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Project Them
The Collective Personnel
miles High Records (2014)
1. Submissive Dominants
2. Sleight Of Hand
3. We 3
4. Solitude
5. The South Song; Minor Tunes
6. Close Enough For Love
7. A Short Swing
8. Ma Bo's Waltz
9. Angular Blues
Bob Franceschini - Tenor Saxophone & Flute Mark Sherman - Vibraphone Mitchel Forman - Piano & Organ Martin Gjakonovski - Bass Adam Nussbaum - Drums Paolo Di Sabatino - Piano.
"Project Them" è un disco di modern jazz compatto, solido, suonato da un gruppo di
musicisti molto competenti con alle spalle una sfilza di collaborazioni prestigiose.
Al sassofono tenore si schiera Bob Franceschini, quasi un veterano, già sodale
di Mike Stern
e degli Yellowjackets, provvisto di un timbro scuro e di un fraseggio ben distinto,
lineare, scorrevole, In alcuni brani il polistrumentista abbandona il sax e usa
il flauto, quando vuole tenere le marce basse, dimostrando pari sapienza tecnica
e rivelando uno stile misurato e classico: Al vibrafono compare Mark Sherman,
noto come docente della Julliard school, ma anche per aver formato un duo con
Kenny Barron
e per una serie di incontri con personaggi di alto livello nell'ambito del mainstream
aggiornato.
Sherman è fluido ed essenziale sul metallofono e quando esce in assolo copre lo
spazio con un eloquio swingante ed espansivo.
La ritmica fa storia a sé. Martin Gjakonovski, macedone ma residente in Germania,
è uno dei bassisti più richiesti in Europa e si capisce facilmente il perchè. I
suoi interventi sono precisi, attenti, rigogliosi, mai fuori dalle righe Adam
Nussbaum è altrettanto stimato da nomi quali Dave Libeman, John Abercrombie,
o dal grande Gil Evans tanto per citare alcuni dei grandi artisti che si
sono valsi del suo magistero sulle percussioni. Il batterista è in continua sollecitazione
dei partners per mezzo di un drummin' martellante, vario, fantasioso. Con una coppia
di questo tipo, i solisti possono procedere in sicurezza, sapendo di poter contare,
alle spalle, su un sostegno elegante, robusto e ingegnoso. Al pianoforte si alternano
(cinque brani a testa) il redivivo Mitchell Forman e il nostro
Paolo Di Sabatino.
Negli anni Ottanta, Forman era un astro nascente e sulla sua affermazione successiva
si riponevano molte speranze. Da un certo punto in poi, di lui si sono perse quasi
le tracce. E' un piacere ritrovare qui la sua capacità di costruire interventi serrati,
sciolti e discorsivi. Gli risponde adeguatamente Di Sabatino con un pianismo sempre
adeguato al contesto e con la composizione di due tracce dell'album fra le più significative.
Nel cd si ascolta una musica oscillante, a seconda dei brani, fra il post bop, il
funky, il latin sound. Non si perde occasione, però, pure per esplorare una ballad
e di renderla in maniera consona. La muscolarità, a volte, incrocia la melodia con
esiti favorevoli.
Il disco non rivela niente di nuovo o di straordinario. E', però, inciso da sei
signori musicisti che eseguono a regola d'arte i dieci brani in programma, di radice-
bop, arricchiti da climi e cadenze provenienti dal jazz rock e indirizzati verso
la fusion. L'album non apre prospettive inedite, cioè, ma testimonia della passione
e del metodo di chi porta avanti un progetto nato per onorare il jazz-jazz negli
anni Duemila e oltre.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 02/06/2015
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