OUVERTURE**
"Mira alla luna, anche se mancherai il bersaglio finirai pur sempre in mezzo
alle stelle"
Les Brown
In una ‘conversazione' precedente ho presentato alcune parti di mie interpretazioni
di standard che, in qualche modo, mi sono state di aiuto nell'identificare una potenziale
modalità stilistica che, negli ultimi tempi, sembra stia acquisendo contorni sempre
più definiti.
In questa conversazione vorrei, invece, richiamare l'attenzione
su un'altra mia interpretazione che ho trovato altrettanto interessante anche se
per motivi diversi da quelli a cui ho fatto riferimento precedentemente. Si tratta
di una mia interpretazione, nella versione in lingua inglese, di un bellissimo brano
scritto dal musicista messicano Armando Manzanero (1). Il titolo originale è "Esta
tarde vi llover". Quello della versione in lingua inglese è "Yesterday I Heard The
Rain". Il testo, della versione in lingua inglese, è stato scritto da Gene Lees
(2). Ascoltiamo questa mia interpretazione.
Yesterday I Heard The Rain (MP3)
Premetto che questo brano l'ho cantato durante un workshop sulla vocalità jazz a
cui ho preso parte nel settembre 2015 e che,
così come per la maggior parte degli altri partecipanti, si trattava di un brano
che non avevo mai sentito prima e di cui, nel giro di una mezz'ora (3), ho dovuto
non soltanto memorizzarne la melodia e la ritmica ma anche identificarne la tonalità
in cui cantarlo oltre che impararne il significato e la pronuncia del testo trattandosi
appunto di un brano scritto in una lingua straniera. Vi prego pertanto di non soffermarvi
troppo sulle inevitabili imperfezioni tecniche della performance di cui,
tra l'altro, avremo modo di parlare abbondantemente in una lezione successiva.
Ma veniamo invece al motivo per cui ho scelto questa interpretazione.
Quello che percepisco, ad un primo ascolto, è un senso di malinconia...
che talvolta assume le sfumature di un sentimento di vera e propria tristezza...
ma che a tratti, invece, per quanto possa sembrare strano, si trasforma in una sensazione
quasi di piacere, sensazione questa apparentemente in contrasto con il quadro
precedentemente descritto.
Da cosa nasce questo insieme di sensazioni, emozioni, sentimenti?
Si tratta semplicemente di una questione di testo e sottotesto (4),
o c'è dell'altro?
Partiamo dal testo.
Il potere evocativo delle parole
Nel mio caso devo ammettere che soltanto alcune parole del brano, mi riferisco chiaramente
al testo in lingua inglese scritto da Gene Lees, hanno il potere di coinvolgermi
in modo più o meno significativo ad un livello più profondo.
Alcune di queste parole mi rimandano prevalentemente a delle sensazioni come,
ad esempio, la parola rain.
Altre, invece, mi coinvolgono anche a livello delle emozioni come ad esempio in
quelle parti del brano dove sono descritte situazioni più complesse nelle quali
mi è possibile proiettare parti della mia storia personale.
Ad ogni modo, indipendentemente da quella che è la mia esperienza, è indubbio che
una parola possa avere un forte potere evocativo. Essa può richiamare immagini,
suscitare emozioni, connetterci ad esperienze passate. Può addirittura richiamare
alla memoria particolari odori o sapori o suoni (5).
È difficile stabilire a priori fin dove possa arrivare la capacità evocativa di
una parola (6).
In molti casi, tuttavia, queste associazioni appartengono ad un patrimonio
comune. Si sono, infatti, creati nel tempo dei legami molto forti tra determinate
parole ed eventi specifici se non addirittura tra determinate parole e sensazioni
tangibili (7).
Spesso, infatti, succede che la lettura o l'ascolto di alcune parole ci facciano
provare delle sensazioni o rivivere delle emozioni che però non riusciamo a ricollegare
a nessun evento specifico. Sensazioni ed emozioni delle quali, tuttavia, conserviamo
il ricordo della loro dimensione fisica.
Rileggendo alcune parole di un testo, quindi, siamo in grado di provare quelle particolari
sensazioni e di rivivere quelle determinate emozioni non necessariamente perché
legate ad esperienze personali di cui conserviamo ben chiaro il ricordo ma anche
perché, come ho appena scritto, sono oramai parte di un vissuto collettivo a cui
la parola ci rimanda in modo spesso inconsapevole.
