Benny Goodman Sextet
Benny Goodman -
clarinet
Lionel Hamption - vibraphone
Fletcher Henderson - piano
Charlie Christian - electric guitar
Artie Bernstein - bass
Nick Fatool - drums
World Studios, 711 Fifth Avenue,
New York, November 22, 1939
File Audio (MP3)
File Audio rallentato
(MP3)
Una delle prime registrazioni di
Charlie Christian,
del novembre del 1939.
Ci troviamo ancora una volta davanti ad un AABA di trentadue battute. E' un brano
di sua composizione nel quale l'aspetto ritmico assume molta importanza. E'interessante
l'incastro, nella sezione A, del riff del basso eseguito da Artie Bernstein
con il riff-tema eseguito all' unisono da Benny Goodman (Benjamin
David, Chicago, 30 mag 1909 - 20 giu 1986) al clarinetto,
Lionel
Hampton (20 apr 1908 – 31 ago 2002) al vibrafono
e Christian,
il tutto sottolineato dallo swing della batteria di Nick Fatool che utilizza
la cassa in funzione di risposta alle frasi tematiche. E' lo stile della batteria
swing di Jo Jones e Gene Krupa che mantiene il braccio destro fisso
sul charleston (e per tanto ha un raggio di azione limitato poiché il braccio sinistro
ha meno libertà di movimento) ma cerca di inserirsi sempre di più all' interno dell'
arrangiamento musicale come uno strumento che commenta quello che accade nell' esposizione
del tema e persino nei soli: uno strumento prettamente ritmico che comincia ad acquistare
un ruolo melodico. Manca poco a quella che sarà vista dai batteristi come una vera
e propria rivoluzione, della quale Kenny Clarke è uno dei protagonisti assoluti.
Questa rivoluzione è ben descritta da Feather nel suo "Inside Jazz":
"Kenny originally played the old Jo Jones sock cymbal style; later, gradually
developed the idea that by using the top cymbal for steady rhythm, he could work
out puntuaction figures with his foot for bass drum effects, intergrating drums
with the arrangement and soloists, making drums sound like another instrument instead
of just background".[1]
L'uso contrappuntistico della cassa della batteria (in gergo jazzistico
le "bombs") è già presente in brani come questo ma deve ancora essere compiuta la
rivoluzione del top cymbal, che porterà allo sviluppo di un vero e proprio fraseggio
solistico melodico per la batteria, grazie a personaggi come Max Roach. [2]
Non che il concetto di assolo di batteria non esistesse, si pensi a brani celebri
come "Sing Sing Sing (With A Swing)"
del 1938 nel quale è
la batteria di Gene Krupa a fare da protagonista nell'orchestra di Benny
Goodman, ma si tratta di situazioni al di fuori della normalità, di casi eccezionali
e comunque di fraseggi ritmici molto martellanti certamente non melodici (e non
è da intendersi come un aggettivo negativo per quanto mi riguarda).
Tornando all'analisi del brano scelto è interessante, in questo caso,
fare un'analisi più approfondita del solito sull'arrangiamento, nel quale si fa
sentire molto forte un elemento tipico di questa fase di transizione e di voglia
di innovare le forme dello stile swing: il forte contrasto ritmico tra atmosfere
spezzate e sincopate ed altre molto scorrevoli e spedite. L'accompagnamento del
basso di Artie Bernstein durante il solo di
Charlie Christian
(subito dopo la prima esposizione del tema) che, in tutte e tre le sezioni A tende
a citare abbastanza esplicitamente il riff di basso del tema qui trascritto (e lo
fa anche nell' ultima sezione A del solo di Benny Goodman, a introduzione
dell'esposizione finale del tema)
mentre nella sezione B si lancia nel classico walkin' bass. In questo modo le
sezioni A del solo di
Charlie Christian, con l'assenza del solito basso in quattro tipicamente
swing acquistano un carattere sincopato che aumenta in proporzione a quanto si presta
attenzione al basso che accompagna Charlie, nonostante ci sia il vibrafono di
Lionel
Hampton (a partire dalla sesta battuta della sezione A) a stare sui
quarti con questo ulteriore riff che da maggiore stabilità ritmica.
