Warner Bros. Records - 13
agosto 2002 |
Brad
Mehldau
Largo
1 -
When It Rains (Mehldau) - 6:36
2 - Youre Vibing Me (Mehldau) - 3:28
3 - Dusty McNugget (Mehldau) - 5:43
4 - Dropjes (Brion/Chamberlain/Indizzo/Mehldau/Meldal-Johnsen/Oleszkiewicz)
- 3:58
5 -
Paranoid Android (Greenwood/Greenwood/O'Brian/Selway/Yorke) - 9:05
6 - Franklin Avenue (Mehldau) - 3:42
7 - Sabbath (Mehldau) - 4:42
8 - Dear Prudence (Lennon/McCartney) - 5:22
9 - Free Willy (Chamberlain/Grenadier/Mehldau/Rossy) - 5:05
10 - Alvarado (Mehldau) - 4:00
11 -
Wave/Mother Nature's Son (Jobim/Lennon/McCartney) - 6:28
12 -
I Do (Mehldau) - 7:17
Steve Kujala -
Flauto
Jim Keltner -
Percussioni,
Batteria,
Vibrafono,
Pianoforte
Jon Brion -
Chitarra,
Pianoforte
Matt Chamberlain -
Percussioni,
Batteria,
Shaker
Jonathan Clark -
Oboe
Earl Dumler -
Oboe
Gary Gray -
Clarinetto
Larry Grenadier -
Basso acustico
Victor Indrizzo -
Percussioni,
Batteria
Ken Kugler -
Trombone
Brad Mehldau -
Percussioni,
Pianoforte,
Pianoforte
Elettrico,
Vibrafono
Darek Oleszkiewicz -
Basso acustico
David Shostac -
Flauto
George Thatcher -
Trombone
Joseph Meyer -
Corno
Daniel Kelley -
Corno
Jorge Rossy -
Percussioni,
Batteria
William Reichenbach -
Trombone
Emilie A. Bernstein -
Clarinetto
Jerry Folsom -
Corno |
Nella
carriera musicale di Brad Mehldau "Largo" rappresenta un punto di
rottura con le sue precedenti opere. Coloro che lo hanno conosciuto ascoltando i
lavori del progetto "The Art of the Trio" o quel piccolo gioiello di solo
piano che è "Elegiac Cycle" potranno rimanere alquanto confusi ascoltando
le sonorità espresse in "Largo".
Iniziamo dal titolo dell'album. "Largo" è un piccolo pub irlandese
di Los Angeles che ospita regolarmente, tra gli altri, musicisti del calibro di
Aimee Mann (a proposito se vi capita ascoltate la colonna sonora del film
"Magnolia", un album di raffinato pop che porta proprio la sua firma),
Beck, Fiona Apple e Jon Brion. Proprio quest'ultimo, noto
nell'ambiente musicale principalmente come produttore di musica pop, è il
produttore di "Largo" ed interviene come musicista in due tracce ("Dropjes"
e "Paranoid Android").
"Largo", inoltre, vuole dare anche l'idea di spazio, la volontà di Brad
Mehldau di allargare i propri orizzonti per offrirsi sotto nuove prospettive. Ed
è probabilmente proprio Jon Brion a spingere Mehldau in quest'avventura. Infatti
l'unica costante attraverso tutto lo sviluppo di "Largo" è l'accoppiata
Mehldau al pianoforte e Brion alla produzione.
Mehldau riesce talmente bene in questa camaleontica operazione da
attirare l'attenzione della comunità rock e pop. Giusto per citare un'esperienza
personale, quando ho fatto ascoltare "Largo" al chitarrista di una
incallita formazione rock ne è rimasto talmente entusiasta da correre subito a
comprarlo.
Del resto nella sua discografia precedente si poteva già intravedere, in
forma embrionale, un possibile sviluppo in tal senso. Mehldau già in passato si
era avventurato nell'interpretazione di classici del pop e del rock: "Blackbird"
dei Beatles in "The Art of the Trio Vol.1", "Exit Music (for a Film)"
dei Radiohead in "The Art of the Trio Vol.3 e Vol.4", "River Man"
di Nick Drake in "The Art of the Trio Vol.3".