Una di queste, a mio avviso, è la parola Rain.
La parola Rain ha il potere di generare in me uno stato di malinconia...
una sensazione di cupezza... con sfumature diverse a seconda delle circostanze.
La parola rain tradotta in italiano significa "pioggia".
Indubbiamente... il rimando ad una giornata di pioggia... può generare uno stato
di malinconia... una sensazione di cupezza... se non addirittura indurre
in una persona uno stato di malessere molto simile alla depressione.
Quanto le condizioni atmosferiche, ed in particolare una giornata di pioggia, possano
influenzare il nostro vissuto personale è argomento troppo interessante per poter
essere trattato in questa lezione dove vorrei invece dedicare più spazio alle
parole e al loro potere evocativo.
Mi limiterò pertanto qui ad accennare che nonostante diverse ricerche in questo
campo abbiano dimostrato che non esista alcuna relazione oggettiva tra condizioni
atmosferiche ed emozioni, si tratterebbe, infatti, soltanto di una questione di
vissuto individuale, altre invece sostengono che, per quanto le persone presumibilmente
più stabili dal punto di vista emotivo si lascino influenzare molto meno dalle condizioni
atmosferiche, buona parte dei soggetti presi in esame ha dimostrato, comunque, di
risentire considerevolmente dell'influenza delle variazioni climatiche soprattutto
quando si passa da una situazione positiva di luce e di caldo ad una sfavorevole
di grigio e freddo (8).
Tenendo presente quanto appena detto diventa quindi una possibilità non più tanto
remota quella del rivivere un certo tipo di sensazioni anche semplicemente ascoltando
la parola rain.
Tornando alla mia esperienza personale, come già ho accennato precedentemente, quello
che, tuttavia, questa parola ha il potere di evocarmi è comunque una sensazione
di tipo fisico più che un vissuto di sofferenza emotiva. Ma anche quando è la sfera
emotiva ad essere coinvolta e questa sensazione di malinconia si trasforma in un
sentimento di tristezza, quella che percepisco è prevalentemente la sensazione fisica
della tristezza più che la sua dimensione mentale. In altre parole, mi sento
triste ma non so perché (9).
Diverso è il caso, invece, di altre parti del testo dove, come ho scritto precedentemente,
il senso di sofferenza è indotto da rappresentazioni mentali più complesse. Ma anche
in questo caso si tratta prevalentemente di sensazioni che coinvolgono la
sfera somato-sensoriale dell'esperienza, sensazioni del tipo di quelle che,
ad esempio, ci può procurare la paura della separazione o l'angoscia
del sentirsi soli tra la gente.
Sia in questo caso che nel caso della parola rain, comunque, le parole del
testo hanno svolto la funzione di ponte mettendomi cioè in contatto
direttamente con ‘antiche' emozioni legate sicuramente ad esperienze reali di sofferenza
ma di cui, però, oramai, come già detto, mi resta soltanto il ricordo della loro
dimensione fisica (10).
Una parola può essere in grado infatti di creare suggestioni, immagini, semplicemente
attivando collegamenti tra esperienze anche molto distanti tra loro (11).
Citando lo psicologo e psicoterapeuta Doriano Dal Cengio "Spesso le ferite precoci
lasciano delle gestalt aperte, delle ferite che non si chiudono mai", dando
spazio ad emozioni di rabbia o di paura o di dolore "che vengono reiterati nel
tempo" "coinvolgendo oggetti e situazioni diverse" (12).
Queste ferite accumulatesi nel corso della vita "lasciano un segno, una traccia".
Può capitare quindi che in qualunque momento della nostra vita possiamo vivere un'esperienza
che in qualche modo ci riconnetta a questa ferita pregressa. "Dal segno si innesca
un pensiero, un interpretazione" e quindi "i vissuti riemergono", riportando
alla luce un sentimento originario che verrà percepito e rivissuto nuovamente al
di fuori del "contesto temporale reale" (13).
Ma è la parola che ci fa provare quella determinata emozione oppure è l'immagine
che questa parola evoca in noi.
E qui entra in gioco il potere evocativo delle immagini.
Immagini che possono limitarsi ad evocare delle sensazioni o delle emozioni di tipo
immediato che non riusciamo a ricollegare a nessuna delle nostre esperienze trascorse
ed immagini che, invece, ci mettono in contatto con esperienze pregresse
di cui, invece, ne conserviamo ancora il ricordo.
