| Riascoltando alcune registrazioni di brani cantati durante workshop di musica o 
Jam Session a cui ho avuto modo di partecipare in passato mi sono imbattuta in delle 
mie interpretazioni di brani che, devo riconoscere, ho trovato, sotto alcuni aspetti, 
molto interessanti. Ne riporto qui di seguito alcuni.
 Iniziamo con l'ascoltare una piccolissima frase tratta da una mia interpretazione 
di un brano di Max Steiner e Kim Gannon, dal titolo "It Can't Be Wrong".
 
It Can't Be Wrong - esempio 1 Ascoltiamo, adesso, quest'altra frase tratta, questa volta, da una mia interpretazione 
di un brano scritto da Sammy Cahn e Jule Styne, dal titolo "What Makes The Sunset".
 What Makes The Sunset - esempio 
2  Questa breve frase è stata presa invece da una mia interpretazione di un altro 
brano molto bello che, come tutti gli altri qui menzionati, merita di essere conosciuto 
e studiato. Si tratta di un brano scritto da Robert Graham e Bickley Reichner dal 
titolo "You Better Go Now". You Better Go Now - esempio 
3  Quelli che seguono invece sono parti di una mia interpretazione di un altro bellissimo 
brano chiamato "Dream", scritto da Johnny Mercer. Dream - esempio 4Dream - esempio 5
 Dream - esempio 6
 Le frasi che seguono sono tratte sempre da mie interpretazioni, rispettivamente 
di "If I Should Lose You", brano scritto da Ralph Rainger e Leo Robin, "My Heart 
Tells Me" di Harry Warren e Mack Gordon e "You've Changed", il popolarissimo brano 
scritto da Bill Carey e Carl Fischer. Ascoltiamole. If I Should Lose You - esempio 
7My Heart Tells Me - esempio 8
 You've Changed - esempio 9
 La frase che segue, infine, è stata tratta da una mia interpretazione di "Estate" 
il bellissimo brano di
Bruno Martino. 
Il testo in inglese è di Joel E. Siegel (1). Estate - esempio 10 Cominciamo col dire che l'ascolto di queste mie interpretazioni ha significato 
per me la presa di coscienza di uno stile vocale.
 Il momento in cui un seme, piantato forse in tempi molto remoti e, trasformatosi 
oramai in un germoglio, si mostra per la prima volta alla vita aprendosi un varco 
attraverso la terra fresca.
 
 È ancora, però, piuttosto delicato e necessita, pertanto, di molte attenzioni perché 
possa raggiungere la sua piena maturità artistica. Ma ha già, comunque, dato prova 
di esistere!
 
 È nata quindi l'idea di questa serie di conversazioni sullo stile che vorrei far 
partire proprio dall'ascolto di parte di queste mie interpretazioni per poi muovermi 
tra passato e presente alla ricerca di altre registrazioni che possano, in qualche 
modo, aiutarmi a rintracciare le origini di questa mia scelta espressiva nonché 
guidarmi nella ricostruzione delle diverse fasi della sua evoluzione (2).
 
 Ma cosa dire di questo stile che, dal momento in cui ne ho riconosciuto l'esistenza, 
si è andando progressivamente delineando ai miei occhi in un modo sempre più accattivante, 
accentrando tutte le mie attenzioni e imprimendo, quindi, una svolta al procedere 
della mia ricerca.
 
 Per il momento ancora molto poco.
 
 Personalmente lo trovo molto raffinato, elegante nella sua semplicità, e a tratti 
anche sensuale... e devo confessarvi che all'interno di questo stile mi ci ritrovo... 
mi sento a mio agio... mi sento io.
 
 Eppure questi tratti non li riscontro nella modalità di essere a cui sono abituata. 
Forse, sto cambiando insieme alla mia voce, forse questo stile vocale, che indubbiamente 
già c'era ma che soltanto adesso mi sono data il permesso di ‘riconoscere', mi sta 
indicando una strada, una strada che non si ferma all'espressione musicale ma che 
abbraccia tutto il mio essere. La voce e la persona si stanno ritrovando, stanno 
diventando uno.
 
 Ma a proposito di stile, questo termine è molto usato nel nostro lessico quotidiano, 
‘uno stile di vita', ‘quella persona ha molto stile', ‘uno stile musicale'. Ma qual 
è il vero significato di questa parola.
 
 Non è questa la sede per una disquisizione più dettagliata del termine, mi limito 
pertanto a riportare quanto scritto nel vocabolario della lingua italiana di Nicola 
Zingarelli.
 
 Secondo lo Zingarelli, il termine stile deriva dal latino stilu(m) ‘stilo'. 
Successivamente lo troviamo con il significato di ‘modo di scrivere' locuzione probabilmente 
di origine indeuropea.
 
 Esso può indicare sia il "complesso delle caratteristiche linguistiche e formali 
tipiche di un autore, di un genere o di una tendenza letteraria" sia, semplicemente, 
un "modo personale di scrivere", ma anche, per estensione, il "modo particolare 
di esprimersi musicalmente, caratteristico di un musicista o di una scuola". 
La parola stile viene inoltre usata con riferimento al "modo abituale di essere, 
di comportarsi, di agire" di una singola persona (3).
 
 Riconosco che, quanto detto fino ad ora, non può essere considerato esaustivo ma 
per il momento decido di fermarmi qui.
 
