Kenny Barron Trio
Gioia del Colle (BA), 3 novembre 2006, Ueffilo Jazz Club
di Alberto Francavilla e Adriana Augenti
foto di Marco Losavio
Primo appuntamento per quanto riguarda la stagione invernale dell'Ueffilo.
L'accogliente jazz club si conferma uno dei palcoscenici più appetitosi in terra
pugliese, grazie ad un'apertura di stagione davvero col botto. In esclusiva per
il Sud Italia, infatti, si esibisce a Gioia il
Kenny Barron
Trio, una delle formazioni più interessanti del panorama internazionale. La
portata dell'evento ha condizionato inevitabilmente anche l'organizzazione della
serata: per via delle numerose richieste pervenute, anche ben al di fuori della
provincia barese, il concerto è stato diviso in due set, in modo da cercare di accontentare
più gente possibile.
Il clima che si respira è quello delle "grandi occasioni", e lo
si capisce già dalle parole emozionate di Marco Losavio, direttore artistico
del locale e presentatore per l'occasione. Non potrebbe essere altrimenti: per gli
addetti ai lavori,
Barron
è un monumento vivente, ha suonato appena maggiorenne con Dizzy Gillespie,
poi con Freddie Hubbard, Stanley Turrentine (giusto per citarne alcuni),
fino a legare indissolubilmente il proprio nome a quello di
Stan Getz, che ha accompagnato fino alla fine dei suoi giorni.
Non
essendo dunque in discussione il valore di
Barron
in quanto musicista e compositore, c'era curiosità per l'esperienza come leader
di questo trio. E anche in questo caso l'esame è superato a pieni voti. Sia il contrabbassista
giapponese Kiyoshi Kitagawa che il batterista cubano Francisco Mela
si sono dimostrati compagni di viaggio affidabili e più che preparati.
Per infuocare il clima gelido che si respira fuori (temperatura sotto
zero e neve che fiocca abbondante) c'è bisogno, dopo una degustazione di vini e
prodotti locali, dell'inizio dell'esibizione, che da subito infiamma i presenti
in sala.
Sia primo che secondo set alternano composizioni di
Barron
con standard più "stagionati". Si parte con "And then again"
del pianista americano ed è subito Mela a mettersi in mostra: parte suonando
con una bacchetta ed una mano, e mantiene un tempo swing; poi, improvvisa, scatta
un'accelerazione da brividi, il groove di Kitagawa diventa incessante, la
batteria sembra poter esplodere da un momento all'altro.
Barron
interpreta da par suo il ruolo di gran cerimoniere, mantenendo apparente distacco;
grazie al suo incedere elegante ed alla sua postura regale, pare uscito da un'altra
epoca. Il gioco di interplay è assolutamente perfetto, Mela è il più divertito,
Kitagawa si lascia andare a vocalizzi che caratterizzeranno tutta la sua
performance, mentre
Barron,
con occhiate da padre severo, riesce ogni volta a ristabilire l'ordine; sono contrabbasso
e batteria, infatti a lasciarsi andare sovente a lunghi assoli.
La conferma arriva col secondo pezzo, "Song in
5/4", dal sapore vagamente caraibico, del quale
Barron
confessa di non ricordarsi il nome, ma di suonarlo ormai da tanti anni. Dopo un
intro di piano, si scatena Francisco Mela, che si esibisce in numeri da circo;
la sua esecuzione è straripante, e colpisce lo spettatore non solo per la costante
decostruzione e ricostruzione dei tempi, ma anche per la fisicità con la quale il
batterista cubano dimostra il suo legame viscerale con lo strumento: le sue piroette
e i suoi contorsionismi hanno arricchito lo spettacolo anche di un grande impatto
visivo.
Nella successiva "I thought about you"
di Van Heusen finalmente è il piano ad assurgere a protagonista della scena, non
a caso Barron
specifica che si tratta della sua "favourite ballad". Con "Um
beijo" (altra composizione di
Barron)
gli strumenti tornano ad intrecciarsi in maniera un po' più articolata, con Kitagawa
che tiene il tempo, Mela, in piena trance concertistica, che continua a regalare
spettacolo, e
Barron che disegna melodie accattivanti.