L'immagine associata alla parola rain, a mio avviso, rientra nella prima
categoria di immagini. Appartiene cioè a quelle immagini che si sono ormai staccate
dal ricordo di un evento particolare e che ci fanno rivivere direttamente, nell'immediato,
una sensazione o un emozione apparentemente estranea al nostro vissuto autobiografico.
Non dunque una reazione personale, riferibile ad un'esperienza soggettiva,
ma un tipo di reazione prevedibile, quasi inevitabile, parte di un patrimonio
comune.
Il vederci soli tra la gente o il pensare alla separazione, invece, rientra nella
seconda categoria. Il sentimento di tristezza da esse evocato nasce, infatti, dal
ricordo di un evento specifico. Richiede anche una capacità di introspezione più
raffinata, ovvero il riconoscimento e l'elaborazione di un vissuto di sofferenza
(14).
Chiaramente, tutto va considerato sempre dal punto di vista della soggettività.
Ci sono persone, infatti, che non necessariamente provano malinconia al ricordo
di una giornata di pioggia e tante altre che non si sentono affatto angosciate nel
trovarsi soli tra la folla sconosciuta.
Inoltre il movimento può procedere dall'esterno verso l'interno o, viceversa, dall'interno
verso l'esterno (15).
Quando ascoltiamo o leggiamo una parola, siamo in primo luogo noi a provare una
sensazione o a ricordare un'esperienza.
Ma enfatizzando questa o quella parola, noi possiamo richiamare anche l'attenzione
di altri sulla parola che stiamo enfatizzando, e quindi oltre che a provare una
particolare emozione in prima persona possiamo anche suscitarne negli altri.
Non potremo tuttavia mai sapere esattamente quali emozioni potrebbero suscitare
negli altri oppure ancora quali possibili collegamenti potrebbero creare nelle persone
che ci ascolteranno le nostre parole (16).
Non è detto infatti che le emozioni percepite da altri siano le stesse di quelle
che proviamo noi.
Né che la parola su cui vogliamo richiamare l'attenzione abbia per gli altri lo
stesso significato emozionale che ha per noi.
È importante quindi tenere sempre presente non soltanto il potere evocativo che
hanno le parole, quanto anche la complessità di questo potere (17).
C'è da dire inoltre che il modo in cui enfatizziamo alcune parole e la scelta delle
parole che enfatizziamo trasmettono anche molte informazioni su di noi. Le parole
che scegliamo infatti ma anche il modo in cui le pronunciamo veicolano e portano
con sé molti significati che vanno ben oltre quelli strettamente legati al loro
valore semantico (18).
Comunichiamo agli altri chi siamo: la nostra cultura, la nostra sensibilità, le
nostre esperienze (19).
Anche questo argomento merita, a mio avviso, una lezione a parte.
Il potere evocativo della voce
Passiamo adesso, invece, ad un altro argomento molto interessante strettamente legato
a quanto detto fino ad ora. E cioè il potere evocativo della voce. O per essere
più precisi delle timbriche di una voce o della prosodia più in generale.
Fin qui ho parlato al presente di quello cioè che percepisco, qui ed ora, nel momento
in cui riascolto alcune parti del brano.
La sensazione che provo è però in realtà molto ambigua e, devo riconoscere, che
spesso mi manda in confusione.
Vivo le emozioni presenti ma allo stesso tempo è come se stessi rivivendo il
momento della performance.
Sono qui e lì (20) contemporaneamente.
Tutto ciò mi porta a pensare che le sensazioni che rivivo ogni volta che riascolto
l'interpretazione fatta di questo brano siano, in realtà, le stesse provate nel
momento in cui l'ho cantato.
Si tratta di un falso ricordo oppure è possibile che stia realmente ‘rivivendo'
quelle stesse sensazioni riportatemi alla memoria dal riascolto del brano.
Una sorta di contatto empatico con la mia stessa voce.
In altre parole quello che provo ogni volta che riascolto il brano corrisponde effettivamente
a quello che realmente provavo mentre lo cantavo o si tratta soltanto di un'alterazione
del ricordo che io, invece, percepisco come reale.