 Mi limito semplicemente a sottolineare quanto uno stile, inteso come "modo personale" 
di esprimere la propria arte, sia intimamente connesso alla personalità stessa dell'autore.
 
 "La via del fare è l'essere"... dicono gli orientali (4).
 
 Questo concetto, che ad una prima lettura risulta abbastanza ovvio, è di fondamentale 
importanza se si vuole utilizzare la presa di coscienza del proprio stile 
come strumento terapeutico, come mezzo cioè, di conoscenza e maturazione del sé 
e non, semplicemente, come uno strumento oggettivo di critica musicale.
 
 Ritornando all'interpretazione del brano ci terrei prima di tutto a puntualizzare 
che per quanto uno stile vocale non sia determinato soltanto da un modo personale 
di usare la voce ma coinvolga anche diversi altri fattori, io insisterò prevalentemente 
sull'aspetto timbrico in quanto questo aspetto della vocalità rientra, più degli 
altri, nell'ambito delle mie competenze. Almeno per il momento.
 
 Tuttavia, nonostante trovi questo mio stile vocale molto interessante, così come 
ho già accennato precedentemente, esso va indubbiamente perfezionato.
 
 Necessita, infatti, tra le altre cose, di una maggiore padronanza della gestione 
dell'apparato fonatorio che vada ben oltre la semplice ‘conoscenza' della tecnica 
vocale. Gestire le timbriche vocali in modo da passare attraverso sonorità differenti 
senza cioè utilizzare un'unica modalità di emissione, conservare un'emissione vocale 
che sia spontanea e a tratti ‘imperfetta', in altre parole, ‘dipingere con la voce', 
non è cosa affatto semplice.
 
 Prendiamo per esempio la frase Would it be wrong to try che abbiamo avuto 
modo di ascoltare nell'esempio - 1
 
 Mantenere un suono leggero ma che, allo stesso tempo non sia statico ma sia ‘fluttuante', 
su una sequenza di note ascendenti che per ragioni di testo vanno legate in un'unica 
frase, cercando, allo stesso tempo, di conservare la morbidezza del suono senza, 
quindi, né irrigidirlo né tanto mento renderlo stridulo, è un'impresa piuttosto 
complessa e richiede una capacità di gestione della pressione del fiato e della 
maschera non indifferenti.
 
 Lo stesso dicasi per la delicatezza e musicalità con cui mi sono avventurata nelle 
"zone di passaggio" della voce in brani come "You Better Go Now" (vedi 
esempio 3) o "Dream" (vedi 
esempi 5 e
6) o ancora "Estate" (vedi 
esempio 10).
 
 Ma non è stato soltanto il modo di usare le timbriche ad essermi piaciuto. Mi è 
piaciuta molto anche la capacità di raccontare e di raccontarmi attraverso il testo 
o ancora quella di muovermi nella musica ‘fluttuando'. Solo per citarne alcuni. 
E qui, devo riconoscere, si sente molto forte l'influenza degli insegnamenti dei 
miei due principali maestri. In ordine di apparizione, ma non certo di importanza, 
Billie Holiday e Barry Harris. Una cantante e musicista lei, un musicista 
e cantante lui.
 
 In questa conversazione sono stati toccati moltissimi argomenti interessanti che 
meritano di essere ripresi e sviluppati tuttavia credo che per il momento abbia 
già detto abbastanza.
 
 Concludo dicendo che questo ciclo di conversazioni verteranno principalmente sull'analisi 
e sugli sviluppi di questo mio stile vocale ma non si limiteranno a questo. A seconda 
dei generi o anche del contesto in cui si canta o ancora della tonalità in cui si 
sceglie di cantare, una voce può, infatti, assumere diverse modalità espressive 
pur senza perdere la propria individualità. Ho intenzione, quindi, di prendere in 
esame anche questo aspetto della ricerca. Mi propongo inoltre di analizzare oltre 
ai traguardi raggiunti durante le varie tappe della mia crescita vocale anche le 
procedure che mi hanno permesso di superare i diversi ostacoli che ogni processo 
di crescita, inevitabilmente, comporta.
 
 A presto, 
Sandra Evangelisti.
 
 NOTE:
 (1) In lingua inglese sono state scritte tre versioni differenti 
del testo. Una dal titolo "Maybe This Summer" registrata da Peggy Lee nel 1965, 
Un'altra dal titolo "Estate" (Summer) scritta da Joel E. Siegel per Shirley Horn 
(1987) e una terza dal titolo "In Summer" scritta da Jon Hendricks nel 1990. Il 
testo in italiano è di Bruno Brighetti. "Estate (song)",
https://en.wikipedia.org/wiki/Estate_(song)
 
 (2) È d'obbligo a questo punto rimandare il lettore alle lezioni da me scritte su 
Anita O'Day e pubblicate sempre su jazzitalia, a cui, come è più che evidente, mi 
sono ispirata per l'impostazione di questo lavoro.
 
 (3) Nicola Zingarelli, Lo Zingarelli 2007: vocabolario della lingua italiana, Bologna: 
Nicola Zanichelli, Ristampa 2007 della XII edizione, pp. 2243, + cd-rom.
 
 (4) "Lao Tzu", https://it.wikiquote.org/wiki/Laozi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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| Questa pagina è stata visitata 1.214 volte Data pubblicazione: 07/10/2017
   
 
 
 
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