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Lezione 7: Accenni sui modi costruiti sulla scala maggiore:
il modo dorico
di Marco Di Battista
info@marcodibattista.com

In questo argomento cercheremo di analizzare in forma panoramica il sistema modale

Nel primo incontro ci siamo preoccupati di diversificare il sistema modale da quello tonale, successivamente, abbiamo tracciato le linee guida per incominciare a districarsi con sufficiente abilità all’interno del tonale; oggi proveremo a delineare un percorso che ci permetta di fare lo stesso nel sistema modale. 

Ma che cos’è un modo? 
Da dove deriva questo appellativo? 
Come si utilizza? 
In quale contesto occorre farne uso? 
Quali sono le armonie che esalta? 

Il modo o scala modale nasce da uno dei sette gradi di una scala maggiore o minore. 

E’ giusto affermare questo? 

Ritengo che non sia del tutto esatto, infatti ogni scala di qualsiasi natura (a quattro, cinque suoni, sei o otto) in potenza potrebbe generare un modo diverso. A sostegno di questa mia tesi, ai più strampalata, voglio condividere con voi alcune osservazioni: il quinto grado di una scala pentatonica maggiore (cinque suoni) da’ vita ad una scala pentatonica minore; le cose si complicano perché la scala pentatonica è modale, un modo che genera un altro modo..."Mah"! Tutte le nostre belle teorie sembrerebbe vadano a farsi fo ... benedire (uso un eufemismo) ... instillato il dubbio non ve lo fugo, lo farò quando sarà il momento. 

In questa quindicina ci occuperemo dei modi generati dalla scala maggiore; il loro appellativo deriva dal nome di alcune regioni della Grecia antica. Il primo modo si chiama ionico o ionio, il secondo dorico, il terzo frigio, il quarto lidio, il quinto misolidio, il sesto eolio o eolico, il settimo locrio

Il modo ionico e quello eolio li conosciamo già, in quanto sono identici rispettivamente alla scala maggiore e alla scala minore naturale. Il modo eolio, vedremo, sarà oggetto di approfondita analisi quando lo rapporteremo al turnaround I-VI-II-V. 

La scala modale che prenderemo in considerazione in questo argomento è quella generata dal secondo grado della scala maggiore: il modo dorico

I toni e i semitoni che la costituiscono sono così distribuiti T,sT,T,T,T,sT,T. 

E’ un modo minore generato dalla scala maggiore, infatti l'intervallo interposto fra il primo e il terzo grado è di terza minore, la distanza fra il settimo e il primo grado è un tono (intervallo di seconda maggiore). Quest'ultima caratteristica accomuna questo modo alla scala minore naturale, nella quale non è presente la sensibile, ma la sottotonica. 

Per spiegare la derivazione tonale del modo dorico occorre effettuare una piccola analisi. 

Sul primo grado della scala minore naturale, armonizzata a quattro suoni, si forma l’accordo m7, se decidessimo di suonare contemporaneamente il m7 e la scala minore naturale relativa all'accordo, si verrebbero, inevitabilmente, a incontrare il quinto grado del m7 con il sesto della scala; supponendo di aver scelto la scala minore naturale di A, il E, quinto grado dell'accordo di Am7, diventa concomitante con il F sesto grado della scala. Si ottiene, grazie a questo incontro, una forte dissonanza difficilmente mascherabile, nonostante si tenti di distanziare le due voci attraverso permutazioni d'accordo e melodiche, anzi, più il sesto grado viene portato nella parte acuta della tastiera più l'effetto è marcato. Questo grado prende la denominazione di nota da evitare.

Nella musica jazz, però, tutto è opinabile, potresti innamorarti di questo stridore .... e allora perché no! Esaltalo! Vi posso garantire, che sulla tastiera di un pianoforte la dissonanza è passabile, ma quando una sezione di fiati suona Duke Ellington è meglio astenersi da sperimentazioni estemporanee, il pubblico potrebbe condurvi alla Gogna! (Sono rinsavito prima che questo accadesse). 

