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Dipingere con la voce
Noi siamo polvere di stelle...
di Sandra Evangelisti
evasama@tin.it

LEZIONE 2: PARTE TEORICA

Leggevo, in un libro di fisica, che l'origine della vita è la conseguenza dell'esplosione di una stella e che noi, come tutta la materia: "siamo polvere di stelle" (1).

Ma torniamo al presente e, più precisamente, al nostro corso dipingere con la voce.

Un pittore, quando dipinge, fa uso dei colori.

Ci sono pittori che comprano i colori già fatti e altri che se li fanno da sé.

Qualcuno, forse, si chiede che cos'è il colore, qualcuno lo usa e basta attratto, maggiormente, da altri aspetti del dipingere!
(2).

Un cantante, quando dipinge i suoi quadri con la voce, invece di usare il colore, utilizza il suono.

Ci sono cantanti che cantano e basta, altri, invece, si chiedono che cos'è il suono.

Io sono una cantante che si è sempre chiesta che cos'è il suono!

Dopo anni di studio in cui mi sono avventurata in un mondo incomprensibile e straniero, come appunto quello della fisica, mi sono accorta che esso non era altro che il mondo in cui avevo sempre vissuto.

Può sembrare strano ma...quanti di noi, per esempio, sanno che cosa sia il suono?

Quanti di noi sanno che siamo parte del suono sia quando cantiamo, quando, cioè, lo produciamo con il nostro stesso corpo, sia quando lo ascoltiamo.

Il suono, infatti, non esiste se non esiste un essere vivente che lo percepisce, o almeno così sostiene la scienza
(3).

Prima però di andare oltre in questo discorso è necessario tornare un attimo indietro, molto molto indietro fino a quella stella che esplose miliardi di anni fa!

Adesso vi invito a chiudere gli occhi e a cercare di "vedere" più che "ascoltare" le cose che comincerò a raccontarvi...

…Tra i 15 o 20 miliardi, circa, di anni fa ebbe luogo un'immensa esplosione conosciuta come il big bang.

"L'universo, dunque, nacque in un lampo accecante che illuminò l'oscurità e continuò a brillare per quasi un milione di anni"
(4)...

V sec. a.C.
F
ondatore dell'atomismo viene, generalmente, considerato Leucippo, forse di Mileto (V sec. a.C.).

Democrito di AbderaDi questo filosofo si hanno così scarse notizie che alcuni storici recenti hanno dubitato perfino della sua esistenza.
La sua opera "Il grande sistema del mondo", che viene generalmente considerata come l'origine del pensiero atomistico, è giunta fino a noi grazie ad un suo discepolo, Democrito di Abdera
(5).

Si può affermare, infatti, che Leucippo di Mileto abbia gettato i principi basilari di questa dottrina che sarebbe stata poi sviluppata dal suo discepolo Democrito.

Democrito di Abdera (460 circa-370 a.C) era originario della città costiera di Abdera, a nord del mar Egeo, da cui prese il nome
(6).

Nella sua opera più importante, "Il piccolo ordinamento dell'universo", egli, come abbiamo già detto, approfondì il pensiero del suo maestro Leucippo
(7).

Secondo l'atomismo di Democrito, all'origine di tutte le cose ci sono: un "vuoto infinito" e una "moltitudine infinita di atomi".
Questi ultimi egli li definisce come dei "corpuscoli solidi ed indivisibili, identici per natura (qualitativamente) e differenti solo per forma e grandezza (quantitativamente)". Essi si muovono nello spazio secondo una "legge naturale e necessaria ab aeterno".

"Il movimento originario degli atomi, facendoli roteare ed urtarsi in tutte le direzioni, produce un vortice. Da questo vortice si originano mondi infiniti che incessantemente si generano e si dissolvono"
(8).

Gli atomi sono, dunque, indivisibili. Se gli atomi fossero divisibili all'infinito si dissolverebbero nel vuoto. La parola atomo, dal greco atomos, significa, infatti, "indivisibile"
(9).

Gli atomi, inoltre, possono disporsi secondo un ordine diverso, dando origine a composti diversi.
A seconda della diversa grandezza e della disposizione che essi assumono nello spazio si hanno le differenze tra le sostanze.

Secondo Democrito, in natura, nulla "muta" realmente.

Ogni mutamento della realtà è dovuto al continuo aggregarsi e disaggregarsi degli atomi.

"Quando si forma una cosa nuova, sosteneva Democrito, in realtà non nasce niente di nuovo, ma gli atomi invisibili, sempre presenti, si radunano.
Allo stesso modo, quando una cosa deperisce, nulla viene distrutto: sono solo gli atomi che tornano a separarsi per poi radunarsi altrove in un nuovo oggetto
"
(10).

