Dave Holland e Kenny Barron Roma Jazz Festival 14 novembre 2014
di Nina Molica Franco foto di Riccardo
Rossini
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Un applauso che racchiude stima e grandi
aspettative,
Dave Holland e
Kenny Barron
si materializzano sul palco e, con un'eleganza fuori dal comune, si accostano ai
loro strumenti.
Dave Holland afferra in modo raffinato, a tratti galante, il suo fedele
contrabbasso; Kenny Barron si siede al pianoforte e in modo fluido ed elegante inizia
a sciorinare le note della sua "Spiral". Si crea un'atmosfera quasi onirica,
mista di sogni, di aspettative: le dita di Barron scivolano veloci sul pianoforte
e quelle di Holland si aggrappano ad ogni corda con decisione e fermezza, pur mantenendo
un velo di infinita eleganza. Straordinaria la perfetta coesione tra i due, assolutamente
equilibrati nel procedere insieme, ma anche nel lasciarsi i giusti spazi per esprimersi
al meglio, seguendo un percorso fatto di armonia e di melodia. Holland, in particolare,
diventa spesso protagonista di intensi momenti, in assolo, o accompagnato da un
timido pianoforte, in cui le corde del contrabbasso sembrano essere infinite così
come infinite appaiono le note che è capace di generare: nessuna nota è mai identica
ad un altra e, anche nel caso in cui lo fosse, il suo colore la renderebbe comunque
diversa e inedita.
Galante e intensamente espressivo, Holland non attira nella sua
orbita Barron, ma gli lascia lo spazio necessario affinchè anche lui possa prendere
parte alla costruzione di quel firmamento di note alla quale il publico assiste.
Accanto alla melodia e all'armonia non manca di certo la ritmica: ed è proprio con
"Segment" di Charlie Parker che lo swing diventa protagonista assoluto. La
frenesia musicale è a questo punto travolgente e si meterializza una danza leggera
composta da note particolarmente ottimiste. Il concerto si caratterizza proprio
per l'infinita varietà di possibilità espressive che contraddistingue i due artisti.
E così, dallo swing si passa a "Waltz for Wheeler", l'appassionata dedica
di Holland all'amico, che con un inizio accorato spiega perfettamente le ragioni
di una malinconia che non sconfina mai in tristezza, ma mantiene una grande dignità.
Note ribattute, moduli che si ripetono e l'immagine è quella di un poetico canto
notturno. Una continua alternanza, durante tutto il concerto, tra lirismo e genuina
ilarità. Bastano, infatti, un pianoforte e un contrabbasso e si viene trascinati
in un mondo altro, gioioso e ilare con "Calypso", o ci si cala in un'atmosfera
quasi ai limiti dello stucchevole e assolutamente intensa con "Rain". O ancora,
sul finale, Holland con il suo contrabbasso sfiora i limiti del genere per trascendere
nel rock e con qualche punta di blues si rende protagonista di vibranti dissonanze
armoniche. Barron dal canto suo non brilla di luce riflessa, ma con una presenza
costante riesce a splendere nitidamente di luce propria. Con "In Walked Bud"
di Monk, Holland e Barron regalano un ultimo elegante e intenso momento prima di
lasciare la scena e salutare quel pubblico estasiato che non si è risparmiato in
applausi e dimostrazioni di stima e affetto.