica gli intervalli più alti delle armonie, mettendovi
sotto armonie nuove, abbastanza affini, stavo suonando improvvisamente ciò che per
tutto quel tempo avevo sentito dentro di me. Rinacqui a nuova vita".
Dan Morgestern scrive: "Questo tributo a Charlie Parker, cinquant'anni
dopo la sua morte precoce e nell'anno in cui ne avrebbe compiuti ottanta, è stata
una magnifica idea, e noi dell'Istituto di Studi del Jazz siamo felici di aver fornito
le partiture. Ci sono sorprese qui come "I Should Care", mai incisa da Parker (una
delle mie preferite con Summertime e
Everything Happens To Me), ma direi che tutto
il disco è una sorpresa, una bellissima sorpresa. E non dimentichiamo il personalissimo
e commovente solo di
Francesco,
Prayer for Charlie.
E' un blues come la maggior parte della musica di Parker ed è un perfetto
tocco finale. Mi è stato detto che fu proprio il blues che Carlo Cattano,
il primo maestro di
Francesco,
scelse per avvicinare il suo giovane allievo al jazz. Penso, anzi, so che concorderete
con me che
Francesco è un allievo eccelso e che Charlie Parker, il suo Maestro,
gli sorride"...
Marcello Migliosi per Jazzitalia
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
|
Invia un commento
Questa pagina è stata visitata 13.185 volte
Data pubblicazione: 16/05/2006
|
|