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Keith Jarrett - Gary Peacock - Jack De Johnette Standard Trio
Verona - Arena, 19 luglio 2004
di Vito Mancino e Nicola Lott


 

Il concerto all´Arena di lunedì 19 luglio 2004 non ha tradito le aspettative del grande pubblico: una gran parte di esso ha infatti continuato ad applaudire ad ogni solo i complicati fraseggi dall'inimitabile tocco del pianista jazz più famoso del mondo.

Tuttavia, c'è chi, come noi, non è stato completamente catturato dalla performance del trio, forse a causa della schiavitù delle aspettative a cui siamo miseramente e nostro malgrado sottoposti. Fatta eccezione per il grande Gary Peacock, che non ha smentito la meritata fama regalando meravigliosi momenti musicali, il trio sacro ha infatti per alcuni aspetti tradito la fiducia accordatagli da così tanti spettatori.

Diventa presto chiaro durante l'ascolto che lo storico trio ricerca una precisa forma, definita nei minimi dettagli, di equilibrio tra timbrica, dinamica ed interplay. Nove brani in tutto. Il primo set, con la serie dei primi sei, si è aperto con la powelliana Hallucinations, De Johnette e Jarrett ancora poco fluidi. Summer night, poi All the things you are, non ancora al meglio, con un solo di piano un po' spezzettato, trova una magnifica chiusura. Con You belong to me il gruppo inizia decisamente a girare bene, a regalare ottima musica. Siamo già al quarto brano. Fantastiche interpretazioni di One for Majid e di I'm going to laugh you right to my life. Il secondo set si è sviluppato benissimo con la celeberrima Straight no chaser, standard monkiano, e Tennesse's waltz, rifinito da un sofisticato gusto country. Infine God bless the child, una profonda trance indotta dall'ipnotica mano sinistra di Jarrett, su cui ricami e fraseggi cadono con superba musicalità. La folla è in ieratico silenzio. Questo secondo set ci fa godere della sinergia, della sintesi perfetta di quella precisa forma ricercata durante il primo tempo, peccato duri troppo poco.

Umilmente però ci chiediamo: qual è il limite di una ricerca formale spinta sino a tale quota di purezza? E' evidente che di un concerto improntato sulla filosofia musicale jarrettiana vanno gustati i picchi; le pianure restano e devono forse essere accettate così, in quanto contraltari di cotanta delizia estetica. Il rischio però è di ascoltare una musica eccessivamente abbottonata a scapito dell'interplay e dell'interazione tra palco e pubblico. Non tutti i giorni si è all'altezza dei propri begli ideali...

Comunque, chi voleva vedere il trio di Jarrett l'ha visto; magari non a tutti interessava sentirlo. Infatti, nonostante grandi cartelli agli ingressi e la chiara voce dello speaker vietassero riprese fotografiche e video, nonostante l'ennesima secchissima richiesta dello stesso Jarrett ("no photographs, no photographs, no photographs, no photographs; no videos, no videos, no..."), tra brano e brano, lungo tutto il concerto, era un continuo sfavillìo di flash. D'altra parte era prevedibile, data la numerosità del pubblico, qualche inconveniente: avere un pubblico di tale numerosità (circa 8.000 spettatori, ci dicono) implica inevitabilmente la possibilità che la massa si comporti da massa.

Stizzito e sdegnoso, e, lasciatecelo dire, oramai troppo star, Jarrett ha antipaticamente congedato il pubblico con un commento acido [1], rifiutando anche un solo bis. Peccato, c'è chi organizza degli eventi, come portare lo standard trio in Italia, e basta così poco, solo un pubblico poco disciplinato e lo snobismo di un artista, a rovinare una serata che poteva rivelarsi davvero bella.

Il grande evento di Veneto Jazz, il concerto del più blasonato trio jazz del mondo da vent'anni a questa parte, ospitato nel Tempio della musica operistica, ha lasciato, in definitiva, un certo amaro in bocca.


[1] Testualmente Jarret ha detto al pubblico che lo applaudiva perchè non smettesse di suonare "I don't deserve claps: this is common sense... „ [Non merito applausi, i miei sono concetti di senso comune]. Il pianista si riferiva al fatto che non c'è bisogno di prediche perchè il pubblico capisca che fotografare col flash durante un concerto è un'attività che reca parecchio disturbo ai musicisti.





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Data pubblicazione: 02/10/2004

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