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INDICE LEZIONI

Dipingere con la voce
Attrazione e repulsione: tutto qui!
di Sandra Evangelisti
evasama@tin.it

LEZIONE 4: PARTE TEORICA

La materia in tutte le sue espressioni è costituita da atomi che si legano insieme per formare molecole o composti chimici.

I tipi di legami che tengono uniti gli atomi nelle molecole o nei composti chimici sono detti legami chimici.

Prima di addentrarci in questo argomento è, però, necessario riconsiderare alcune caratteristiche relative alle particelle subatomiche che abbiamo studiato nella lezione precedente.

Nel momento in cui avviene una reazione chimica sia il numero dei protoni che quello dei neutroni di tutti gli atomi implicati non subisce modifiche. Perché ciò accada è, infatti, necessario che essi siano sottoposti a condizioni estreme come, per esempio, in caso di "decadimento radioattivo, all'interno del Sole o in un reattore nucleare".

Ciò che, invece, viene a variare sono il numero e la disposizione dei rispettivi elettroni.

Come abbiamo già visto nella lezione scorsa gli elettroni si muovono intorno al nucleo ad una velocità tale che è praticamente impossibile "determinarne la posizione in un dato momento".

Abbiamo, inoltre, visto che essi "possono esistere soltanto in certi stati discreti chiamati orbitali" e che gli elettroni più vicini al nucleo sono legati ad esso con una forza maggiore rispetto a quelli più esterni. Gli elettroni più esterni avranno, quindi, maggiore energia e, di conseguenza, saranno quelli "più attivi nelle reazioni chimiche fra gli atomi".

E' necessario a questo punto per poter andare oltre aggiungere qualche elemento in più.

"Sebbene ciascun orbitale non possa contenere più di due elettroni, all'interno di un dato livello energetico possono esistere più orbitali".

Esiste, tuttavia, "uno stretto limite al numero di elettroni che possono essere alloggiati" in ogni livello energetico o guscio elettronico.

Il livello energetico più vicino al nucleo, ad esempio, non può ospitare più di un orbitale per cui contiene soltanto due elettroni. Il secondo guscio può contenere fino a quattro orbitali e, quindi, otto elettroni. Il terzo contiene diciotto elettroni disposti in nove orbitali. Mentre il quarto ha trentadue elettroni in sedici orbitali.

Salvo alcune eccezioni gli elettroni tendono a disporsi nei vari orbitali in modo ordinato, essi, cioè, tenderanno a riempire in primo luogo l'orbitale più vicino al nucleo e quindi quelli più esterni.

Per esempio in un atomo con dodici elettroni questi andranno prima ad occupare il primo guscio (due elettroni) quindi il secondo (otto elettroni) e infine il terzo (due elettroni)
(1).

Il "comportamento chimico" di un atomo dipende, dunque, dalla disposizione che i suoi elettroni andranno ad occupare all'interno del livello energetico più esterno.
Gli elettroni localizzati all'interno di tale guscio elettronico vengono detti elettroni di valenza.

"Un atomo il cui guscio più esterno è interamente riempito di elettroni è particolarmente stabile e perciò chimicamente non reattivo"
(2).

Quando, invece, il numero degli elettroni di valenza è inferiore a otto, l'atomo presenterà la tendenza a perdere, accettare o condividere gli elettroni in modo che il suo livello energetico più esterno venga ad essere completato con otto elettroni e diventi, quindi, stabile.
Anche se, come abbiamo detto, il quarto livello energetico può contenere più di otto elettroni esso è, tuttavia, più stabile se ne contiene soltanto otto
(3).

Tale teoria, conosciuta come teoria dell'ottetto, viene generalmente associata al nome di G.N. Lewis
(4).
Anche se taluni autori ci tengono a sottolineare che G.N. Lewis non abbia mai fatto uso direttamente del termine "ottetto"
(5) fu lui che, nel 1916, "notò come tutti i gas nobili tranne l'elio presentavano nell'ultimo livello otto elettroni.

Egli attribuì la stabilità chimica di questi gas scarsamente reattivi all'ottetto elettronico che caratterizzava il loro strato esterno ed ipotizzò che anche gli altri elementi tendessero a raggiungere questo stato di stabilità cedendo, acquistando o condividendo elettroni, per assumere la configurazione elettronica tipica dei gas nobili
"
(6).

C'è da dire, inoltre, che un'atomo che, ad esempio, presenta un solo elettrone nel suo secondo livello energetico avrà lo stesso comportamento di un atomo il cui secondo guscio è pieno ma che ha un solo elettrone nel terzo livello. RIPETO: "Sono gli elettroni più periferici quelli che hanno un ruolo determinante per il comportamento chimico di un dato elemento".

