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Convincente quanto ben delineato il progetto di Roberto Mazzoli alla sua
prima uscita discografica: ben levigato nei disegni armonici, intenso e sentito
nei testi e in un canto "discreto", lontano dalle usuali iperboli che spesso caratterizzano
il repertorio sudamericano.
Il carattere e la sensibilità del giovane autore
prendono forma nel fraseggio intimo, nella volontà di non enfatizzare le parole
né la pronuncia portoghese: l'album sembra percorrere un diario di vita e di esperienze
musicali narrato sottovoce e con passione, con discrezione, con emozione sincera
sia nell' ideazione delle armonie sia nella ricerca di una velatura di "saudade"
nel modus strumentale.
Il tocco chitarristico di Mazzoli è sapiente, solare, a tratti impressionistico,
vicino alla tradizione del samba e allo stesso tempo originale, spontaneo, istintivo,
talora incline al tipico andamento della bossa nova.
Nel senso indicato ascoltiamo con piacere "Falta de Setembro", mossa da pathos
e da un lirismo coinvolgente – ben cantata nella lettura italiana – sussurrata fra
accordi attenti e da un'inventiva strutturale davvero personale; allo stesso modo
la "triste" "Assim popular", sostenuta da un accompagnamento tenue e da uno
stile solistico di una brillantezza semplice e commossa.
Ottima la scelta degli strumentisti ospitati, sempre equilibrati ed in linea
con l'intenzione essenziale dell'album, quella di esprimere "dentro un raggio di
sole / un albeggiare che a volte fa male…i desideri, i sogni…momenti di gioia e
di pace" ("Mancanza in Settembre").
Abbiamo assistito alla presentazione dell'album presso la Biblioteca "Rinascita"
di Roma; disponibile e affettuoso come sempre, Roberto ha davvero voglia di parlare
della sua poetica.
Ti va una presentazione?
Certo! Il mio nome è Roberto Mazzoli e sono nato 36 anni fa a Senigallia, nelle
Marche, da una famiglia di lavoratori, e sono un musicista autodidatta. Mio fratello
maggiore Massimo, che per qualche anno ha studiato l'organo ed amava la musica italiana
ed il pop anglosassone, mi ha fatto trovare in casa il primo strumento musicale
che anch'io, ad 8 anni, ho cominciato a suonare seguito da un maestro. Ma suonare
i classici del liscio della riviera non mi ha mai convinto. Così, a 13 anni, decido
di passare alla chitarra elettrica folgorato dall'ascolto di" Mannish Boy" di
Muddy Waters. E così prosegue a cascata il percorso che dal blues di Robert
Jonhson passa per l'hard rock, la psichedelia, con escursioni nel punk e nella new
wave, passa per i grandi cantautori italiani e stranieri, scivola nel grunge, si
immerge nella world music ed approda timidamente al jazz attraverso Miles Davis,
Chet Baker
e
Stan Getz. L'adolescenza se ne era andata da un pezzo e i dischi
che ascoltavo ora portavano il nome di Coltrane,
Bill Evans
e Dexter Gordon. Studiavo il sax in quel periodo e Parker era un must
ma non sono mai riuscito ad entrare davvero nella meraviglia del linguaggio bop,
era troppo difficile! Poi mi ero distratto ancora mettendomi a studiare la fisarmonica
con Simone Zanchini, attratto dal klezmer e da
Antonello
Salis ma, anche in questo caso, lo studio si è interrotto dopo qualche
anno per l'eccessiva ambizione, o almeno così penso oggi. La chitarra rimane il
filo conduttore però, che diviene oggetto di studio a fasi alterne, principalmente
di natura classica. Nel frattempo mi laureo in Psicologia con una tesi sulla psicologia
della musica e comincio una carriera da lavoratore precario che, nel
2009, trova il suo acme quando decido di dedicarmi
(quasi) a tempo pieno, all'attività di musicista. Paradossalmente la mia natura
eccessivamente curiosa, e credo un po' ansiosa, si rivela in questa fase molto utile,
poiché il mio piccolo polistrumentismo mi apre le porte del rapporto con il teatro,
nel quale alla musica viene richiesto un compito speciale, quello di evocare atmosfere
e suggestioni, in una dimensione densa di emotività davvero molto interessante.
E poi c'è il Brasile, naturalmente!
Come hai scoperto la musica brasiliana?
