Roberto Fonseca si è definitivamente affrancato dalla ingombrante "ombra"
di Ibrahim Ferrer e dall'essere riconosciuto come "il pianista" del leggendario
cantante di Santiago di Cuba. L'appena trentaquattrenne musicista cubano, figlio
d'arte (padre batterista e madre cantante professionista) ha già all'attivo cinque
album da leader ai quali si aggiunge la sua ampia partecipazione - anche come autore
- nel gruppo Temperamento per l'album En El Comienzo (1999).
Il suo bagaglio si è progressivamente – ed anche velocemente – arricchito, sia
per stile che per linguaggio e di tanto ne è stata fenomenica prova Zamazu,
album licenziato nel 2007. L'ampliamento di
cubatura si tocca con mano in Akokan, iridescente
produzione che, pur sottolineando il radicato stile cubano di Fonseca, verdeggia
di un ecumenico ventaglio di influenze musicali accumulate dal Nostro nel corso
delle sue esperienze e del suo gusto per la ricerca. Si ascolta african modern jazz
in Lo Que Me Hace Vivir con le sue variazioni
melodiche e dinamiche, pulling off, note controllate nell'attacco; così come
La Flor Que No Cuidé che assume una dimensione
orchestrale, con la mano destra morbida e incisiva tesa a staccare le note essenziali.
Sbalzi disinvolti che portano al funk di El Ritmo De Tus
Hombros ed alle fragranze balcaniche di Bulgarian,
con bella prova di Javier Zalba al clarinetto ed un'ottima tessitura da parte
di Omar González e Ramsés Rodriguez. Attraversa le banlieues di Parigi
Como En Las Peliculas, dal tempo complesso.
La fascinosa pienezza della voce di Mayra Andrade lascia emergere i richiami
alla latina madrepatria (Siete Potencias).
Akokan (cuore, in Yoruba, koinè dialettale dell'Africa occidentale) rappresenta
un deciso passo verso la maturità artistica di questo giovane talento.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/08/2009
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