La nascita e la morte delle cose sono, quindi, la conseguenza dell'unione e della "disaggregazione" degli atomi
(11).

Nonostante il loro numero infinito e le loro differenze, gli atomi sono tutti eterni. "Niente, infatti, può essere creato dal niente".

"Democrito era d'accordo con Eraclito (540-476 a.C.) riguardo al fatto che tutte le cose in natura 'scorrono', le forme, cioè, vanno e vengono, ma, dietro a tutto ciò che 'scorre' si trovano cose eterne e immutabili: gli atomi appunto".

Per quanto in natura tutto avvenga meccanicamente, nulla, tuttavia, è casuale.
Ogni cosa, infatti, segue le leggi 'inviolabili' della natura.

Secondo Democrito, quindi, dietro tutto ciò che accade esiste una causa che si trova nella natura stessa delle cose.

Tali teorie non erano supportate da alcuna indagine scientifica ma dalla semplice osservazione dei fenomeni naturali.

Da esse, tuttavia, si è originata la teoria dell'atomo, "probabilmente la più importante scoperta della scienza umana"
(12).

XX sec.
M
olti concordano sul fatto che l'origine dell'universo sia la conseguenza di una grande esplosione (teoria del big bang).

P
rima della nascita del nostro universo, esisteva una massa concentrata di materia. Tale massa era talmente compressa da possedere in sé un potenziale di energia inimmaginabile.

Una tale energia rendeva impossibile la stabilità di qualsiasi atomo, impedendo quelle interazioni che sono alla base di tutta la materia.

La pressione di questa massa primordiale andò aumentando progressivamente fino a ché l'energia non cominciò ad essere incontenibile.

Tale fenomeno provocò l'esplosione che ha dato vita all'universo
(13).

Da questa esplosione si originarono diversi tipi di particelle elementari che, quando la temperatura cominciò a diminuire iniziarono ad aggregarsi tra loro.

Soltanto dopo 700 mila anni, periodo per noi "astronomico" ma considerato molto breve all'interno della scala cosmica, si ebbe un raffreddamento tale della materia da permettere la formazione degli atomi.

Gradualmente, la forza di gravità cominciò a far sì che gli atomi (idrogeno e elio) si aggregassero in ammassi gassosi che andarono a costituire le stelle e le galassie.

La nascita delle prime stelle risale a circa 200 milioni di anni dopo il big bang, epoca in cui il nostro Sole ancora non esisteva.

Il Sole, infatti, avendo un'età di soli 5 miliardi di anni, può essere considerata una stella relativamente giovane.

Le varie stelle non hanno lo stesso destino.
Quelle piccole hanno vita più lunga.
Esse brillano per decine di miliardi di anni, dopo di ché la loro luce comincia ad estinguersi gradatamente.

Le stelle più grandi, invece, hanno una vita molto più breve che va da qualche milione a qualche decina di milioni di anni.
Esse terminano la loro esistenza con un'esplosione.

In conseguenza di tale esplosione quasi il 90 per cento della massa della stella gigante viene proiettata nello spazio interstellare.

Corpi celesti più recenti come il Sole e pianeti come la Terra, sono nati e continuano a nascere da questa "polvere di stelle".

"Noi tutti e tutte le altre forme di vita sulla terra dobbiamo, infatti, la nostra esistenza al fatto che stelle giganti hanno vissuto e si sono estinte"
(14).

Queste stelle, che esplosero molto tempo prima della nascita del nostro sistema solare, possono essere, dunque, considerate come l'origine di tutti gli atomi e quindi di tutte le forme di vita sulla terra... ripeto, "noi tutti e tutte le altre forme di vita sulla terra siamo fatti di polvere di stelle".

C'è da dire, inoltre, che gli atomi "migrano attorno a noi, all'interno di noi e attraverso di noi".

Quando respiriamo, tratteniamo una parte degli atomi che inspiriamo.
Tali atomi entrano a far parte del nostro corpo per poi abbandonarlo nuovamente.
Stessa cosa accade quando, ad esempio, ci nutriamo
(15).

Una parte degli atomi del cibo ingerito viene assimilata dal nostro organismo. Un'altra parte viene, invece, espulsa.

Tali atomi che assumiamo alimentandoci e respirando, hanno probabilmente fatto parte di altri corpi… non solo di altri uomini ma anche di animali, di piante o di oggetti, anche di epoche molto lontane dalla nostra
(16).

Ciò che è importante, dunque, sottolineare è che noi non siamo i "proprietari" degli atomi che costituiscono il nostro organismo: "li abbiamo soltanto in prestito".