Guardandomi indietro credo di poter affermare che la prima origine sia stata, su
un piano inconsapevole, la grande passione che ho nutrito intorno ai 17 anni per
Pino Daniele. Lo dico ora poiché ricordo che già diversi anni fa, prima dell'incontro
vero con la MPB, mi divertivo a riarrangiare alcuni dei suoi brani che preferisco
in chiave bossa nova, e lo facevo spontaneamente, per puro divertimento. Poi per
puro narcisismo autobiografico sono solito datare l'incontro travolgente con il
portoghese brasiliano il 10 luglio 2006, a Perugia,
quando ho assistito al concerto in solo di
Caetano
Veloso ad Umbria Jazz. Delicatezza, eleganza, umanità, unite ad interpretazioni
in grado di evidenziare ogni singola sfumatura di bellezza contenuta nelle melodie
cantate. Comincia così, dalla mattina successiva, l'ascolto dei maestri, il perfezionamento
sullo strumento e lo studio della lingua portoghese, lo studio del canto e l'inizio
timido di una prima composizione. L'incanto della Musica Popolare Brasiliana prende
corpo assieme ad un incontro decisivo, con Rogerio de Oliveira, carioca residente
in Italia, ex percussionista di Luiz Gonzaga, che mi comunica il samba, il
balanço, attraverso dischi, filmati, piatti tipici, cachaça, libri e film fino ad
un intenso viaggio a Rio de Janeiro, più di un anno dopo. L'amicizia con Rogerio
De Oliveira, proprio come dice Vinicius De Moraes quando afferma che
"la vita è l'arte dell'incontro", è stata la chiave di volta della mia decisione
di affrontare la musica brasileira. Ci siamo conosciuti per mezzo dei suoi figli
che frequentavano un centro culturale in cui ero attivo fino al
2008, io ero appena impazzito per la meraviglia
del rapporto melodia/armonia che c'è nella mpb, e lui ha cominciato a frequentare
la mia sala prove la domenica pomeriggio portandosi un furgone pieno di percussioni.
Mentre io provavo a cantare accompagnandomi Chega De Saudade, lui insegnava
ad un gruppo di aspiranti musici il samba, passando il pandeiro, la cuica, il surdo,
il tamborim, ecc. fra le mani dei ragazzi mostrando come andavano suonati, improvvisando
per ore piccoli gruppi di batucada. Non ho potuto fare a meno di unirmi a loro e
così, senza mediazioni che non il ritmo, siamo diventati conoscenti e poi grandi
amici. Mi ha passato dischi indimenticabili, mi ha cucinato la farofa e la fagiolata
carioca, mi ha insegnato a pronunciare il portoghese ed ha scritto un paio di testi
per me (Esta-çao e Assim Popular). Poi, nel dicembre
2008, si è unito a me nel viaggio a Rio de Janeiro,
dove non tornava da 8 anni. Mi ha portato nelle periferie a 50 km dal centro, dai
suoi parenti e poi a Copacabana, da un suo amico (lo Jorge a cui è dedicato lo choro),
e da li la spiaggia, i locali della Lapa, dove ho conosciuto musicisti eccezionali
come Carlinhos Leite (chitarrista di Jacob do Bandolim), Rogerio Souza,
un chitarrista di 7corde e produttore di Niteroi da cui ho preso delle lezioni e
Ronaldo do Bandolim, bandolinista del Trio Madeira. Quest'ultimo mi ha portato
con se nelle notti carioca e mi ha fatto suonare dal vivo in una festa privata al
quartiere della Tijuca davanti a una corposa tavolata di brasiliani della classe
media, esperienza che ho vissuto come una specie di iniziazione (racconto tutto
in Comida no Rio), come il suggestivo rito dell'Umbanda a cui ho poi partecipato.
Poi il passaggio a Bahia, per la seconda parte del viaggio, la parte "africana"...
Quali autori consideri punti di riferimento?