In altre parole, nel momento in cui riascoltiamo un brano da noi interpretato possiamo
rivivere le emozioni provate in quel contesto specifico allo stesso modo in cui
siamo in grado di rivivere un'emozione legata al ricordo di un evento concreto della
nostra vita? E in entrambi i casi si tratta di ricordi effettivi o, invece, come
dicevo prima, di falsi ricordi?
In base alla mia logica mi verrebbe da pensare che se, generalmente, provo più o
meno le stesse emozioni nel riascoltare quella specifica interpretazione è molto
probabile che ciò accada perché le stessi realmente provando nel momento della performance.
Che sto ricordando un vissuto già vissuto che mi raggiunge veicolato dalla
mia stessa voce.
Ma non è detto che sia così (21).
Sorge, a questo punto, un'ulteriore domanda. Che cosa prova, invece, un'altra persona
nell'ascoltare questo stesso brano. Emozioni personali che proietta nella mia interpretazione
o nelle parole del testo oppure, come nel mio caso, sta rivivendo lo stesso vissuto
che io personalmente ho provato (22) mentre cantavo il brano.
E qui introduciamo un altro argomento molto interessante.
Esiste realmente l'empatia oppure è solo un gioco di proiezioni e false memorie.
E se invece esiste che cos'è realmente e come si concretizza nella realtà?
Può una voce quando ascoltata dal vivo o in registrazione ‘ritrasmettere' l'emozione
provata dall'artista durante la performance.
Possono le emozioni vissute dall'artista ‘plasmare' l'emissione vocale che a sua
volta svolge così la funzione di ponte tra chi canta e chi ascolta. Ripeto, non
solo dal vivo ma anche in registrazione.
L'argomento è molto interessante ma di sicuro di non facile trattazione!
Il potere evocativo del suono
Ritorniamo, adesso, alla musica. È inutile puntualizzare che non sono soltanto le
parole del testo a provocarmi le sensazioni di cui parlavo prima. Né tanto meno
è soltanto la voce a farlo. È, ovviamente, anche la musica intesa sia come linea
melodica che come struttura armonica. Dico ovviamente in quanto le parole di un
brano vengono generalmente scritte per quella musica specifica e come tale ne riflettono
le emozioni. Testo, melodia e armonia sono, infatti, strettamente legati tra di
loro anche da questo punto di vista. Sia che si tratti delle emozioni del compositore
sia che si tratti di quelle che il liricista vi ci proietta o di entrambe
le cose.
Tuttavia, in che modo la musica, nello specifico, agisce su di me. Perché un accordo
minore mi trasmette emozioni diverse da un accordo maggiore. È un problema
legato al mio vissuto personale o è così anche per gli altri. Esiste, dunque, anche
per quanto riguarda la musica, un linguaggio oggettivo condiviso (armonia ? vibrazioni
?emozioni) oppure si tratta, semplicemente, ancora una volta, di proiezioni individuali
(23).
Da cosa nasce, invece, la sensazione di piacere di cui parlavo all'inizio
della lezione. Il discorso è, in realtà, anche in questo caso, molto complesso
e, tuttavia, anche in questo caso, molto interessante. Inoltre, facendo una
piccola ricerca online ho preso atto che molto è stato scritto riguardo a
questo argomento. Per cui, per evitare di cadere in eccessive semplificazioni, decido
di rimandarne la trattazione ad una lezione successiva (24).
Ancora una volta abbiamo introdotto tantissimi argomenti interessanti. Alcuni hanno
ricevuto maggiore attenzione altri sono stati semplicemente accennati altri ancora,
per motivi di spazio, sono stati rimandati, da subito, a lezioni successive.
Prima di concludere, però, vorrei farvi notare che lo scrivere questa lezione, per
quanto breve essa sia, ha richiesto del tempo. Questa lezione ha richiesto del tempo
anche per essere pubblicata. Il leggerla da parte vostra ha richiesto ancora altro
tempo.
Mentre invece la voce con le sue inflessioni, i suoi ritardi, le anticipazioni
ed altro me lo ha fatto comprendere nell'attimo stesso in cui ho ascoltato il brano,
per quanto ad un livello non razionale ma delle sensibilità.
Me lo ha comunicato, infatti, attraverso una serie di sensazioni che la mia mente
ha riconosciuto da subito, prima ancora che le potessi elaborare ad un livello cosciente.
Me lo ha comunicato anche attraverso una serie di immagini che mi hanno messo in
contatto con le mie emozioni in un modo di gran lunga più veloce di quanto sarebbe
potuto accadere limitandomi all'ascolto e alla comprensione delle parole del testo.