Non solo, dunque, siamo fatti delle stesse specie di atomi, ma, alcuni degli atomi che compongono il nostro organismo sono probabilmente gli stessi che erano nell'organismo di Democrito circa 2500 anni fa
(17).

XXI sec
A
desso riaprite pure gli occhi...la cosa che maggiormente mi ha colpito di tutta questa storia e che ci tengo a trasmettervi è che noi siamo polvere di stelle...

Ad ogni modo, il motivo per cui decido di iniziare questo mio discorso sul colore partendo dallo studio dell'atomo ha più di un obiettivo:

  • il primo, il più logico, è che, per comprendere a fondo come si genera il suono e come, quindi, esso si propaga attraverso la materia, è necessario conoscere, almeno per sommi capi, la struttura molecolare della materia e per far ciò lo studio dell'atomo e dei legami chimici è inevitabile;
  • il secondo è che le immagini offerte dai testi di fisica e di chimica hanno stimolato in modo non irrilevante la mia fantasia senza contare il valore metaforico, ai fini del nostro lavoro sulla creatività, di certi principi presi a prestito da queste discipline (18).

Sono, inoltre, convinta che avvicinarsi a queste materie con gli "occhi dell'artista", così come il contrario, cioè, avvicinarsi all'arte con gli "occhi dello scienziato", può contribuire a consolidare quel legame tra scienza e arte in cui io, tra l'altro, credo moltissimo.
Riportando, infatti, quanto dice Philip Ball nel suo libro sul colore: "L'arte parla allo spirito ma si alimenta del concreto"
(19).

LEZIONE 2: PARTE PRATICA

Esercizio 3:
Riprendiamo l'esercizio dell'altra volta, ma, questa volta, invece di cantare liberamente nel vuoto (voce e silenzio), leggiamo un brano: una persona, dunque, inizia a leggere, mentre una seconda persona, identificandosi in uno strumento (voce compresa), accompagna musicalmente l'altro.

Chi legge il brano conduce il gioco (diventa, cioè, il capo), tutti gli altri lo accompagnano.

L'accompagnamento può essere costituito da una o più persone dipende dal livello del gruppo.

Mi spiego. L'accompagnamento può consistere, ad esempio, in una voce che fa il sassofono o la tromba o la batteria.

Una voce che fa il basso, invece, poiché introduce già un vincolo armonico troppo forte e poiché richiede una conoscenza della musica più avanzata, per il momento, è preferibile non inserirla.

Tutte queste voci, man mano che si procederà nello studio della ritmica e dell'armonia, possono essere educate a formare una vera e propria "base".

Prima di iniziare questo esercizio, vorrei, tuttavia, riportare quanto dice Annamaria Romagnoli, nel suo libro "La parola che conquista", a proposito di Charles Dickens e della sua capacità di VEDERE E FAR VEDERE…

"Charles Dickens fu un meraviglioso lettore dei suoi libri. Qual'era il suo segreto?
Vedeva i suoi personaggi, li conosceva fino in fondo: e sapeva farli vivere per il suo pubblico dando, ad ognuno di essi, la voce, il tono, le inflessioni, il ritmo giusti.
Sapeva, cioè, farli vedere.
Ognuno di noi, forse, conserva nella sua memoria più segreta il ricordo d'una fiaba che gli fu letta da una voce né particolarmente armoniosa né addestrata ma che, tuttavia, seppe trasportarlo in un altro mondo, popolato di personaggi che si vedevano vivere.
Non ci risulta che Charles Dickens avesse una voce melodiosa o che l'avesse lungamente esercitata in vista di quelle letture. Ma il successo ch'egli riscosse ci dice ch'egli possedeva molto di più.
Egli dava tutto se stesso a quel pubblico che lo compensava con il suo costante, affettuoso entusiasmo.
Noi abbiamo la convinzione che in questo momento il pubblico ormai sazio di spettacoli sempre più grandiosi e complicati, di scenografie ricchissime, di trovate stupefacenti apprezzerebbe ancora lo squisito piacere di affidarsi alla sola magia della parola evocatrice
"
(20).

Esercizio 4:
nell'esercizio 2, che abbiamo fatto la lezione scorsa, mentre uno di voi si "esprimeva" attraverso un discorso sonoro, un altro si inseriva nella conversazione esprimendosi, sempre attraverso le note, negli spazi che gli "venivano concessi".

Oggi, invece, facciamo una vera e propria conversazione: uno di voi si esprime attraverso delle frasi compiute (mi riferisco sempre a frasi di carattere musicale), l'altro ascolta ciò che gli viene detto e risponde o rettifica o semplicemente aggiunge qualcosa al discorso, sempre usando suoni e non parole.

Lasciatevi, dunque, ispirare/stimolare da ciò che l'altro dice, immaginate di continuare il suo discorso, anche se quello che dite sembra portarvi in tutt'altra direzione!

