L'Arabian Jazz di Rabih Abou Khalil
Teatro Dal Verme, Milano - 27 novembre 2006
testo e foto di Mario Livraghi
Rabih Abou Khalil -
oud
Luciano Biondini - fisarmonica
Gavino Murgia - sassofoni e voce
Michel Godard - tuba
Jarrod Cagwin - batteria
Nell'ambito della seconda edizione Spirit of Fès a Milano, si è
tenuto nella serata di lunedì 27 novembre, presso il
Teatro Dal Verme, l'ultimo appuntamento musicale con il gruppo musicale di Rabih
Abou Khalil, uno fra i più noti solisti di liuto arabo a livello internazionale.
Spirit of Fès a Milano è la tappa del programma internazionale del Festival
di Fès, in Marocco, nominato nel 2001 dalle
Nazioni Unite come uno dei dieci eventi mondiali più rilevanti per il dialogo fra
le culture. La manifestazione è stata organizzata dall'Associazione Culturale Eclettica
& Media e dal Teatro della Cooperativa e promossa dalla Provincia di Milano/Settore
Cultura, con la collaborazione dell'Ente Turismo del Marocco e dell'Azienda Trasporti
Milanesi.
Il Festival di Fès e il suo forum "Dare un'anima alla globalizzazione"
fin dal 1994 si sono proposti come contesti
internazionali per la pace e la tolleranza ed hanno avuto come obiettivi principali
l'adozione della musica, delle arti e del dibattito (con esperti provenienti da
tutto il mondo) quali strumenti per contribuire alla pacifica convivenza fra popoli.
Spirit of Fès a Milano ha dunque preso atto dell'importanza dello scambio
interculturale per lo sviluppo di una società civile composita, sfida presente e
futura per la città, con un'attenzione particolare alle periferie.
Lo stile musicale adottato da Rabih Abou Khalil è rivelatore della
tendenza della cultura attuale a rendersi mezzo di comunicazione ed espressione
della globalità che diviene così un fertile terreno d'indagine, nuovo e per questo
altrettanto stimolante; un punto di partenza che trae spunto dalle varie sfaccettature
del pluralismo culturale che sta divenendo esperienza normale della nostra vita
quotidiana.
La
globalità diviene nell'arte nuovo linguaggio che sintetizza le varie esperienze
in un unico elemento ricco e multiforme, profondo e variegato, un'esperienza che
trasforma l'incontro tra le diversità in ricchezza assoluta, originale, unica.
Non solo la musica nelle sue forme, nei suo stilemi espressivi e nelle
sue profonde motivazioni filantropiche, spirituali e ludiche, ma anche gli strumenti
musicali intesi come oggetti materiali sono il simbolo di un forte legame culturale
esistente tra l'esperienza musicale araba e quella occidentale, tra Asia ed Europa:
la stessa etimologia della parola liuto è testimonianza di una radice araba. Come
è altrettanto evidente il legame tra lo strumento arabo e quello europeo che compare
per la prima volta nel nostro continente in concomitanza con il dominio arabo in
Spagna, viene impiegato sin dai tempi della raffinata tradizione letteraria e musicale
francese dei trovieri e dei trovatori nel corso del Medioevo, passa attraverso l'esperienza
musicale rinascimentale, e giunge alla conclusione della sua avventura nelle prime
manifestazioni del barocco italiano nella prima metà del Seicento.
Il
liutista libanese Rabih Abou Khalil fin dai primi anni ottanta ha saputo
riproporre un'inedita e quanto mai affascinate sintesi tra jazz e world music attraverso
un'articolata ricerca fra le scale e le melodie della musica araba orientale e i
moduli espressivi dell'improvvisazione; da questa unione scaturisce un'improvvisazione
d'insieme di forte impatto.
Musica araba riproposta in chiave jazzistica con sapori che ricordano
i silenziosi paesaggi desertici o i chiassosi mercati arabi; visioni passate ma
anche attuali fatte di gioie e drammi. Uno spettacolo accattivante e per nulla noioso.
Ogni brano è stato introdotto dallo stesso Rabih con semplici e curiosi racconti
condotti con una sottile e gentile ironia con cui, tra il serio e il faceto ha puntualizzato
i legami culturali tra la musica araba e quella occidentale. La delicatezza nel
raccontare l'esegesi del titolo di ciascun brano si è trasformata poi in energica
vitalità musicale nella quale si sono inseriti i vari componenti del gruppo internazionale
che hanno rielaborato il materiale sonoro di matrice araba in un'originalità creativa
sempre nuova nelle improvvisazioni ma mai fuori luogo, sempre e più cariche di energia.
Infatti le sonorità espresse dai vari strumenti nei passaggi solistici erano uniche,
arabe, con ritmi che potremmo definire arabian-jazz. La componente etnica è stata
il motivo conduttore per la ricerca di nuove sonorità, mai una gabbia ristretta
ma un paesaggio vasto, sempre vario, ricco di sfumature e caratterizzato da molteplici
luci variopinte. L'originalità è stata apprezzata da un pubblico serio, attento
mai estraniato e sempre partecipe.
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Data pubblicazione: 11/01/2007
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