Abbiamo detto che quando in un atomo il suo livello energetico più esterno è incompleto esso tenderà a "interagire con altri atomi" per completare e rendere, quindi, più stabile tale livello. Tale interazione può consistere nella condivisione o in un vero e proprio trasferimento di uno o più elettroni.
Nel primo caso si parlerà di legame covalente nel secondo di legame ionico
(7).

In realtà la distinzione tra legame covalente e legame ionico non è così netta: ma per poter comprendere a fondo in cosa consiste questa differenza è necessario fare una piccola digressione e spendere qualche parola sul concetto di "elettronegatività".

Cominciamo col dire che per elettronegatività si intende la maggiore capacità di un atomo, rispetto ad un altro, di attrarre gli elettroni all'interno di un legame chimico.

Per cui quando due atomi che presentano un'uguale capacità di attrarre i propri elettroni, che hanno, cioè, uguale elettronegatività, interagiscono tra di loro essi tenderanno a condividere i propri elettroni i quali, però, continueranno ad essere attratti dai protoni presenti all'interno del nucleo dei rispettivi atomi
(8).

"A questo punto gli elettroni di legame, appartengono ad entrambi gli atomi e servono a tutti e due per arrivare ad una configurazione ad ottetto"
(9).

Definiamo, dunque, legame covalente quello che si forma quando due atomi con uguale elettronegatività mettono in condivisione una o più coppie di elettroni
(10).

In un legame covalente, "le nuvole elettroniche dei due atomi si fondono".

In tal modo gli orbitali atomici che ospitano gli elettroni messi in comune "danno origine ad un nuovo orbitale, orbitale di valenza" che andrà ad occupare una regione dello spazio che comprende entrambi i nuclei
(11).

Questa nuvola carica negativamente che sarà "più densa fra i due nuclei carichi positivamente" contribuirà "a tenerli insieme opponendosi alla mutua repulsione fra cariche simili che altrimenti li forzerebbe a separarsi. Le forze attrattive e repulsive sono in equilibrio quando i nuclei sono separati da una distanza caratteristica, chiamata lunghezza di legame"
(12).

Quando il baricentro della densità elettronica cade a metà della lunghezza di legame che separa i due nuclei atomici si avrà allora un legame covalente puro o omopolare o apolare
(13).

La maggior parte dei legami di tipo covalente implica la condivisione di due elettroni ognuno dei quali viene messo in compartecipazione da ciascuno degli atomi partecipanti. In questo caso si parla di legami covalenti singoli o semplici.

In molti altri casi, tuttavia, vengono messi in compartecipazione più di una coppia di elettroni.
Si parlerà, allora, di legame doppio quando verranno condivisi quattro elettroni (due provenienti da ciascuno dei due atomi coinvolti).

Si parlerà, invece, di legame triplo quando ad essere condivise saranno tre coppie di elettroni.

Chiaramente i legami doppi o tripli avranno una maggiore forza di legame rispetto a quelli singoli e presenteranno rispetto a questi ultimi una flessibilità minore.

Accade di frequente che quando la molecola è formata da atomi di diversi elementi questi avranno un differente grado di elettronegatività. In tal caso gli elettroni condivisi saranno attratti in misura diversa dai rispettivi atomi.
Gli elettroni, cioè, saranno "maggiormente attratti dal nucleo atomico dell'elemento che ha maggiore affinità per l'elettrone"
(14).

In un simile caso "la densità elettronica sarà statisticamente spostata verso l'atomo più elettronegativo"
(15), mentre il legame covalente che si verrà a formare sarà caratterizzato da un trasfermento parziale (condivisione ineguale) di elettroni. "Si parla, dunque, di legame covalente polare" (16).

"In questo caso il baricentro delle cariche positive e negative non coincide: esiste perciò un momento dipolare"
(17).

Quando, invece, la differenza di elettronegatività è molto elevata, gli elettroni non vengono più condivisi, ma vengono ceduti dall'atomo con minore elettronegatività a quello con maggiore elettronegatività
(18).

Come conseguenza di questo trasferimento di elettroni entrambi gli atomi diventeranno ioni elettricamente carichi.

Nel primo caso quello, cioè, in cui l'atomo cederà i suoi elettroni si avrà uno ione con carica elettrica positiva (catione) in quanto il numero dei protoni all'interno del suo nucleo si troverà ad essere superiore al numero degli elettroni presenti nei vari livelli energetici.

Nel secondo caso, invece, si avrà uno ione con carica elettrica negativa (anione) in quanto il numero degli elettroni si troverà ad essere superiore a quello dei protoni presenti all'interno del proprio nucleo
(19).

E' importante sottolineare che, nel caso degli ioni, "l'azione della forza si esercita in modo perfettamente uguale in tutte le direzioni".
Si dice, dunque, che tale forza ha "simmetria sferica"
(20).

Tra i due ioni, come conseguenza delle loro cariche opposte, si verrà a creare un'attrazione di tipo elettrostatico che prende il nome di legame ionico
(21).