Questo è, a mio avviso, il più grande potere della voce, intesa appunto come strumento
non verbale di comunicazione, strumento attraverso il quale le mie emozioni
si sono espresse rimandando chi ascolta ad una particolare sensazione od emozione
che tutti noi siamo in grado di riconoscere in quanto parte di un vissuto collettivo.
Chi non conosce, infatti, quella sensazione di malinconia che ci può trasmettere
una giornata di pioggia, mentre vaghiamo per le vie della città, tra gente sconosciuta
che ci guarda ma non ci riconosce. Chi non ha mai provato, anche se con sfumature
diverse, quel senso di solitudine che ci può provocare una storia di abbandono o
di perdita o comunque quel sentimento di vuoto e di sofferenza che nasce dalla presa
di coscienza che qualcosa non è andata come noi avremmo voluto che andasse. Tutto
questo una voce può comunicarlo e in modo molto più immediato delle parole anche
se le storie a cui tali vissuti sono legati possano essere molto diverse.
L'immediatezza con cui ci ‘parlano' le emozioni, tra l'altro, è anche una forma
di salvaguardia molto importante che la natura ci ha dato in dono allo scopo di
reagire prontamente ad uno stimolo che, in qualche modo, potrebbe rappresentare
per noi un pericolo.
Ma anche di questo ne parleremo abbondantemente in seguito.
A presto,
Sandra Evangelisti.
NOTE
(*) Questa lezione mi è stata ispirata dalla lettura di un articolo trovato
su internet, l'articolo a cui mi riferisco, dal lunghissimo titolo "Il potere delle
parole di: suscitare emozioni, evocare ricordi e creare legami", è quello di una
certa signora "Anna" ed è stato pubblicato nel settembre 2019 sul sito www.librarsi.net
(**) "Brano sinfonico preposto a un'opera teatrale, a un oratorio, a una cantata,
ecc.; talvolta costituisce il primo tempo di una suite. ESTENS.: Apertura, inizio
[Definizioni da Oxford Language].
(1) "Armando Manzanero", https://it.wikipedia.org/wiki/Armando_Manzanero
(2) "Gene Lees", https://en.wikipedia.org/wiki/Gene_Lees
(3) Un po' di grammatica... si scrive... mezzora o mezz'ora ("Mezzora o Mezz'ora
- Come si Scrive Correttamente", www.linguaegrammatica.com)
(4) "Il ‘sottotesto' è la vita spirituale, palese e interiormente sentita ‘di una
parte', la vita che scorre ininterrotta sotto le parole del testo ravvivandolo e
giustificandolo per tutta la sua durata. Il sottotesto comprende tutte le innumerevoli
linee interiori della parte e del dramma, tracciate dai ‘se' magici e non magici,
dalle finzioni dell'immaginazione, dalle circostanze date, dall'attenzione interiore,
dagli oggetti dell'attenzione, dal vero, grande o piccolo che sia, e dalla convinzione
che sia vero, dagli adeguamenti e da tutti gli altri elementi. Il sottotesto è ciò
che ci costringe a dire le parole della parte" (Konstantin S. Stanislavskij, Il
lavoro dell'attore su se stesso, Roma-Bari: Biblioteca Universale Laterza, 1996
(1963), pp. 502); in www.zibaldoneteatrale.blogspot.com (domenica 28 settembre 2014)
(5) "Il potere delle parole di: suscitare emozioni, evocare ricordi e creare legami",
op. cit.
(6) Ibid.
(7) Ibid.
(8) "Meteoropatia: il tempo ha davvero effetto sull'umore?", www.psicologianeurolinguistica.net;
"Quando il brutto tempo apre le porte alla depressione: «Buio e freddo condizionano»",
30 Aprile 2013 www.corrieredicomo.it; Denissen, J., et al., "The Effect Of Weather
On Daily Mood: A Multilevel Approach", Emotion, Vol.8, No. 5 (2008), pp. 662–667;
Grohol, J.M., "Can Weather Affect Your Mood", www.psychcentral.com; Haslam, N. "Here
Comes The Sun: How The Weather Affects Our Mood", October 22, 2013, www.theconversation.com;
Spasova S. et al., "The Effect Of Weather And Its Changes On Emotional State: Individual
Characteristics That Make Us Vulnerable", Advances in Science & Research, 6 (2011),
pp. 281–290 (p. 281); etc.
