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Colours è la promettente
testimonianza discografica dell'incontro tra il piano di
Lorenzo Erra,
la batteria di
Giorgio Di Tullio e il double bass classico di Yury Goloubev.
Il lavoro è pervaso da uno spirito colto molto palpabile nel quale la formazione,
le esperienze variegate e la provenienza da contesti musicali diversi contribuiscono
a creare un jazz moderno, sostenuto sempre da uno swing elegante, rarefatto ma lo
stesso propulsivo, scandito da un drumming molto padrone dello spettro timbrico
dei piatti e delle pelli.
L'atmosfera che si respira è di stampo fortemente evansiano e/o jarrettiano
(specialmente nell'approccio della ritmica), come esplicitato anche nel tributo
formale al pianista di Plainfield nel brano iniziale o nell'interpretazione degli
standard: grande interplay e compostezza formale sono gli elementi caratterizzanti,
anche quando i singoli sembrano lasciarsi andare un po' più liberamente e
cercare strade armonico/melodiche più stuzzicanti, specialmente nel fraseggio solista
di Erra.
La vena compositiva è particolarmente felice, sia nelle melodie melanconiche, a
volte vagamente impressioniste del piano, sia negli ampi cantabili di Goloubev.
Tutto il disco è molto godibile ed equilibrato. I primi cinque brani evidenziano
in modo più marcato i tratti salienti della poetica di un progetto da seguire con
attenzione. To Bill Evans
è un gioiellino elegante, leggiadro mid-tempo dove il solo di piano, ampio nella
sua prossimità al tema, si contrappone alla ricerca melodica più serrata del contrabbasso.
Moon And Sand si gioca
sul contrasto ritmico nella successione dei temi e degli assolo, ora trattenuti
e sospesi e poi spigliati. Il trio viaggia veramente a vele spiegate nella rilettura
di Along Come Betty
di Benny Golson, curiosamente accreditata con il verbo Come mentre l'originale
è Came: le 32 misure dei vari chorus sono infilate con grande ispirazione
e trasporto che evidenziano un sentire comune tra i musicisti veramente molto profondo.
Acqua Dolce è forse
uno dei temi più belli del disco, lento, cantabile e struggente, che sembra riprendere
il filo dell'espressività smarrita da Esbjörn Svensson.
You And The Night And The City
scherza con il celebre standard di Schwartz e Dietz tanto caro a Jarrett, sostituendone
una parola (Music) e rallentandone il tempo pur seguendo la stessa struttura compositiva.
Furio Ciulini per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 07/05/2006
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