La comunicazione verbale rappresenta per
l'uomo il mezzo più importante per condividere concetti, sensazioni, pulsioni, sentimenti, stati
d'animo. Una corretta costruzione dei periodi lessicali fa sì che essi individuino al meglio ciò che abbiamo intenzione di comunicare.
La musica, in particolare quella jazz, è regolata dai medesimi meccanismi, i concetti ben veicolati dalla parola si possono
accomunare alla melodia, che come per la parola è nostro dovere realizzare in maniera estemporanea e compiuta: il famoso "fraseggiare".
Quando parliamo con altre persone il dialogo si caratterizza, "generalmente", per il mutuo scambio di opinioni,
scandite da tempi che stabiliscono i momenti giusti per l'intervento verbale da alternare
all'ascolto dell'altro. L'improvvisazione si basa su questi stessi equilibri. L'apprendistato, per la parola come per
l'improvvisazione, riveste un ruolo fondamentale, se si rispettano sin dal principio le regole grammaticali si è in grado, successivamente, di comunicare facendosi comprendere e, perchè no, apprezzare.
Dopo questa introduzione di tipo "ontologico" (beccatevi questa!), mi preme parlarvi dei
"patterns", di quanto siano utili e nel contempo pericolosi
se non si comprende la funzione specifica alla quale sono preposti. Pattern, come tutti sapete, significa modello e come tale deve essere considerato; è in pratica un suggerimento melodico
scritto (quelli di Jamey Aebersold sul II-V-I) dal quale trarre idee per cercare un linguaggio personale. Il pattern si può ricavare trascrivendo una frase da un solo di qualche celebre jazzista. Questa pratica ci
fa comprendere quanti piccoli artifici e "trucchetti" i "grandi" impieghino, ci rende consapevoli di come gli accenti vengano distribuiti
all'interno del pattern e in che modo questi musicisti interagiscano con la base ritmica che li accompagna. Nonostante questo metodo di studio sia molto redditizio (è sacrosanto perseguirlo),
il pattern deve rappresentare soltanto uno strumento d'analisi e non un rifugio nel quale ripararsi quando si è a corto
d'idee o quando, all'inizio, non ne abbiamo di brillanti.
Un improvvisatore (o pseudo tale) che sciorina una serie di patterns è facilmente "sgamabile" , é come la persona dislessica, è come un oratore che parla con enfasi ma non dice nulla, è come il teatro
dell'assurdo dominato dal "non sens".
In questa fase iniziale esercitarsi sui patterns significa sperimentare, su una vera frase, la distribuzione degli accenti secondo i suggerimenti del secondo argomento, significa incominciare a saggiare quanto sia importante
l'accentazione delle melodie in funzione della loro valorizzazione; non basta essere ottimi ideatori di linee se esse non sono ritmicamente inserite
nell'idioma jazzistico. Altresì volevo sottolineare un altro aspetto importante, il jazz nasce come musica improvvisata, replicare in seno ad essa qualcosa di preconfezionato o già utilizzato da altri ne offusca i connotati, ne snatura la genesi originaria, confina la nostra creatività a pedissequa esecutrice del già fatto, non siamo più padroni del destino
del nostro pensiero musicale. Il jazz, come diceva qualcuno, è un tentativo d'arte che può anche fallire...questo è meraviglioso!
PATTERNS
Per affrontare come debbano essere distribuiti gli accenti, utilizzeremo dei
modelli che includono due nuove figurazioni ritmiche: le terzine di crome e di
semicrome. In precedenza lo studio si è limitato all'uso dei soli ottavi (ti ricordo che questo è solo ed esclusivamente un arido esercizio tecnico che devi continuare a fare). Adesso cercheremo di applicare sul pattern l'esperienza ritmica maturata. In questo ho inteso favorirti apponendo gli accenti al di sotto o al di sopra delle note che li prevedono. Le frasi, come puoi osservare, sono costruite sulla solita progressione II-V-I, le tonalità sono: C maggiore, Bb maggiore, F maggiore.
Studia queste linee melodiche con un tempo medio 80-110 alla semiminima, più le suoni lentamente più sei costretto a posizionare gli accenti con attenzione, cerca di "tirare" il più possibile indietro rispetto al "click" del metronomo accentando energicamente le note con il segno ">" per poi scivolare dinamicamente, a volumi decisamente meno intensi, sulla nota successiva. Siccome non posso dimostrarti fisicamente come fare, posso consigliarti di ascoltare il modo di stare sul tempo e di accentare di
Chet Baker, Dexter Gordon, Sonny Rollins, Paul
Desmond, Red Garland, Kenny Drew etc.. Per quanto riguarda i voicings da usare non ci dovrebbero essere problemi se hai studiato la
lezione precedente; attenzione! Qualora i patterns venissero in conflitto d'altezza con la mano sinistra, suonali un'ottava più in alto rispetto a quanto scritto in modo da evitare che le due mani vengano a "cozzare".
Cerca infine di inventare patterns di tua composizione; quelli esaminati sono stati scritti da due miei allievi:
Claudio Filippini e Angelo Trabucco.
Fino ad oggi per lo studio della pronuncia della mano destra abbiamo utilizzato le note costituenti i voicings della sinistra
(vedi secondo argomento), questo modo di esercitarsi ci rendeva visivamente consapevoli della progressione armonica. Questo esercizio oltre ad essere finalizzato alla pronuncia ci ha preparato, inconsapevolmente, ad una tecnica d'improvvisazione molto in voga nello stile bop:
la parafrasi del tema. Parafrasare un tema significa raggiungere le note dello stesso attraverso approcci di tipo diatonico e/o cromatico. Se segui, la
figura 6-1 (le prime cinque battute di: "Have you met Miss Jones?"),
FIGURA 6-1
puoi constatare come nella 6-2, il pensiero melodico si basi esclusivamente sul "girare" intorno alle note del tema o degli accordi, senza pensare a nessuna scala o ad altre imposizioni armoniche. Si tratta di un
approccio "idiomatico", empirico, cioè si provano ad ottenere delle linee efficaci tenendo conto delle note del tema o degli accordi attorno alle quali creare tensioni, consonanze e dissonanze.
FIGURA 6-2
Questa tecnica, molto intuitiva, ti permette di sviluppare un idea melodica ignorando i ferrei dogmi che dominano l'armonia. Questo stesso metodo puoi riversarlo sui voicings, approcciando le note che li costituiscono. Quello che abbiamo visto, in maniera molto embrionale, ci insegna a creare
una melodia su una melodia (approccio
orizzontale), una melodia su un accordo
(approccio verticale). Naturalmente l'orizzontale e il verticale non si limitano solo a questo, ma lo scopriremo più avanti.
Ti consiglio, partendo dall'idea che ti ho suggerito nella 6-2, di continuare il fraseggio in "Have you met Miss Jones?", brano che abbiano studiato nella
quarta lezione. Spero di essere stato sufficientemente esaustivo, tradurre su "HTML" la sensazione melodico-ritmica del jazz è veramente impresa difficile...
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COMMENTI | Inserito il 21/11/2008 alle 10.12.30 da "videofuturo1" Commento: vorrei sapere se possibile come si costruiscono i pattern e su cosa si costruiscono,se possibile fare degli esempi,grazie. | |
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Data pubblicazione: 30/09/2000
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