La struttura sonora della maggior parte dei brani di "Largo" è
molto semplice. Quasi ogni brano, infatti, inizia con un arrangiamento molto
orecchiabile ed accattivante. Una volta stabilito il "mood" con l'ascoltatore
Mehldau si inoltra nel campo dell'improvvisazione e sviluppa i suoi assolo lungo
linee più dissonanti.
L'album esordisce con "When
It Rains", una
ballata jazz caratterizzata da un preludio con una semplice linea di piano
accompagnata da una sezione fiati su cui poi si sviluppa una ritmica 4/4 molto
essenziale ma carica di energia. La successiva "You're Vibing Me" è
inizialmente incentrata su una semplice melodia eseguita al vibrafono cui segue
una parte molto più intensa non appena Mehldau passa al pianoforte. Si sente, in
questa traccia, la presenza dei musicisti che storicamente accompagnano Mehldau,
ovvero Larry Grenadier al basso acustico e Jeorge Rossy alle
batterie.
"Dusty McNugget"
è uno dei momenti meno felici dell'album. La sezione ritmica sembra essere
generata da un sequencer tanto è semplice e regolare. Lo stesso Mehldau si muove
pigramente sulla tastiera del pianoforte che, a tratti, non sembra essere lo
strumento solista del brano.
La traccia successiva, "Dropjes", esordisce con Jon Brion
alla chitarra, o sarebbe meglio dire a quello che resta di una chitarra tanto è
trattata con effetti elettronici, e prosegue con una parte di improvvisazione di
Mehldau senza però mai raggiungere i livelli a cui ci ha abituato.
Con "Paranoid
Android" la
musica ritorna nuovamente. L'interpretazione del brano dei Radiohead si sviluppa
per quasi dieci minuti e rende molto bene la struttura originale della
composizione che fu ottenuta unendo tre brani che inizialmente separati. Le
percussioni forniscono al brano un notevole movimento e dinamismo.
La traccia successiva, "Franklin
Avenue",
esordisce con la tipica struttura sonora del Trio e si apre, poi, alla sezione
fiati che fa da tappeto ad un sommesso pianoforte.
Con "Sabbath"
si torna al puro sperimentalismo. La traccia è praticamente un duo tra batteria
e pianoforte. Quest'ultimo, però, arriva alle nostre orecchie attraverso un
distorsore per chitarra.
L'interpretazione della successiva "Dear
Prudence" farà
felici i fans dei Beatles. La struttura ritmica è molto semplice ma efficace. Il
basso fraseggia accompagnato da una batteria 4/4. Mehldau imposta il motivo
principale e poi si muove lasciando spazio all'improvvisazione per poi tornare
nuovamente alle note dell'originale.
Si prosegue con "Free Willy", un brano di improvvisazione free che
a tratti vede di nuovo il pianoforte passare attraverso effetti elettronici, e
con "Alvarado",
tutta dominata dalle percussioni che fanno da tappeto alle note di Mehldau.
La successiva "Wave/Mother
Nature's Son"
presenta un felice e molto originale abbinamento di due classici, il primo di
Jobim ed il secondo, ancora una volta, del Beatles. La ritmica è molto veloce e
presenta forti accenti jungle (anche in questo caso sembra essere generata da un
sequencer). Mehldau, in questo caso al vibrafono, si esprime molto semplicemente
e su linee fortemente melodiche forse anche per le peculiarità dello strumento
che suona.
Infine, l'ultima traccia, "I
Do", propone un
bella ballata eseguita al pianoforte accompagnato, in questo caso,
esclusivamente da una sommessa sezione fiati.
Che dire di "Largo". Per gli appassionati di Mehldau sicuramente
un album da ascoltare che lo propone sotto una veste insolita. Per i puristi del
jazz pianistico forse un album che lascia perplessi. Il dubbio che rimane
riguarda il suo futuro: "Largo" rappresenta solo una parentesi oppure è l'inizio
di qualcosa di diverso?
Alessandro Marongiu
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Data pubblicazione: 10/02/2003
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