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Paul Maher Jr. – Michael K. Dorr
Miles on Miles – Incontri con Miles Davis
Casa Editrice Odoya srl 20 euro - 358 pagine
Miles Davis è un artista su cui in tanti hanno scritto, detrattori ed estimatori,
fiumi di storie e aneddoti che sono oramai storiografia. Quindi pensare di scriverne
ancora potrebbe far pensare all'ennesimo riciclo di materiale raccolto con l'obiettivo
di far "cassetta". In "Miles on Miles" si è deciso di ripercorrere la vita
e la carriera del grande artista di Alton, attraverso alcune delle sue più significative
interviste. Miles Davis si racconta in 29 incontri con altrettanti giornalisti durante
i quali emergono i noti aspetti caratteriali di Davis, come la predisposizione a
non porsi, a prescindere, con positività; il suo astio sociale a causa del razzismo
con conseguente atteggiamento ostico nei confronti dei bianchi; la smania di apparire
come uno che ce l'ha fatta, mediante lo sfoggio della ricchezza; la spavalderia
con cui si ammette l'uso di sostanze stupefacenti per chiaramente lasciare il messaggio
di non esserne invece stato vittima, al contrario di molti suoi colleghi.
Si traccia
il suo rapporto conflittuale nei confronti del pubblico, mascherato dalla necessità
di gestire la band rimanendo di spalle per interi concerti; i giudizi a volte efferati
nei confronti dei colleghi come ad esempio Oscar Peterson, Quincy Jones, i Wheather
Report da un lato e l'adorato parlare di altri come Clark Terry, Gil Evans, Sonny
Rollins, Art Blakey, John Coltrane, Dizzy Gillespie ("è in grado di fare quello
che vuole"), Bill Evans; l'idiosincrasia nei confronti dei giornalisti continuamente
messi in difficoltà durante le interviste anche mediante l'uso di un linguaggio
spesso rude, comunque diretto. In tutto questo, attraverso tutto questo, emergono
gli angoli nascosti come i motivi di cambi di stile, di rinnovo delle band, della
musica che ha delineato uno dei percorsi più importanti della storia del jazz.
Ventinove
interviste, quindi, raccolte in ordine cronologico dallo scrittore, recensore e
fotografo Paul Maher Jr. (non nuovo a questo modello editoriale avendo pubblicato
con lo stesso schema interviste di Tom Waits e Terrence Malick) e dal poeta, commediografo
e editore Michael K. Dorr, pubblicate in italiano dalla Odoya ed egregiamente introdotte
da Paolo Fresu e Stefano Zenni.
In ognuna di queste interviste ci sono elementi che colpiscono e che aggiungono
qualcosa alla propria conoscenza della musica o dell'artista anche se in molte,
a parte il ripetersi delle classiche domande anagrafiche e di avvio alla carriera,
emerge spesso l'impaccio dell'intervistatore, conseguenza spesso della riluttanza
al dialogo di Miles Davis, o la vanità dello stesso che, proprio quando intervistato,
esagera a volte giudizi ed opinioni rendendoli, di conseguenza, al limite del credibile.
Fra tutte le interviste emergono, a parere di chi scrive, l'appassionante "Un pomeriggio
con Miles Davis" del 1958 a cura di Nat Hentoff, in cui Miles commenta e descrive
brani che ascolta in presenza dell'intervistatore; "Non devo tenere il pubblico
per mano" del 1968 a cura di Arthur Taylor, per come si affrontano aspetti prevalentemente
musicali e "Miles" del 1972 a cura di Leonard Feather il quale offre non solo un'intervista
ma propri supplementi ed inserti di altre interviste effettuate a musicisti che
hanno collaborato con Davis.
Un libro, quindi, che può leggersi seguendo la sequenza cronologica o semplicemente
accedendo direttamente al periodo di interesse dato che ogni capitolo è chiaramente
autonomo.
Un libro, quindi, da non perdere per chi ha desiderio di addentrarsi nella storia
di Miles immaginando magari di averlo dinanzi, con la sua voce roca, il suo sguardo
cupo a farci rendere conto di come sia stato possibile "cambiare il corso della
musica almeno quattro o cinque volte".
Marco Losavio per Jazzitalia
25/03/2010 | Hal McKusick si racconta. Il jazz degli anni '40-'50 visti da un protagonista forse non così noto, ma presente e determinante come pochi. "Pochi altosassofonisti viventi hanno vissuto e suonato tanto jazz quanto Hal Mckusick. Il suo primo impiego retribuito risale al 1939 all'età di 15 anni. Poi, a partire dal 1943, ha suonato in diverse tra le più interessanti orchestre dell'epoca: Les Brown, Woody Herman, Boyd Reaburn, Claude Thornill e Elliot Lawrence. Ha suonato praticamente con tutti i grandi jazzisti tra i quali Art Farmer, Al Cohn, Bill Evans, Eddie Costa, Paul Chambers, Connie Kay, Barry Galbraith e John Coltrane." (Marc Myers) |
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Data pubblicazione: 07/01/2014
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