Si può, dunque, a buona ragione, affermare che: "vi è continuità tra legame covalente e legame ionico"
(22).

"E' possibile avere tutta una gamma di polarità del legame covalente, che va dal legame omopolare fino al massimo grado del legame ionico.
Il legame ionico in effetti può essere considerato un caso estremo del legame eteropolare, che si realizza quando la coppia di elettroni è trasferita completamente a uno dei due atomi
"
(23).

In questo caso si ha un totale spostamento della densità elettronica verso l'atomo che presenta una maggiore elettronegatività
(24).

Gli ioni, generalmente, si uniscono tra loro a formare sostanze cristalline dove i vari ioni vengono letteralmente "impacchettati" assumendo una precisa dislocazione spaziale tipica di queste sostanze
(25) secondo la quale ogni catione è circondato da un certo numero di anioni e viceversa (26).

"Non solo atomi singoli, ma anche raggruppamenti di atomi possono diventare anioni e cationi"
(27).

Il legame ionico non rappresenta l'unico tipo di legame non covalente che si viene a creare tra atomi
(28).

Ritengo, tuttavia, che per il momento è bene fermarci qui.

Per chi volesse approfondire l'argomento, rimando ai testi da me citati in questa stessa lezione.

Ricapitolando:

- nella lezione scorsa abbiamo studiato le forze che tengono unite tra di loro le varie parti dell'atomo;
- in questa lezione abbiamo, invece, spostato la nostra attenzione sulle forze che tengono uniti tra di loro gli atomi a formare le molecole e i composti chimici;
- dalla prossima lezione vedremo, invece, come le molecole interagiscono tra di loro a formare quelli che vengono definiti gli "stati della materia".

Passiamo adesso alla parte pratica.

LEZIONE 4: PARTE PRATICA

Nella lezione scorsa, abbiamo affrontato il discorso relativo alla metrica, oggi voglio, invece, parlarvi del "tempo in musica"…

Per esempio:

quando un musicista vi chiede di dargli il tempo significa non solo che dovete comunicargli quante pulsazioni ci sono in ogni battuta attraverso, come abbiamo visto, la disposizione degli accenti (esempio: 3, 4, 2 o altro), ma soprattutto segnalargli la durata tra una pulsazione ed un'altra, in modo da poter suonare tutti simultaneamente; prima però di imparare a dare il tempo dobbiamo imparare a sentirlo e…a "portarlo"!

Per sentire il tempo è importante il coinvolgimento di tutto il nostro corpo alias ballare…

Facciamo, dunque, insieme il seguente esercizio:

Esercizio 7:
una persona esegue con la voce un modello ritmico cercando di riprodurre le sonorità della batteria o di altri strumenti a percussione
(29).

Le altre persone iniziano a seguire con tutto il corpo le pulsazioni scandite dal loro compagno "batterista" o "percussionista".

Quando tutti sono entrati nel ritmo, si aggiunge al movimento più generale del corpo lo "schiocco delle dita" (in inglese: "to snap one's fingers").

A questo punto, uno alla volta, gli allievi iniziano ad eseguire delle melodie di quattro note ciascuna facendo coincidere ogni nota con una pulsazione dove, per pulsazione, come abbiamo già detto, intendiamo lo spazio che intercorre tra uno schiocco delle dita e quello successivo.

Questo esercizio è molto utile per diversi motivi.

Oltre a permettere all'allievo di "sentire" il tempo con tutto il corpo o con parti di esso (un piede, le mani etc.), esso lo abitua ad eseguire con la voce ruoli generalmente affidati ad altri strumenti. In questo caso specifico, avendo noi lavorato sul ritmo, ci siamo concentrati sulla riproduzione vocale dei suoni della batteria o di altri strumenti a percussione.
Chiaramente il discorso può essere allargato anche al contrabbasso, agli strumenti a fiato etc..
Man mano che andremo avanti con lo studio dell'improvvisazione, un tale lavoro, come avremo modo di vedere, ci tornerà di certo utile per "dipingere i nostri quadri".

Questo esercizio è, inoltre, molto importante in quanto abitua l'allievo a non lasciarsi confondere da un eventuale base ritmica che si muove con una ritmica differente da quella della melodia.

Torniamo, quindi, al nostro accordo e vediamo se è cambiato qualcosa:

Esercizio 8:
prima di tutto, adesso che abbiamo imparato a sentire "fisicamente" le pulsazioni, proviamo a dare il tempo: ognuno di voi, infatti, deciderà il tempo su cui vuole improvvisare, e me lo indicherà attraverso "lo schiocco delle dita" oppure contando le pulsazioni o entrambe le cose contemporaneamente.

Mi darà il tempo per due battute… il brano inizierà a partire dalla terza.

