Scilla Jazz Festival 10/12 agosto agosto 2018
di Vincenzo Fugaldi
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Una formula semplice ma vincente, quella prescelta dal giovanissimo
festival calabrese: un luogo suggestivo ove tenere i concerti (l'antichissimo Castello
Ruffo, che guarda verso Messina separando le due spiagge di Scilla, Marina Grande
e Chianalea), l'attenzione per il jazz di qualità e l'entusiasmo contagioso del
direttore artistico. Francesco Barillà ha selezionato alcuni tra i migliori talenti
della scena jazzistica italiana, per una seconda edizione del festival sullo Stretto
che, nella parte che chi scrive ha seguito, si distingue e si segnala per l'opportunità
delle scelte artistiche, per la campagna di comunicazione, per il coinvolgimento
di numerosi partner locali.
Il trio "MJL3io" è costituito dal chitarrista
Luigi Masciari, dal pianista Giampiero Locatelli e dal batterista
Pietro Iodice.
Musicisti di notevole esperienza (Masciari collabora stabilmente con
Paolo Damiani,
Locatelli nel 2017 ha pubblicato un ottimo cd in trio per la prestigiosa Auand intitolato
«Right Away», Iodice è uno dei batteristi italiani più attivi e richiesti),
per un trio che ha eseguito belle composizioni originali, tutte composte da Masciari
e una da Locatelli, con esiti di notevole impatto e con una piena interazione. Il
riferimento del trio è la via maestra del jazz statunitense bianco di oggi (Rosenwinkel,
Scofield), ben sostenuto dal duttile sostegno ritmico di Iodice. Assolo significativi,
uso delle tastiere accorto ed efficace che rimpiazzava anche il ruolo del basso,
per un concerto che ha pienamente soddisfatto le aspettative del pubblico del festival.
Gabriele Mitelli, miglior nuovo talento nel Top Jazz del
2017, ha intrapreso, oltre l'ardita pratica dei concerti in solo, delle avventure
creative in duo, una con l'altro trombettista Rob Mazurek e una con il pianista
inglese Alexander Hawkins. Quest'ultima formazione ha animato la seconda
serata del festival, con un set caratterizzato dall'improvvisazione e da una intensa
interpretazione della splendida You Ain't Gonna Know Me ('Cos You Think You Know
Me) di Mongezi Feza. Nel suono di Mitelli si sente pienamente l'influenza di
Don Cherry, sia per la scelta degli strumenti (la pocket cornet, ma anche
un flicorno contralto e un sax soprano curvo in Sib nel cui utilizzo richiama Roscoe
Mitchell) che per il fraseggio e per l'approccio improvvisativo. In Hawkins si percepisce
una totale padronanza del pianismo jazz contemporaneo, da Tyner a Cecil Taylor,
senza trascurare Monk. Iniziato con una suggestiva passeggiata sonora sulla terrazza
sovrastante il palco, il concerto, a tratti contrappuntato con sobrietà dall'elettronica
di Mitelli, si è sviluppato all'insegna di una totale empatia, costituendo una magistrale
lezione di jazz contemporaneo, ardito ma sempre leggibile, per ascoltatori aperti
alla creatività e alla sorpresa.
A chiudere la serata, l'interessante proiezione del docufilm
Gramsci 44, di Emiliano Barbucci. Avvalendosi della fotografia di
Daniele Ciprì e delle musiche di Marco Betta, il regista ha ricostruito i quarantaquattro
giorni del confino di Antonio Gramsci a Ustica, intervistando alcuni anziani dell'isola,
costruendo un documento audiovisivo di notevole importanza per ricostruire la vicenda
della Scuola dei Confinati Politici creata da Gramsci nell'isola, argine contro
l'analfabetismo.