Nella sezione B del solo di
Christian,
quando il basso torna a stare sui quarti con il walkin' bass,
Hampton
si limita a tenere accordi prolungati in battere, della durata di due battute. Durante
il solo di Charlie
l'arrangiamento di questo brano permette il cambiamento da una situazione ritmica
spezzata e sincopata, quasi frenata della sezione A alla scorrevolezza estrema della
sezione B. Questo cambio ritmico sostiene la fase di culmine di quantità ed altezza
di note del solo di
Christian, come spesso avviene nelle sezioni B, elemento ricorrente
nello stile tardo-swing o proto-bebop del chitarrista. Si tratta anche in questo
caso di un equilibrio formale dato dal dialogo (questa volta in senso dilatato ed
applicato alla forma) tra tensione (nella sezione A) e distensione (nella sezione
B). Il solo centrale, quello di
Lionel
Hampton, è sostenuto nella sezione A da un riff eseguito da Goodman
e Christian
(qui trascritto) mentre il basso di Bernstein continua il walkin'.
Nella sezione B il solo del vibrafonista è invece sostenuto dal contrappunto
di Goodman, che, classicamente, si imita. Ci si può rendere conto di come
l'arrangiamento di questo brano non sia assolutamente standardizzato, ma sia invece
studiato ed abbia una sua rilevante coerenza estetica che si esprime nell' opposizione
tra la sezione A e B.
ARMONIA:
L' uso dell'accordo di dominante sul settimo grado come primo accordo
della sezione B non è certamente usato di frequente nel jazz di quel periodo ed
accresce il senso di opposizione armonica tra A e B. La sequenza di accordi di otto
battute G7/G7/C7/C7/F7/F7/Bbb7/Eb7 ritorna alla tonica Ab, ma possiamo parlare anche
a proposito di quest'ultimo accordo come di un accordo di settima. Su ogni accordo
abbiamo sostanzialmente l'uso della scala maggiore con la settima minore, ma non
è un pezzo modale. Si è detto spesso che l'armonia jazzistica deriva prevalentemente
da quella europea, ed è vero; ed è altrettanto vero che il jazz ha compiuto nell'arco
di settant'anni la stessa evoluzione che la musica eurocolta ha compiuto dal cinquecento
al novecento. Ma ciò non è avvenuto seguendo un percorso "progressivo" perfettamente
analogo tra i due fenomeni musicali. Ad esempio elementi armonici come la sequenza
della sezione B di questo brano possono sembrare più arditi di altri ad un orecchio
eurocolto perché meno rispettosi della tonalità classica rispetto ad altri standards
jazz in voga negli anni Trenta. Ma quello che può sembrare un' innovazione è invece
un aspetto che si ritrova maggiormente nella tradizione afroamericana. Questo
è un concetto fondamentale che a mio avviso viene espresso molto bene da Luca
Cerchiari nel capitolo "Tra storia e teoria" del suo libro "Il Jazz":
poiché il jazz si definisce come sintesi e/o sovrapposizione di prassi e teorie
diverse, anche lo sviluppo dell' armonia jazzistica riflette una intersezione e
una sovrapposizione di varie tradizioni. Se, come è evidente in merito al tema delle
scale (e quindi delle melodie e dell' improvvisazione) la musica afroamericana si
caratterizza sovente come intersezione e/o sovrapposizione di modalità e tonalità,
così a livello verticale essa presenta talora una sovrapposizione tra polifonia
ed armonia. Questa risulta particolarmente evidente nel jazz degli anni venti [ed
anche in molti brani swing come quello in questione], nel quale al gioco eterofonico
ed eteroritmico (clarinetto, tromba, trombone) corrisponde l'omoritmia dell' accompagnamento
armonico del pianoforte e del banjo... [In un fase di evoluzione successiva con
l'affermarsi dell' improvvisazione su standard song si dividono i ruoli di strumento
improvvisatore melodico ed accompagnatore armonico in senso tonale e quindi occidentale.
