Ron Horton Quartet
31 gennaio 2006 - SALUMERIA DELLA MUSICA, Milano.
testo e foto di Rossella del Grande
Il grande jazz può essere anche molto fresco e giovane. Questa è la sensazione
che ho provato fin dall'inizio, ascoltando
Ron Horton, Ben Allison,
Mike Sarin ed
Antonio Zambrini,
nel bel concerto del 31 gennaio 2006 alla
Salumeria della Musica,
a Milano, ottava tappa del loro recente e riuscitissimo tour.
Ron
Horton, il trombettista leader
del gruppo statunitense, in occasione di questi dieci concerti in altrettante città
italiane, ha infatti voluto nella propria formazione il nostro pianista e compositore
Antonio Zambrini,
con il quale aveva già avuto modo di suonare lo scorso anno.
Ne
è scaturita la notevole alchimia che abbiamo avvertito tutti: una ventata di freschezza
e di grandissimo coinvolgimento, in un contesto svincolato da schemi rigidi o precostituiti.
Jazz sapiente ma non accademico, in una interpretazione molto creativa
e disinvolta, dove l'interplay dei miti del passato si è evoluto a tal punto da
far scaturire in tempo reale un sound in perpetua evoluzione ad opera di tutti i
membri del gruppo, in un modo assolutamente equilibrato, senza che nessuno strumento
sia risultato privilegiato a discapito degli altri.
La formazione ha eseguito brani composti da Ron Horton, Mike Sarin, Andrew
Hill e Antonio
Zambrini. Diversi brani fra quelli composti da
Ron Horton
o dai propri compagni statunitensi
furono dedicati ad altri musicisti jazz che hanno rappresentato per loro grande
fonte di ispirazione, quali Thomas Chapin e Tony Malaby. Ma non solo.
Anche la musica colta del novecento è stata grande fonte di ispirazione per Horton
che ha citato il Lied "Saint Ita's Vision" (da Hermit Songs, di
Samuel Barber).
I brani che portano la firma di
Antonio Zambrini
(Antonia,
Bluesness,
Melampo), sono stati totalmente
rivisitati ed hanno messo in evidenza la grande versatilità pianistica del loro
autore, solitamente più vicino allo stile impressionista. Questa volta invece
Zambrini
ci ha presentato nuove sfaccettature, un pianoforte a volte percussivo e dissonante
che bene si intersecava con le note slegate del contrabbasso di
Ben Allison.
Negli assolo, abbiamo in parte riconosciuto lo
Zambrini
a cui siamo affezionati, lieve e lirico, ma comunque molto diverso dal solito.
Ron
Horton alla tromba ci ha regalato
timbriche molto varie. Suoni cristallini, frasi morbide fatte di note rilassate
e dolci, così come note nervose e minimaliste in fraseggi scheggiati. Il leader
del quartetto ha lasciato (sempre e molto equamente) ampio spazio all'improvvisazione
di tutti gli altri membri del gruppo.
Ben Allison, il contrabbassista
incredibilmente quarantenne (che all'età di 25 anni fondò l'ormai celebre Jazz
Composers Collective, con sede a New York),
ha
saputo trasmettere il proprio coinvolgimento con grande spontaneità e naturalezza.
Uno stile molto moderno che paradossalmente si rifà agli anni '30, primissimi anni
'40, prima cioè che venisse adottato il legato nel walking bass.
Allison in effetti spesso evita o
aggira il legato, suonando note staccate e con figure melodiche meno cromatiche
rispetto al mainstream. Nessuna ostentazione, nessun autocompiacimento.
Allison ci ha regalato un grande gioco di incastro con il pianoforte e la
batteria e ci ha permesso di capire cosa sia il piacere di suonare e di giocare
con i propri compagni, divertendosi visibilmente.
Il giovane batterista
Mike Sarin ha mostrato
a sua volta grande abilità e fantasia nel tessere complesse strutture ritmiche in
continua evoluzione. In alcuni brani ci ha trasmesso la sensazione di attraversare
tutto il jazz esistente, da accenni swing, al latin, fino a stili musicali più recenti
(funky) o addirittura contemporanei (hiphop). Nessuno stile è tuttavia prevalso
sugli altri. Sarin ha sfoderato infinite idee che ha saputo abilmente sfumare
una dentro l'altra, con grande fantasia per tutta la durata del concerto, stimolando
continuamente i propri compagni. Veramente magistrale la lievità di
Sarin nell'accompagnare gli assolo del contrabbasso, contrapposta alla propria
irruenza percussiva in altri momenti, dove ogni parte della batteria diventava uno
strumento a sé e faceva sentire la propria voce, con intersezioni poliritmiche notevoli.
L'esperienza di questi dieci concerti ha lasciato molto soddisfatti i
musicisti che ne sono stati protagonisti. Con queste parole infatti
Ron Horton
ha ringraziato i propri compagni americani,
ma soprattutto il nostro
Antonio Zambrini.
La disinvoltura e la freschezza creativa di questa formazione ha saputo
coinvolgere tutto il pubblico presente, abbattendo qualunque barriera fra i puristi
del jazz più classico e gli estimatori del jazz moderno.
Auguriamoci che questa bella avventura possa continuare.
28/11/2009 | Venezia Jazz Festival 2009: Ben Allison Quartet, Fabrizio Sotti trio, Giovanni Guidi Quartet, Wynton Marsalis e Jazz at Lincoln Center Orchestra, Richard Galliano All Star Band, Charles Lloyd Quartet, GNU Quartet, Trio Madeira Brasil, Paolo Conte e l'Orchestra Sinfonica di Venezia, diretta da Bruno Fontaine, Musica senza solfiti del Sigurt�-Casagrande Duo...(Giovanni Greto) |
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Data pubblicazione: 15/03/2006
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