Ma l'apice di questo primo set viene raggiunto senz'altro durante l'esecuzione
di "Softly as in a morning sunrise", in cui
il ritmo, abbastanza alto durante tutto l'arco di questo primo scorcio di serata,
ora assume pieghe vertiginose: le dita di
Barron
sembrano danzare, anzi quasi volare con leggiadria sulla tastiera, nonostante il
musicista mantenga una compostezza ed una postura "regali" e non si scomponga affatto;
il walking di Kitagawa è impressionante, a conferma di quanto il musicista
giapponese abbia attinto dal bagaglio del suo "idolo" riconosciuto Ron Carter;
Mela dà ancora una dimostrazione del proprio eclettismo, esibendosi in un
assolo tambureggiante che rimanda ad atmosfere afro. Il primo set finirebbe qui,
ma un pubblico entusiasta chiede a gran voce il bis, e viene accontentato da
Barron
con un piano solo da brividi. Ma adesso la prima parte dello show è davvero giunta
al termine.
All'apertura del secondo set la situazione di attesa è tutt'altro che
mutata.
La neve che è incredibilmente calata sulle strade pare non aver demoralizzato
tutti quegli avventori che avevano provveduto ad assicurarsi la seconda parte di
quello che potremmo definire un evento unico. Il trio di
Kenny Barron
è stato, grazie all'impegno del direttore artistico e del locale tutto, un'esclusiva
per il sud Italia.
Ed
all'organizzazione va anche il merito di aver saputo gestire i due set, nonostante
le difficoltà innegabili che la situazione ha comportato.
Pubblico diverso, stesso trio ma concerto che pur seguendo il filo ci
offre una line-up totalmente differente.
Il dialogo tra i tre si estende fin da subito.
Su
"One finger snap", di Herbie Hanckok, alle dinamiche
di Barron,
che mantengono la linea melodica, si contrappone il vigore di Mela, che con
lo sguardo sempre rivolto verso il leader sembra voler prendere corpo col suo strumento
al punto da far confondere le bacchette con le sue stesse mani.
Ed è sempre il batterista a catturare l'attenzione del pubblico anche
sui brani a seguire, da "Nikara's song", brano
di Barron
dedicato alla nipote, interpretato dai tre con il dovuto omaggio alla magistrale
abilità di compositore del pianista, passando tra tempi swinganti ad accelerazioni
con consapevolezza e maestria, a "New York Attitude",
dall'album omonimo, in cui al contrabbassista Kitagawa spetta il compito
di ricondurre il tutto a quella liricità cui fin dall'inizio ci ha abituati.
Mela continua ad essere uno spettacolo per le orecchie e per la vista
durante la performance tutta, mentre
Barron,
con la compostezza che si confà ai grandi, guida i suoi compagni di note tra soli,
dinamiche ed accelerazioni su tempi veloci che di certo impressionano un pubblico
che ha da tempo dimenticato il freddo della strada.
E così su "The very though of you"
e su "Cook's Bay", tra il suono del contrabbasso,
le spazzole della batteria e … e la grandezza del leader, assistiamo scossi solo
dalle vibrazioni della musica e dei tre musicisti, che ormai oltre ad essere parte
unica con i loro strumenti lo sono anche con noi.
Ma la scena si ammutolisce lasciando l'unico spazio possibile alle note
del piano nel bis, in cui il nostro si concede a noi con un brano originale dedicato
ad Abdullah Ibrahim in un piano solo, pieno ed elegante, che risente
di tutta la spiritualità, umiltà e bravura del maestro.
All'esterno la neve ha smesso di cadere!
| "Road Song" Tony Monaco,Eddy Palermo, Flavio Boltro,Ray Mantilla and friends Tuscia in Jazz 2008Tony Monaco,Eddy Palermo,Flavio Boltro,Paolo Recchia,Francisco Mela, Geggè Munari, Ray Mantilla,Carl PotterEddy PalermoArenown... inserito il 20/11/2008 da lermici - visualizzazioni: 6415 |
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Data pubblicazione: 07/01/2007
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