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Umbria Jazz 2003
di Vittorio Pio
foto di Giancarlo Belfiore

Bilancio da record per Umbria Jazz 2003, che ha festeggiato i suoi trent'anni con un risultato complessivo di circa centomila presenze e un incasso che è andato ben al di là del milione di euro. Al di là della sua vocazione fin troppo popolare (secondo alcuni), Umbria Jazz ha avuto il merito di far conoscere nel tempo e con ben altra risonanza alcuni dei più grandi protagonisti di questa musica. Agli appassionati convenuti da ogni dove, uno scenario naturale incomparabile e un livello qualitativo molto alto nell'ortodossia di Stan Getz e Carmen McRae per esempio, ma anche con ospiti capaci di affrontare abilmente differenti situazioni come il memorabile incontro tra Gil Evans e Sting, gli ultimi guizzi di Miles e Dizzy, l'esibizione del Kronos Quartet e Liberation Music Orchestra nelle "sacre" notti di San Francesco Al Prato, le scintillanti esibizioni di Carla Bley e George Russell, il primo spot di successo sull'estro di Caetano Veloso, la scoperta di Brad Mehldau e mille altri episodi che ne hanno lastricato la storia.

Quest'anno si è voltato pagina anche dal punto di vista logistico con il battesimo dell'Arena di Santa Giuliana, lo spazio che per ragioni logistiche e pratiche ha finito con il sostituire i fin troppo angusti Giardini del Frontone, con una serie di sold-out che hanno caratterizzato molte delle stelle presenti nel cartellone. Legittima quindi la soddisfazione espressa dagli organizzatori che promettono un futuro all'altezza di questo prestigioso traguardo fin dalla prossima appendice invernale ad Orvieto (27 dicembre- 1 gennaio 2003) prima di rivedersi a Perugia la prossima estate.

Impossibile dare un resoconto dettagliato degli oltre 250 concerti e 300 artisti presenti in cartellone, abbiamo perciò cercato di condensare la kermesse nei suoi aspetti più rilevanti o particolari.

I protagonisti: Ornette Coleman, Sonny Rollins, Caetano Veloso, Bobby McFerrin e Gilberto Gil.

Per i grandi vecchi del jazz la passerella umbra è stato un autentico trionfo: Coleman si è esibito nella formula del quartetto con doppio contrabbasso che non affrontava più da tempo con un lirismo e immaginazione sconfinati, mentre Rollins è stato il solito generoso colosso che forse avrebbe bisogno, per rendere ancora al meglio la sua straordinaria capacità affabulatoria, di essere attorniato da musicisti di valore in luogo dei comprimari presto relegati al ruolo di comparse. Malgrado qualche acciacco di troppo quando è sul palco la trasformazione è radicale, Il sax ruggisce sempre e la generosità con la quale si concede al pubblico teme pochi confronti.
Veloso e McFerrin invece hanno offerto dei set in solitario di lucente (e opposta) bellezza: un filo di voce e l'ausilio della sola chitarra per il primo, che sarebbe probabilmente capace di tramutare anche la più insulsa canzonetta in un perfetto assist per toccare tutte le corde dei sentimenti a dimostrazione di una maturità artistica che ormai è vera poesia. Al contrario per l'uomo dalla ugola di caucciù qualsiasi cosa può essere degna di ispirazione: il canto delle cicale nel cortile della scuola dove ha tenuto un affollatissimo seminario didattico, arie sacre e barocche, celebrati standards jazzistici e persino i malefici trilli dei cellulari lasciati incautamente incustoditi. Un grande che forse ancora non è stato riconosciuto come tale.
Il nuovo Ministro della Cultura brasiliano, Gilberto Gil, è sembrato ringalluzzito da questo incarico, al punto da trascinare la folla come da tempo non si vedeva in un appassionante viaggio nella memoria della tradizione popolare del suo controverso ma affascinante paese.

Le conferme: Brad Mehldau, Patricia Barber e Danilo Rea

Due uomini, una donna e...il pianoforte. Brad sembra aver messo da parte alcuni capricciosi vezzi da star che avrebbero potuto minarne l'ispirazione e ha offerto un set generoso in cui ha anche presentato alcuni brani originali che prenderanno parte del suo prossimo cd atteso per l'autunno con una magica sequenza finale che ha inanellato Broadway, Nick Drake e Burt Bacharach con la medesima coerenza ed efficacia.
Patricia Barber, la pianista scalza che ha fatto perdere la testa ai potenti boss della Blue Note, ha mostrato ulteriori progressi in un clima di piacevole relax dall'ampio spettro e inconsueta affabilità.
Rea ha appena pubblicato un disco dalle reminescenze classiche che è già diventato un classico a giudicare dalle ovazioni raccolte a margine della sua esibizione presso la Galleria Nazionale dell'Umbria.