La lista sarebbe molto lunga, dato il rapporto straordinario tra quantità e qualità
che il continente Brasile ci offre da molti anni…Si tratta di un universo esteso
e variegato che in me produce fasi di innamoramento ed approfondimento che si susseguono…Antonio
Carlos Jobin è da considerarsi, a mio avviso, uno dei più importanti compositori
di musica popolare del '900. Potrà apparire
una esagerazione ma, basta ascoltare la versione di "Luiza" con Edu Lobo
per sperimentare una vetta del "Bello" artistico. Pensa che una volta per decidere
se acquistare o meno, in libreria, una interessante enciclopedia della musica tascabile,
sono andato a vedere se Jobim appariva tra le voci del 900 e, non avendolo trovato,
ho abbandonato il mio proposito! Amo moltissimo Chico Buarque, anche come
scrittore di romanzi,
Caetano
Veloso, autentico rappresentante della "antropofagia" brasileira insieme
a Gilberto Gil. Che dire poi di Baden Powell?... del giovane Yamandù
Costa e di Hamilton de Hollanda? Guinga, raffinatissimo e imprevedibile….poi
mi viene da saltare ancora indietro…Noel Rosa, Cartola, ovviamente
Pixinguinha, Ernesto Nazareth, Moacir Santos….La delicatezza
intellettuale e popolare di Vinicius De Moraes, Dorival Caymmi,
Aldir Blanc, Milton Nascimento, Ivan Lins, Djavan…Ma, avendo
io una predilezione per il samba, il compositore dalla cui sensibilità mi sento
più attratto, in questa fase, è certamente Joao Bosco. Mi piace da matti!
Però debbo aggiungere che, a fianco della tradizione autorale, va ricordata quella
interpretativa, di notevole spessore…basti pensare al samba sublime di Joao Gilberto,
di Toquinho, alla vocalità di Elis Regina e di Maria Bethania,
Rosa Passos e Ney Matogrosso. In ogni caso, va detto, si tratta di
una ipotesi di lista che non può davvero rendere giustizia, data la straordinaria
ricchezza della MPB…Perché non citare il Trio Madeira, Rogerio Souza,
Seu Jorge, Mart'nalia e Teresa Cristina. Vabbè mi fermo..ma
di sicuro mi accorgerò di aver tralasciato nomi importanti!
Oltre ad aver scritto "Assim popular" con De Oliveira,
di un solo brano non sei l'autore; rileggi "O bèbado e a equilibrista" di Joao Bosco,
perché questa scelta?
Innanzitutto perché è una canzone bellissima che, come Chega De Saudade,
rappresenta un punto di riferimento nella cultura brasiliana che ho avuto modo di
conoscere, se la intoni, tutti la cantano insieme a te, come alcuni brani di
Chico Buarque, penso a Quem te viu, Quem te ve, sembrano patrimonio collettivo.
La sua ricchezza armonica e melodica, unita alla irresistibile pulsazione del balanço
con cui Joao Bosco suona la chitarra e canta (faccio riferimento alla versione
live in solo) hanno fatto sì che la scelta avvenisse in modo spontaneo. E poi
Joao Bosco è davvero fantastico, ha scritto e scrive cose che non mi stancherò
mai di ascoltare e studiare. Nella composizione del pentagramma hai scelto "brevi
quadri" espressivi, secondo la tradizione del samba e della bossa nova… La composizione
è un territorio dell'inconscio che, quando emerge, deve affiancarsi alla dedizione
e alla continuità, allo studio e alla ricerca, all'ascolto e alla distrazione. Ha
un suo tempo specifico, assolutamente cangiante e sfuggente. Non ricordo chi lo
disse ma trovo appropriata quella definizione che afferma che le canzoni nascono
dall'intuizione di un autore e poi vivono una vita propria. Decidono loro cosa diventano
e come, poiché la musica è un fatto prima relazionale che personale, si interfacciano
col mondo e si trasformano senza previsione, durante una prova, un concerto o nel
dormiveglia. In "Falta de setembro" c'è tutto un periodo molto intenso della
mia vita, che ricorre nei testi e nelle partiture, c'è samba e bossa nova, uno chorinho
e un brano chitarristico…c'è un immaginario che dipinge una serie di incontri per
me importanti. Non è facile per me ragionare sulle mie canzoni, temo sempre di cadere
nella autoreferenzialità, perciò posso soltanto dire che sono canzoni oneste, non
so se son belle. Anche perché vorrei che emergesse uno stile, un embrione di stile,
il più possibile personale, non so fino a che punto ciò emerga, ma non sta certo