Ma]...pur sostanzialmente radicata nella tradizione europea -e questo è un ulteriore
ed importante aspetto che sottolinea la relazione genetica fra jazz e Vecchio Mondo
- l' armonia jazzistica presenta aspetti propri. Questi possono essere riassunti
nel diverso significato che la musica afroamericana attribuisce alla dissonanza,
non recepita come tale nella costruzione sonora verticale; nella sistematica utilizzazione
del moto parallelo (quasi proibito nell'armonia europea); nell'impiego frequente
delle settime, da ricollegarsi in parte alla settima della scala blues;infine alla
fondamentale importanza del ritmo armonico.
[3]
Su questa armonia tradizionalmente afroamericana di soli accordi di dominante
(per dirla all'europea)
Charlie
può utilizzare i suoi pattern intervallari più comuni come l'uso dell' intervallo
di quinta dato dalla giustapposizione della seconda e della sesta sull'accordo di
settima a battuta 18 e 22 (che abbiamo già incontrato in "I
Found A New Baby"). Troviamo ancora il consueto uso della quadriade
semidiminuita sull'accordo di settima, costruita una terza sopra rispetto alla tonica
dell'accordo.
FRASEGGIO RITMICO E MELODICO:
Tutto il solo di
Christian
si caratterizza dall'impiego di timbri chitarristici come il bending di un semitono,
ottenuto con il tiraggio della corda, lo slide (glissato) ed un primitivo uso della
tecnica dello "sweep" a battuta 16 (si ottengono più note ad alta velocità con una
sola pennata della mano destra tenendo sulla tastiera una posizione fissa della
mano sinistra). Tutte tecniche derivate dalla chitarra blues che saranno poi usate
moltissimo nel rock e nel jazz-rock e che rispondono ad una estetica timbrica tutta
africana, a quel gusto per il girare intorno all'intonazione "giusta" e modificare
i timbri. La peculiarità del blues è proprio quella dell'incertezza tra modo maggiore
e minore, e dell' utilizzo di quella terza sempre un po' calante.
Le prime otto battute hanno un fraseggio blues giocato in piccoli sintagmi
che girano intorno alle due crome ribattute di tonica, la seconda sezione A propone
invece quattro frasi binarie, tutte accomunate dall'inizio in levare e che si rispondono
l'una con l'altra. L'effetto di slide introduce nel migliore dei modi la sezione
B che come avviene in "I Found A New Baby"
raggiunge la massima estensione verso l'acuto ed è caratterizzata da una maggiore
densità di note, con l'utilizzo degli ottavi. Il fraseggio diventa cromatico e si
utilizza la quarta aumentata, l'intervallo tra la settima e la terza di un accordo
di dominante. Come struttura anche la sezione B ricalca la struttura discorsiva/narrativa
della seconda sezione A. Nell'ultima A tornano gli effetti di bending, la triade
di sottodominante sopra l'armonia di tonica è una tipica chiusura blues per un solo.
[1] Titolo originale Inside bebop, ristampato con il titolo
Inside Jazz nel 1977, Da Capo Press, p. 80.
[2] «Max Roach ha detto una volta: "Fare con il ritmo ciò che Bach ha fatto con
la melodia"Non è una semplice frase ad effetto; il ritmo ha acquistato nel vero
senso della parola la stratificazione e la complessità che il gioco barocco aveva
con le linee melodiche[…]Non per nulla Roach potè rinunciare al pianoforte nel suo
quintetto verso la fine degli anni Cinquanta. I suoi musicisti dissero "He does
the piano player's comping on the drums» Joachim Ernst Berendt, Il nuovo libro
del jazz dal New Orleans al jazz rock, Garzanti Editore, 1992, p. 334.
[3] Luca Cerchiari, Il Jazz, Tascabili Bompiani, Bologna, 2001, pp. 183-188.
Inserisci un commento
©
2006 - Jazzitalia.net - Pietro Nicosia - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 13.309 volte
Data pubblicazione: 30/10/2006
|
|