Le Sorprese: Bill Charlap e Phil Woods

Potrebbe sembrare provocatorio mettere al fianco di un glorioso senatore come Woods e un giovane talentuoso e innamorato della tradizione, eppure è così. Il sassofonista preferito da Quincy Jones suona ancora straordinariamente bene nonostante un enfisema polmonare che sarebbe un problema serio anche per un non musicista: l'appassionato produttore indipendente Paolo Piangerelli (ndr. patron della Philology) gli ha messo al fianco una parata di italiani dal buon pedigree come Rava e Bollani, un vecchio amico come Lee Konitz e altri ospiti a sorpresa e il risultato è stato notevole. Un piccolo condensato di quello che dovrebbe essere ancora il jazz.
Charlap, che proprio nel quintetto di Woods aveva iniziato a farsi conoscere, è un pianista quadrato e dal tocco cristallino: tenetelo a mente perchè di strada ne farà ancora tanta.

I Fuoriquota: James Brown e Tony Bennett

Quasi 150 anni (dichiarati peraltro controvoglia) in due, eppure ancora tanta classe. Il padrino del soul, in alcuni frangenti sembra più una caricatura che altro, però è ancora capace di gestire il palco con navigato mestiere e guizzi repentini. Fino all'apparire della sua ultima fresca compagna, spacciata fra l'ilarità generale per la nuova Janis Joplin, lo spettacolo era stato ineccepibile poi ha rischiato di tracimare in una sagra di paese. In ogni caso per avere 74 anni Brown è ancora un fenomeno e anche al botteghino si è dimostrato tale, dal momento che l'unico tutto-esaurito in prevendita lo ha fatto segnare lui.
Bennett è un monumento di eleganza e swing, dietro le quinte Veloso lo ammirava estasiato nel "rosario" di standards affrontati con arguzia e sostanza. Per lui un piccolo successo personale con gran quantità di bis, al punto che è dovuto intervenire lo stesso "Patron" Carlo Pagnotta a fine esibizione per rassicurare il pubblico, ancora festante, con la promessa di un suo ritorno anche nell'edizione del 2004.

Dietro la lavagna: Van Morrison, Keith Jarrett, Chick Corea e Joao Gilberto.

Come si fa a parlare male di queste icone? Sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, eppure le cose non hanno funzionato al meglio. L'Irlandese impregnato di soul ha avuto un atteggiamento indisponente e frettoloso: lontano mentalmente dalla sua esibizione ha aggravato la stessa con un timer posto alle sue spalle che scandiva inesorabilmente (!) il tempo che mancava alla fine. Un compitino da novanta minuti e chissà quante delle vecchie lire di ingaggio.
Jarrett ha iniziato maluccio, poi ha offerto un secondo set da par suo e quando è andato a raccogliere i meritati applausi si è infastidito per un paio di flash a gioco fermo mandando tutti a quel paese, un vero peccato anche se in realtà non è più quello di un tempo.
Anche Corea è ormai svogliato, qui ha avuto il (de)merito di riunire ancora una volta la sua Electrik Band proponendo un set stantio e chiassoso che ha perduto in spettatori e qualità di minuto in minuto. Gilberto ogni sera ne scovava una: liti con giovane fidanzata al seguito, chitarra in apparente disordine, inesistenti discrepanze tra i volumi dal palco alla sala. Nei (rari) momenti di tranquillità è stato uno spettacolo di purezza, ma che fatica!

Le Curiosità: Walter Veltroni, Jorge Rossy e Maria Bethania.

Il sindaco di Roma con il gusto del bello ha riempito il Teatro Morlacchi anche a mezzogiorno di una afosa domenica mattina per parlare ancora una volta del suo bel ricordo di Luca Flores. E' davvero particolare l'alta considerazione che tra il pubblico si registra quando a parlare di jazz è un personaggio famoso come lui, forse è un esempio che dovrebbe essere seguito più spesso anche da altri. Oppure un interrogativo per tutti gli addetti (e non) ai lavori.
Il focoso batterista di Mehldau si sta impegnando nello studio del pianoforte e appena ne ha uno a tiro verifica i suoi studi: dopo aver accorciato persino il soundcheck del suo leader a concerto finito ha suonato in perfetta solitudine Bach e Mozart fino alle ore piccole nella splendida cornice del Teatro Morlacchi. Una vera delizia.
La sorella del prode Caetano nella sua breve permanenza perugina camminava ad occhi bassi schivando ogni possibile impegno ufficiale. Forse temeva l'eventuale assalto dei fan. Peccato che da queste parti risulti praticamente sconosciuta per quanto ancora brava.






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Data pubblicazione: 18/08/2003

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