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Pipeline 3-5-8
Flatus, Crocus, Prayer
We Insist! (2018)
Flatus
1. Truncus
2. Crocus
3. Flatus
4. Rivulus
5. Lucius
6. Tropus#1
7. Trochus
8. Coquus
Crocus
1. Carabus
2. Potus
3. Coquus
4. Rivulus
5. Fluvius
6. Crocus
7. Truncus
8. Tropus#1
9. Calamus
Prayer
Steve Lacy's
compositions played by pipeline 8
1. I Do not Believe
2. Traces
3. Joy
4. Prayer
5. The Rent
6. A Lacy Sunday
7. (around blinks) trickles
Pipeline 3
Giancarlo Nino Locatelli - clarinetto
basso, percussioni
Gianmaria Aprile - chitarra, pedali, effetti, percussioni
Simone Fratti - contrabbasso, kalimba,musical saw, percussioni
Pipeline 5
Giancarlo Nino Locatelli - clarinetto
basso, percussioni
Gianmaria Aprile - chitarra, pedali, effetti, percussioni
Simone Fratti - contrabbasso, kalimba,musical saw, percussioni
Tito Mangialajo Rantzer - contrabbasso
Sergio Prada - chitarra, oggetti
Pipeline 8
Giancarlo Nino Locatelli - clarinetto
basso, percussioni
Gabriele Mitelli - pocket trumpet, genis, percussioni
Sebastiano Tramontana - trombone
Alberto Braida - piano
Gianmaria Aprile - chitarra
Luca Tilli - violoncello
Andrea Grossi - contrabbasso
Cristiano Calcagnile
- batteria, percussioni
La label italiana We insist! debutta nel 2018 con alcuni dischi
orientati in direzione della musica di ricerca e d'avanguardia. In specie sono documentate
le esperienze del gruppo di composizione variabile, dai tre agli otto elementi,
"Pipeline". Il leader del progetto è Giancarlo Nino Locatelli, multistrumentista
e autore noto per i suoi incroci con personaggi come
Steve Lacy,
Peter Kowald o, limitatamente al nostro paese, con Massimo Falascone e
Cristiano Calcagnile
fra gli altri. Nel primo disco doppio, "Us Pipeline", come si legge nelle note di
copertina, Locatelli abbandona la pratica abituale dell'improvvisazione assoluta
per realizzare un qualcosa di programmato a priori. Ai partners non vengono consegnate,
però, partiture scritte, bensì sono fatti ascoltare i temi scelti per l'incisione
nell'esecuzione del clarinetto basso e da lì gli stessi musicisti devono muovere
per articolare un discorso in sintonia, in convergenza o in contrasto con quanto
recepito.
In "Flatus" il clarone enuncia motivi piuttosto semplici, poi ci gira attorno ripetendoli
o divagando con accorte microvariazioni, per ritornarci sopra e scavarci dentro.
Il contrabbasso e la chitarra, invece, lavorano principalmente sull'aspetto timbrico,
stendono macchie di colore rispondendo alle sollecitazioni tematiche dello strumento
a fiato, oppure danno vita ad un accompagnamento sui generis, zigzagante e divergente.
Alla fine tutto quaglia, in virtù della capacità del trio di ascoltare e di ascoltarsi
e dell'abitudine comune a camminare sul filo del rasoio della composizione istantanea
in maniera disinvolta.
"Crocus" non differisce molto dal cd precedente nella sostanza. In questo caso è
protagonista un quintetto, con il raddoppio delle chitarre e dei contrabbassi. A
Gianmaria Aprile e Simone Fratti si uniscono, infatti, Sergio Prada e Tito Mangialajo
Rantzer. Attraverso questo organico allargato Locatelli riesce a produrre una musica
pregna di effetti, di artifici timbrici, marcata ritmicamente e jazzistica nel suo
retroterra. Colpiscono in particolare il suono secco e metallico della sei corde
di Aprile e Prada, con strappate sghembe, decise e l'accavallarsi del fraseggio
dei due bassi estremamente efficace per edificare un fondale in perenne sommovimento.
Il clarinetto basso, oltre a cantare le melodie scure ed oblique, si inerpica su
note acute e stridenti, atterra su suoni storti e irregolari in un florilegio tecnico
aperto ad ogni rischio espressivo.
"Pipeline 8: Prayer" è, ad ogni modo, la perla di questa triade. L'album è dedicato
al songbook di
Steve Lacy e vede all'opera un ottetto dove compaiono nomi di rilievo
nel campo dell'avant jazz italiano. Sono della partita Gabriele Mitelli, Sebi Tramontana,
Alberto Braida,
Cristiano Calcagnile, Luca Tilli, oltre al fedele Gianmaria Aprile e
al bassista Andrea Grossi, un giovane talento su cui puntare ad occhi chiusi in
prospettiva futura.
L'universo lacyano viene esplorato e interpretato partendo da idee melodiche provviste
di una struttura elementare per costruire sviluppi ben più insidiosi e complessi.
L'ardito vociferare polifonico dei fiati, inoltre, rimanda allo stile di New Orleans,
ma si fa presto a scoprire dietro l'angolo sequenze free della più bella acqua.
In altri pezzi si riscontrano tracce di blues e parentesi di un bop tiratissimo.
Per completare il quadro ci sono due brani, "Joy" e "Prayer", dal respiro solenne
e spirituale. Insomma il maestro indiscusso del sax soprano viene ripresentato con
l'abito della festa, quello dell'originalità si intende.
Un plauso, quindi, alla We Insist! per aver pubblicato due registrazioni così interessanti,
una risalente al 2011, l'altra più recente, ripresa
dal vivo a Pisa nel 2016, che confermano le qualità
di un musicista mai troppo in vista nel panorama del jazz italiano, forse perché
la sua proposta è seria, coerente, rigorosa e non scende a compromessi con gli ipotetici
gusti della maggioranza del pubblico.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 27/04/2019
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