Nove musicisti per Metheny
21-23 Luglio 2003: Ravenna Jazz "XXX
Edizione"
di Dino Plasmati
Il Festival di Ravenna ha compiuto trent'anni e per festeggiare il suo compleanno ha pensato bene di farlo in grande stile, coinvolgendo l'artista, il musicista, il chitarrista di fama mondiale che per Ravenna nutre un profondo affetto, avendoci suonato, sin dal 1986, per ben otto volte e con progetti e formazioni di livello eccelso. Pat Metheny è stato dal 21 al 23 luglio l'Artist in Residence
di questo evento davvero unico.
Stella dell'olimpo musicale sin dagli anni '80, protagonista di innumerevoli progetti al fianco di nomi quali Charlie Haden, Ornette Coleman, Sonny Rollins, Billy Higgins, Roy Haynes, Paul Bley, Michael Breker, Milton Nascimento, Steve Reich, PMG e tanti altri, Pat rimane un artista particolarmente attivo, aperto alle più disparate esperienze musicali, curioso e assetato di nuove conoscenze artistiche, così come dimostra di essere disponibile a inediti "duelli" musicali, grandiose sfide con musicisti, non i suoi partner abituali, di svariata estrazione, alcuni dei quali conosciuti proprio per l'occasione.
Le sue grandi capacità e le sue doti umane da 'grande' della musica gli hanno permesso di tenere il giogo delle varie situazioni createsi con gli altri musicisti.
«Conoscere musicisti di alto livello e poterci suonare assieme è sempre un piacere», ha dichiarato Pat,
«mi piace l'eccitazione che c'è in questo tipo di situazioni, il senso di sfida».
E così come da copione, abbiamo visto Metheny perfettamente a suo agio con tutti i musicisti che avevano l'onore di interagire con lui, e con i molteplici brani, molti dei quali sue composizioni.
I tre giorni di Pat hanno inizio il 21 sera al teatro Alighieri; il pubblico in trepidante attesa sollecita l'ingresso del suo beniamino che apre il concerto con una solo performance.
Sonorità rarefatte, armonie ricercate si sposano bene alle solide e cantabili melodie metheniane. Un excursus tra i suoi brani storici, come
Phase Dance,
Minuano (six-eight),
This is not America,
Last Train Home, sapientemente rivisitati, ha raccontato un po' la storia di questo grandioso chitarrista che, armato soltanto della sua Baritone Guitar, ha dato l'ennesima prova di grandi vedute musicali. Il pubblico sembra essere all'interno della sua musica in religioso silenzio, nella musica così bella, penetrante e ricca di sfumature quale quella di One quiet night, suo ultimo CD, registrato interamente nelle notti di inverno nel suo studiolo.
La seconda parte del concerto è stata dedicata al trio. Metheny insieme a Massimo Manzi (batteria), e Paolino Dalla Porta (contrabbasso), due dei musicisti più valenti ed affidabili del panorama jazzistico italiano, ha ripercorso le tappe salienti degli ultimi anni trascorsi in trio con L. Grenadier e B. Stewart. I brani tratti dal CD Trio 99 à00
hanno messo in luce la freschezza compositiva, le grandi doti improvvisative ed esecutive non solo di Metheny,
ma anche dei musicisti locali, circospetti e assecondanti all'inizio un gioco di sguardi, quasi a studiarsi reciprocamente, esplosivi sul finale, nonostante il suono del trio, in generale, non fosse tra i migliori a cui Pat ci ha abituati da tempo.
La seconda serata vede consacrarsi il duo. Ecco Metheny duettare (o duellare) con tre diversi strumentisti europei. Ad aprire le danze è
Andy Sheppard, saxofonista originario di Warminster, uno dei musicisti più interessanti sulla scena europea degli ultimi decenni, apprezzato anche per le sue qualità di raffinato e originale compositore oltre che collaboratore di musicisti quali Steve Swallow, Carla Bley, Keith Tippet.
Il suo fraseggio, spiccatamente melodico, ha bene interagito con la musica metheniana, tanto da regalarci uno dei momenti più spensierati della serata.
Trait d'union tra il primo e l'ultimo duetto è stata la performance del duo Metheny-Marcotulli, già visto e sentito in altre occasioni tra cui il Festival di Sanremo.
Anche in questa occasione "la musica non cambia"; Marcotulli dà prova di grande sensibilità armonico-melodica oltre che essere una raffinata arrangiatrice di uno dei brani più significativi del chitarrista del Missouri:
Last Train Home. Nell'arrangiamento della Marcotulli, il bordone ritmico in
Si bemolle li ha portati ad intrecciarsi lungo un percorso di ricerca in cui la comunanza di intenti poteva tradire una vecchissima e costante collaborazione.
In altra direzione si è spinto l'ultimo duo previsto per la serata, quello che ha visto Metheny "combattere" con lo spumeggiante e brillante batterista
Han Bennink. Nato a Zaandam nel 1942 è uno dei più straordinari improvvisatori del nostro tempo. Collaboratore negli anni
'60 di molti illustri jazzisti americani, come Sonny Rollins, Cecil Taylor, Dexter Gordon, Eric Dolphy, lo vediamo come co-leader insieme a Misha Mengelberg nelle varie formazioni della ICP (Instant Composers Pool orchestra). Nel corso degli anni Bennink ha sperimentato un esteso set di percussioni, anche se in realtà un solo tamburo ed un paio di bacchette sono più che sufficienti a scatenare in lui una incontenibile fantasia. È in grado di suonare perfetti accompagnamenti e complessi assoli su di un tavolo, o una sedia o addirittura sul pavimento.
Metheny e Bennink hanno travolto l'attenta platea del teatro con una schermaglia di note e ritmi dal fascino particolare. Musica totale, complessa, in cui l'esplorazione del suono tocca punte di estrema maturazione, ma al contempo accessibile a tutti grazie anche alle bizzarrie del sessantunenne batterista che riescono a divertire ed entusiasmare gli ascoltatori.
Nella serata conclusiva del Festival il palcoscenico dell'Alighieri di Ravenna ospita un duo d'eccezione formato dall'instancabile Metheny e da Enrico Rava (tromba).
Considerato il jazzista italiano più conosciuto a livello internazionale, collaboratore di grandi nomi del jazz quali Mal Waldron, Marion Brown, Carla Bley, Steve Lacy, John Taylor ed altri, Rava, eccellentemente accompagnato dalla sapiente chitarra del chitarrista americano, ci ha regalato uno dei momenti più toccanti ed emozionanti, in cui le dolci melodie di
My funny Valentine,
Summertime
e altri standards del jazz, hanno palesato il gusto di un jazz di altri tempi fatto di semplicità, sguardi, sorrisi e rispetto artistico, ingredienti, questi, che contraddistinguono i grandi artisti. A supportare il duo nella fase finale del concerto interviene il trio che assiduamente collabora con Rava.
Stefano Bollani, Rosario Bonaccorso e
Roberto Gatto, da subito a loro agio con la grande musica che il duo aveva creato fino a quel momento, hanno confermato le loro qualità e le loro capacità di musicisti a pieno titolo, degni di essere ammessi nel
'consesso dei grandi'.
Fragorosi e lunghi applausi hanno scandito la richiesta del bis e il colemaniano
Tournaround, blues caro a Metheny, ha sottolineato la generosità di questi musicisti instancabili, felici di accontentare il pubblico attento, composto e orgoglioso dei propri beniamini.
Bilancio più che positivo per il Festival di Ravenna, da cui ci si aspetta ancora grandi novità per le prossime edizioni.
Invia un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 9.516 volte
Data pubblicazione: 29/08/2003
|
|