Nel caso il lavoro coinvolga più di una persona allora potrebbe essere impostato in questo modo: uno di voi "canta" una frase immaginando, ad esempio, di fare una domanda ad un'altra persona. La persona "interrogata" dapprima risponde alla domanda, quindi si rivolge ad una terza persona e gli chiede, a sua volta, qualcosa. Questa terza persona "risponde" e così via!

NON E' RICHIESTO UN ORDINE PRECISO...
TUTTI DEVONO STARE ATTENTI IN QUANTO POSSONO ESSERE COINVOLTI DA UN MOMENTO ALL'ALTRO!

Attualmente sto facendo degli studi sull'improvvisazione e, più precisamente, sugli aspetti creativi e comunicativi su cui questa tecnica si basa. In particolare sto concentrando i miei interessi sulla comunicazione non verbale, in quanto, è vero che per cantare si utilizzano dei testi, ma ricordo che, per quanto riguarda in particolar modo l'improvvisazione, non necessariamente si fa uso delle parole! Con il termine comunicazione non verbale, quindi, non intendo soltanto tutto il discorso legato alla postura, alla gestualità o alla mimica facciale, aspetti, questi, della comunicazione che sono, comunque, di fondamentale importanza per il canto ma, con l'espressione "comunicazione non verbale", mi riferisco, anche, se non soprattutto, a tutto ciò che siamo in grado di comunicare attraverso la voce: emozioni, esperienza, vissuto etc, che si faccia uso delle parole o meno!



NOTE
(1) Paul G. Hewitt, Fisica per concetti, Bologna: Zanichelli, 2001 (1987), p. 239.
(2) Philip Ball, Colore: una biografia, Milano: RCS libri, 2002 (2001), pp. 173.
(3) A tale proposito, riporto quanto detto da J. H. Martin riguardo alla percezione: "Possiamo quindi rispondere alla classica domanda posta dai filosofi: "esiste il suono di un albero che cade nella foresta, se non c'è nessuno abbastanza vicino da poterlo udire?" La nostra convinzione attuale è che la caduta dell'albero provoca vibrazioni dell'aria, ma non suoni. Si ha un suono solo quando le onde di pressione generate dall'albero che cade raggiungono un essere vivente e vengono da questi percepite", in: E. R. Kandel, J. H. Schwartz, T. M. Jessell, Principi di neuroscienze, Milano: Casa Editrice Ambrosiana, 1994 (1985), p. 342.
(4) Gene Bylinsky, La vita nell'universo di Darwin: l'evoluzione e il cosmo, Milano: Arnoldo Mondadori Editore, 1983 (1981), p. 15.
(5) Roberto Bisceglia, "L'atomo da Democrito a Dalton", http://www.itchiavari.org/chimica/materiali/atomo.html;
(6) Nicola Abbagnano, "La filosofia antica: dalle origini al neoplatonismo", idem., Storia della filosofia, Torino: UTET, 2001 (1993), pp. 50-51.
(7) Roberto Bisceglia, op. cit.
(8) Michele Federico Sciacca, Il problema dell'educazione: nella storia del pensiero filosofico e pedagogico, Milano: Officine Grafiche Principato, 1974, p. 33.
(9) Nicola Zingarelli, Il nuovo Zingarelli: vocabolario della lingua italiana, Bologna: Nicola Zanichelli, 1983, XI edizione.
(10) Jostein Gaarder, Il mondo di Sofia, Milano:Longanesi, 1994, pp.51-56.
(11) Nicola Abbagnano, op. cit, p. 51.
(12) Roberto Bisceglia, op. cit.
(13) Lawrence M. Krauss, Il mondo in un atomo: un'odissea dal big bang alla vita sulla terra, Milano: Longanesi & C., 2003 (2001), p. 146.
(14) Gene Bylinsky, op. cit, p. 15-17.
(15) Paul G. Hewitt, op. cit, pp. 239-240.
(16) Gerhard Staguhn, Breve storia dell'atomo, Milano: Adriano Salani Editore, 2002 (2000), p. 16.
(17) Paul G. Hewitt, op. cit, pp. 239-240.
(18) Vedi, a tale proposito, l'uso che Heinz Kohut fa della metafora, riportato in: David M. Berger, L'empatia clinica, Roma: Casa Editrice Astrolabio, Ubaldini Editore, 1989 (1987), pp. 68-70.
(19) Philip Ball, op. cit, p. 62.
(20) Anna Maria Romagnoli, La parola che conquista: manuale di pronuncia e dizione per i "professionisti della parola", Milano: Gruppo Ugo Mursia Editore, 1986, pp. 109-110.







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Data pubblicazione: 15/03/2004

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