Se inizieremo "insieme" e continueremo "insieme" la cosa ha funzionato, in caso contrario uno dei due non ha svolto con precisione il proprio ruolo.

NB:
in questo caso abbiamo deciso di dare il tempo per due battute ("due fuori")… ma si può optare anche per uno sola battuta ("una fuori");
si consiglia, prima di dare il tempo, di pensarlo o addirittura di "cantarlo"!

NOTE:
(1) E. P. Solomon, L. R. Berg, D. W. Martin, C. Villee, Biologia, Napoli: EdiSes, 1997 (1996), pp. 32-34.
(2) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, Biologia molecolare della cellula, Bologna: Zanichelli, 2004 (1983), pp. 47-50.
(3) E. P. Solomon, L. R. Berg, D. W. Martin, C. Villee, op. cit., pp. 34-35.
(4) Gilbert Newton Lewis (23 ottobre 1875-23 marzo 1946) famoso chimico e fisico nato a Weymouth, Massachusetts, "G. N. Lewis, http://encyclopedia.thefreedictionary.com/G.%20N.%20Lewis
(5) Gilbert Newton Lewis, http://www.woodrow.org/teachers/chemistry/institutes/1992/Lewis.html
(6) "Il legame chimico", chimica6.pdf, p.4.
(7) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, op. cit., pp. 50-51.
(8) E. P. Solomon, L. R. Berg, D. W. Martin, C. Villee, op. cit., pp. 36-38.
(9) "Il legame covalente", http://www.itg-rondani.it/dida/chimica/modulo3/ud3_1/ud3_1pag4.htm
(10) "Il legame covalente", legamecovalente.pdf, p.2.
(11) "Il legame chimico", http://www.scibio.unifi.it/lezioni/legame.html
(12) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, op. cit., pp. 52-53.
(13) "Il legame covalente", http://venus.unive.it/chem2000/capitoli/14.htm
(14) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, op. cit., p. 54.
(15) "Il legame covalente", http://venus.unive.it/chem2000/capitoli/14.htm
(16) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, L'essenziale di biologia molecolare della cellula, Bologna: Zanichelli, 1999 (1998), p. 39.
(17) "Il legame covalente", http://venus.unive.it/chem2000/capitoli/14.htm
(18) "Il legame chimico", chimica6.pdf, p.15.
(19) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, op. cit., pp. 51-52.
(20) "Il legame ionico", http://venus.unive.it/chem2000/capitoli/13.htm
(21) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, op. cit., p. 52.
(22) "Il legame chimico", chimica6.pdf, p.15.
(23) "Il legame chimico", http://www.scibio.unifi.it/lezioni/legame.html
(24) "Il legame covalente", http://venus.unive.it/chem2000/capitoli/14.htm
(25) "Il legame ionico", http://venus.unive.it/chem2000/capitoli/13.htm
(26) "Il legame chimico", http://www.scibio.unifi.it/lezioni/legame.html;
Per una figura della struttura cristallina dei composti ionici vedi "legame chimico", legame1.pdf, fig A 4.1.
(27) "Il legame ionico", http://venus.unive.it/chem2000/capitoli/13.htm
(28) B. Alberts, D. Bray, A. Johnson, J. Lewis, M. Raff, K. Roberts, P. Walter, op. cit., p. 52.
(29) A tale proposito ci sono una serie di testi molto interessanti che ritengo opportuno segnalare. Per quanto riguarda la voce in particolare rimando a Bob Stoloff, Vocal Drum Gooves, Framingham, Massachusetts: Tortoise Shell Press, 1987, pp. 40 (+ cassetta). Per quanto riguarda, invece, la ricerca di sonorità strumentali consiglio l'utilizzo di testi come Antonio Buonomo, Nati per la batteria: studio spontaneo del drum-set per bambini e principianti, Roma: Casa Ricordi-BMG Ricordi, 2001, pp. 92 (+ CD) e Franco Rossi, Metodo per batteria, Ancona: Bèrben edizioni musicali, 1991, pp. 95 (+ 2 cassette) nel caso specifico della batteria e Sigi Busch, Ear Training, 1 (jazz, rock, pop), Advance Music, 1994, pp. 47, (+ CD) per gli strumenti a percussione. Per quanto riguarda, invece, lo studio di modelli ritmici, più in generale, rimando a Andrea Baggio, La ritmica tastieristica: 144 esempi tratti dai brani più importanti della musica rock & pop, Ancona: Bèrben edizioni musicali, 1995, pp. 75 (+ CD), Lamberto Lipparini, Il libro dei ritmi: 120 ritmi di musica moderna, Milano: Intra's edizioni musicali, 1993, pp. 55 (+ cassetta) e Kurt Maas, 1000 Rhythmus Patterns, München: Musikverlag Kurt Maas, 1989 (+ 2 cassette).






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Data pubblicazione: 18/09/2004

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