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Il compositore e pianista
Luigi Bonafede
– classe 1954 – vanta una ormai lunga ed autorevole carriera, avendo alle spalle
numerose e prestigiose collaborazioni sia in ambito italiano che internazionale.
Basterebbe citare, tra i tanti, i nomi di
Michel
Petrucciani, Jack Walrath,
Massimo Urbani,
Flavio Boltro.
In questo album si presenta a capo di un insolito quintetto "a geometria
variabile", nel quale si alterna, anche all'interno dello stesso brano, al pianoforte
ed alla batteria, lasciando, a seconda dei casi, le incombenze armoniche alla chitarra
di Andrea Allione e quelle ritmiche alle percussioni di Ermanno Facchi.
Ne scaturisce un album di jazz moderno focalizzato nella composizione e nell'arrangiamento
dei brani, quasi tutti originali a firma del leader, il cui sviluppo è spesso giocato
sullo scambio dei ruoli tra i protagonisti.
Esempio programmatico è il brano di apertura "Filastrocca":
il quintetto come di consueto espone il tema, a seguire
Luigi Bonafede,
dopo il suo pregevole assolo al pianoforte, cambia ruolo e passa dietro ai tamburi
lasciando campo libero al sax soprano di Massimo Baldioli, che improvvisa
brillantemente sulle orme del Coltrane di "My Favorite
Things".
Ma forse i brani più convincenti sono proprio quelli in cui la scrittura
ha il sopravvento sull'improvvisazione, come nel suggestivo "Alba"
– impreziosito da un bellissimo assolo di contrabbasso eseguito con l'archetto
- ma anche in "Andra",
una ballad proposta in due versioni, la prima in duo, clarinetto e pianoforte, e
l'altra sviluppata con il quintetto al completo.
Il disco, valido e ben suonato, scorre all'ascolto in maniera piacevole,
però sul piano emotivo riesce a decollare solo a tratti.
Resta la sensazione che il risultato finale non sia sempre all'altezza degli
intenti del progetto. L'impressione generale è quella che, quando a condurre le
danze non è direttamente la mano del leader - eccellente pianista - la musica ceda
qualcosa in termini di comunicativa e capacità di coinvolgimento.
Resta il dubbio che, viste le premesse in termini di scrittura e di arrangiamento,
l'utilizzo di un organico più ampio avrebbe potuto far risaltare meglio lo spessore
compositivo dei temi proposti.
Roberto Biasco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 03/08/2009
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