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Pat Metheny Group
Bari – Teatroteam, 19 Giugno 2005

di Alceste Ayroldi

La montagnetta dei rifiuti sommersi limitrofa al Teatro Team sembra bollere pronta ad un'eruzione alla stregua di un vulcano. Il quartiere Japigia di Bari è in fermento: auto e pullman provenienti da ogni dove hanno invaso la zona. La gente procede quasi fosse una processione verso la tensostruttura che ospiterà l'evento tanto atteso. Bari e la Puglia in generale si appresta a consacrare ancora una volta sua Maestà Pat Metheny.

Tra la Puglia ed il chitarrista statunitense c'è un feeling atavico. E con il PMG è ancor più evidente. Il teatro è stracolmo in ogni ordine e grado, nonostante i costi molto elevati. Persone di ogni età: dagli ultra sessantenni a ragazzi di quindici, sedici anni. Tutti in trepida attesa, tutti con il cuore in gola, già pronti per il tripudio da stadio. Comunque vada sarà un successo.

Il terzo suono della campana e lo spegnere delle luci azzera la salivazione dei più che zittiscono come in un rituale già confidato.

Pat Metheny entra da solo, con la sua nera e folta criniera spruzzata di bianco. Sorride e saluta con il capo tenendo saldamente in mano la chitarra baritono. E' solo, come in One quiet night. Suona per un quarto d'ora così, ramingo. E accende ancor più le mani del pubblico che non aspettava altro che omaggiarlo.

Poi arriva il fido Lyle Mays che s'incastona tra le sue tastiere e quindi tutti gli altri: Antonio Sanchez (altro beniamino del pubblico barese), Cuong Vu, Nando Lauria, il fedele Steve Rodby e la new entry Gregoire Maret, fisarmonicista prima e polistrumentista poi.

Oltre un'ora dedicata all'ultimo lavoro del PMG: Way Up. Le lunghe suite si riproducono quasi fedelmente nell'entusiasmo generale. Metheny suona incessantemente ruotando intorno alle diverse chitarre che gli vengono portate dalla "roadie di una vita". Si susseguono i suoni aspri e metropolitani intramezzati dalle cadenze metriche e dalla timbrica sonora che solo lui riesce a tirar fuori. La muscolarità di Sanchez si fa sentire tutta così come la vena creativa di Cuong Vu che martoria la tromba complice anche la loop station. Lyle custodisce il suo aplomb e la sua schiva natura regalando momenti di improvvisazione che sfondano le alchimie precostituite dal leader soprattutto nell'attraversamento delle forme lunghe di Way Up.

Termina l'esecuzione dell'ultimo lavoro ed inizia il delirio: l'universo methenyano si apre stringendo alla gola il suo pubblico. Last Train Home è accolta con un boato da far crollare tutto. La catena di suoni e di emozioni che il chitarrista del Missouri trasmette trova il suo apice allorquando compare la leggendaria Picasso guitar – 42 strings guitars ed intona Imaginary day, ma ancor più quando sempre con la Picasso crea l'overture di Are You going with me? Il popolo methenyano trasecola ebbro di sentimenti. I flash delle macchine fotografiche irridono la security del Teatro Team che ben poco può di fronte a cotanta forza. Anche allorquando il leader chiede, con un piccolo cenno della mano, la maggiore presenza fisica ancor più vicina al palco.

Da Minuano a Song for Bilbao, Metheny omaggia Bari e la Puglia rende omaggio al suo idolo. Esecuzioni sempre nuove, lucide, ben intonate con il gruppo. I duetti con la fisarmonica di Maret creano nuovi linguaggi aprendo ad un crossover sempre più marcato.

The Roots of Coincidence è più veemente del solito e Mays risponde agli urli della chitarra di Metheny lasciando a Lauria il ruolo di mediare con il suo dolce tocco. La martellante elettronicità del brano lo rende ballabile ed il pubblico non si lascia pregare.

Maret è la novità più che positiva, ben accolto dalla consolidata architettura compostiva di Metheny e dalla solida struttura del Group. Anche lui un polistrumentista di valore che, insieme a Cuong Vu e Nando Lauria costituiscono il valore aggiunto al lessico metheniano.

Il gruppo, ma soprattutto Pat non si risparmia. Quasi tre ore senza sosta. Tre ore che hanno infiammato e soavemente defatigato il suo pubblico pugliese.

Un evento senza limiti, un applauso senza fine ed al termine nel parcheggio antistante il teatro si ascoltavano ancora gli echi della chitarra di Pat ed i cori mai sazi dei suoi adepti.







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Data pubblicazione: 18/09/2005

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