(9) Ancora un po' di grammatica... si scrive... so o sò ("so o sò", www.youmath.it)
(10) "Differences Between Emotional Memory and Event Memory", Apr. 21, 2017, www.overlook-mass.org;
"Il ricordo svanisce, ma l'emozione resta", Le Scienze, 13/2004/2010 www.lescienze.it;
Feinstein J. S. et al., "Sustained experience of emotion after loss of memory in
patients with amnesia", PNAS, vol. 107 (17), April 27, 2010, pp. 7674-7679; Guzman-Vélez,
E. et al., "Feelings Without Memory In Alzheimer Disease", Cogn Behav Neurol, vol.
27 (3), September 2014, pp. 117-129; Harmon, K., "Happy Or Sad, Emotions Persisted
Beyond Remembering An Event In People With Amnesia", Scientific American, April
12, 2010 www.blogs.scientificamerican.com; Price, C. "Affect without object: Moods
and objectless emotions", European journal of analytic philosophy, 2 (1), 2006,
pp. 49–68; etc.
(11) "Il potere delle parole di: suscitare emozioni, evocare ricordi e creare legami",
op. cit.
(12) Doriano Dal Cengio, "Emozioni e Sentimenti", www.physis-institute.it.
(13) Ibid.
(14) "Emotions and Memory", www.psychologistworld.com; Ilenia La Rocca, "Stato d'animo
e memoria: come l'emozione influenza il ricordo, 21 aprile 2017, www.stateofmind.it;
Zlomuzica A. et al., "The Impact Of Different Emotional States On The Memory For
What, Where And When Features Of Specific Events", Behavioural Brain Research, 298
(2016), pp. 181-187; etc.
(15) "Il potere delle parole di: suscitare emozioni, evocare ricordi e creare legami",
op. cit.
(16) Ibid.
(17) Ibid.
(18) Ibid.
(19) Ibid.
(20) Di nuovo un po' di grammatica... qui o quì... li o lì...
"Qui o quì?", www.treccani.it; "li o lì?", www.youmath.it
(21) "Emotions and Memory", op. cit.; "Falsi ricordi", Le scienze, 20 ottobre 2004,
www.lescienze.it; Corson, Y. et al., "Emotion and False Memories", Psychological
Science, Vol. 18, No. 3 (2007), pp. 208-211; Kaplan, R.L.. et al., "Emotion and
False Memory", Emotion Review, Vol. 8, No. 1 (January 2016), pp. 8-13; etc.
(22) "Il passato prossimo", www.learnitaliandaily.com
(23) Martin, J.S. et al., "An ERP Study of Major-Minor Classification in Melodies",
Music Perception, 25 (3) (2008), pp. 181-191; Pallesen, K.J.. et al., "Emotion Processing
of Major, Minor, and Dissonant Chords", Ann. N.Y. Acad. Sci., 1060: 450-453 (2005);
Suzuki, M. et al., "Discrete cortical regions associated with the musical beauty
of major and minor chords", Cognitive, Affective, & Behavioral Neruoscience, 8 (2),
(2008), pp. 126-131; etc.
(24) Eerola, T.. et al., "An integratice review of the enjoyment of sadness associated
with music", Physics of Life Reviews, Volume 25, August 2018, pp.100-121; Huron
D., "Why Is Sad Music Pleasurable? A Possible Role For Prlactin", Musicæ Scientiæ,
Volume 15 (2), 2011, pp.146-158;
Kazuma Mori, et al., "Pleasure Generated By Sadness: Effect Of Sad Lyrics On The
Emotions Induced By Happy Music", Psychology Of Music, Volume 42 (5), 2014, pp.643-652;
Schubert, E.. et al., "Enjoying Sad Music: Paradox or Parallel Processes?", Frontiers
in Human Neuroscience, Volume 10, 24 June 2016, pp.1-8; Vuoskoski, J.K. et al.,
"The Pleasure Evocked by Sad Music Is Mediated by Feelings of Being Moved", Frontiers
in Psychology, Volume 8, 15 March 2017, pp.1-11; etc.
Inserisci un commento
©
2004, 2017 Jazzitalia.net - Sandra Evangelisti - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 516 volte
Data pubblicazione: 06/09/2020
|
|