a me dirlo! So di essermi goduto moltissimo, con lentezza e dedizione, la scelta
degli arrangiamenti e dei musicisti a cui li ho affidati, tutti davvero bravissimi,
che ringrazio di cuore, per la capacità di cogliere le indicazioni non scritte sulle
parti. E' stata una esperienza di grande partecipazione! Forse non ti ho ancora
risposto, sono "brevi quadri espressivi" perché son canzoni, nel senso proprio del
termine, non mi ritengo all'altezza di scrivere altro! Questo disco è un ringraziamento,
un omaggio, forse anche un mezzo di divulgazione di una cultura musicale che ha
cambiato la mia vita, che mi ha fatto recuperare un rapporto di unicità con la chitarra,
con la voce, con la composizione, che mi ha restituito piacere e relax nel rapporto
con la passione vitale che ho per l'arte musicale…
Musica brasiliana e musica italiana, due repertori lontani
ma vicini…
Bisogna dire che la musica popolare brasiliana, grazie al successo planetario che
negli anni 60 e 70 ha avuto la bossa nova, è riuscita a conquistare uno spazio d'espressione,
di contaminazione, di imitazione un po' ovunque. Il rapporto con l'Italia, per quanto
io sia in grado di parlarne, è molto stretto in relazione alla fortissima emigrazione
nostrana in quel paese da più di cent'anni, in musica alla fascinazione che la tradizione
Operistica italiana ha prodotto nella borghesia brasiliana, la canzone napoletana
ed il Festival di Sanremo, che ispirò molti concorsi di canzoni omologhi. La mia
piccola esperienza di italiano immerso per un po' di tempo nella classe media carioca
mi ha rimandato una grande affezione per la cultura italiana intesa in due direzioni:
una calcistica e l'altra legata all'immagine della "Dolce Vita" felliniana, a Mastroianni,
Sofia Loren e Peppino di Capri! Ma, a parte gli scherzi, tutti conosciamo
la frequentazione assidua che gli artisti brasiliani hanno manifestato per il nostro
paese, da Vinicius a Chico Buarque, da Toquinho a Joao Gilberto
e l'amore per il suono tropicale di Ornella Vanoni, Sergio Endrigo,
alle citazioni di Piero Piccioni ed Ennio Morricone…fino a Fiorella
Mannoia. Da una parte la qualità della MPB, quando arriva, provoca una attrazione
forte, e dall'altra, probabilmente esiste un sentire comune tra due culture così
lontane ma così caratterizzate per l'attenzione alla cura della melodia, alla cantabilità
ed alla narrazione. Anche se oggi in Italia, mi pare che ciò sia molto lontano dalla
quotidianità della proposta musicale maggioritaria.
Quali musicisti del panorama attuale consideri davvero
di attenzione?
Io, senza dubbio alcuno, vivo una lunga fase post-moderna, nel senso che dopo tanto
inseguire ed ascoltare le novità discografiche, sono anni che procedo all'indietro,
nel desiderio di colmare buchi e ricercare la bellezza nel passato, nel jazz, nella
MPB, nella musica classica, in certa musica black. Mi sento uno studente che ha
moltissimo da imparare. Nel mio disco, dopotutto, c'è musica che potrebbe avere
una quarantina d'anni buoni!! Trovo notevolissimi Yamandù Costa e Guinga
nel panorama brasiliano, ma aspetto con ansia il nuovo lavoro di Chico Buarque
e spero Joao Gilberto incida ancora! Trovo che
Gianluca Petrella
e Dado Moroni
siano in ottima forma, ma ho voglia di Shorter e Hancock, ascolto
con grande piacere il lavoro dei Sinenomine di
Alessandro
Girotto ed il secondo cd del quartetto di Alice Ranieri.
Quali sono i tuoi progetti?
Promuovere questo lavoro, suonarlo dal vivo, il più possibile, giocare con gli arrangiamenti
e trasformare i brani attraverso l'interplay con i compagni musicisti. Crescere
come cantante, chitarrista e compositore, perciò scrivere, studiare e ricercare.
Divertirmi, stupirmi, senza mai prendermi troppo sul serio, raccontare storie, incontrare
persone, fare amicizia. Far sapere che di persone come Paolo Piangiarelli, il mio
produttore della Philology, ce ne vorrebbero moltissime, per l'amore sincero che
ha per la musica e per la fiducia che ha nei giovani emergenti. Ma, sempre che io
me lo meriti, chissà se in questo paese è ancora possibile…
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 02/05/2010
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