Il sesto grado viene alzato di sT, il F diventa F#, la nuova scala sarà formata dalle seguenti note: A, B, C, D, E, F# (F), G; abbiamo affermato che il modo dorico si crea sul secondo grado di una scala maggiore; quale scala maggiore ha il solo F# nell'armatura di chiave se non quella di G? La scala dorica ricavata (A dorica) tenendo presente la nota da evitare, resta di stucco, si forma proprio a partire dal secondo grado di quella maggiore di G. Pertanto il modo dorico lo puoi pensare come una scala minore naturale con il sesto grado alzato di mezzo tono o, ancora meglio, come una scala con le stesse alterazioni di una scala maggiore costruita un tono più in basso. 

L'accordo a quattro voci che si forma sul secondo grado della scala maggiore è un IIm7, pertanto quando suoni il IIm7 utilizza il modo dorico. Sulla scala maggiore si generano tre diversi accordi di m7: il IIm7, il IIIm7, VIm7.

Come mai ho affermato che il modo dorico si suona su un IIm7 e non su gli altri due? 

Prendiamo in esame la scala maggiore di C, il modo dorico sul suo secondo grado è D dorico, l’accordo da suonare è Dm7; decido di estendere il Dm7 fino alla tredicesima (eptadiade) alle voci D, F, A, C aggiungo la nona maggiore E, la undicesima giusta G, la tredicesima maggiore B. Come puoi constatare al Dm7 (D, F, A, C) ho aggiunto una triade di Em (E, G, B); suona contemporaneamente con la mano sinistra il Dm7 con la destra il Em triade, adesso tenendo ferma la sinistra sul Dm7 sovrapponi ad essa, abbassandola di un ottava, la triade di Em, hai formato la scala dorica di D nella sua interezza. 

Estendere un accordo minore di II grado fino alla tredicesima significa suonare un accordo che sfrutta tutte le note costituenti la scala dorica. Questo accordo a sette suoni viene identificato dalla sola sigla Dm7 nonostante io l'abbia espanso fino alla eptadiade, perché quando la nona e la tredicesima sono maggiori e la undicesima è giusta esse, rappresentano voci di "colore" quindi non vengono menzionate nella sigla; quando lo stato di uno di questi gradi muta deve essere apposto nella sigla. 

Dei tre accordi IIm7, IIIm7,VIm7, il IIm7 è l'unico che non ha la nona o l'undicesima o la tredicesima alterate, pertanto nella sigla non c’è nulla da evidenziare. Abbiamo dimostrato, attraverso questa analisi, che su un qualsiasi accordo IIm7 (Dm7) sono abilitato ad utilizzare la scala dorica avente come nota di partenza la stessa nota della radice dell’accordo IIm7 (Dm7->scala dorica di D).

STUDIO
Dopo tutto questo "bailamme" teorico veniamo alla ciccia! 

Il modo dorico potresti utilizzarlo sui brani che lo riguardano direttamente tipo: So What (Miles Davis)! o "Impressions (John Coltrane)", entrambi rappresentano la massima esaltazione del dorico. 

In realtà problemi "momentaneamente" oggettivi, vedi la difficoltà di rimanere all'interno di queste strutture se non si posseggono a pieno i periodi da 8 battute, vedi i pochi voicings che conosciamo meno aderenti di altri al modale, ci inducono a indirizzarci verso un altro studio ugualmente redditizio e di preparazione a quello prettamente modale. 

Il primo esercizio che puoi fare è questo: 

  • costruisci attraverso i 3-5-7-9 e i 7-9-3-5 i voicings della mano sinistra per l’accordo minore settimo partendo da Cm7
  • percorri il ciclo delle quinte prima in senso ascendente poi discendente (Cm7 - Gm7 - Dm7 - Am7 - Em7 etc. e Cm7 - Fm7 - Bbm7 - Ebm7 etc)
  • suona su ogni accordo la scala relativa, fai attenzione l’errore più grossolano che si possa commettere è quello di pensare una scala modale come una scala maggiore dal cui secondo grado si parte, il suono è molto diverso la scala maggiore ha in partenza 2T+sT, la dorica 1T+sT, la maggiore ha la sensibile, la dorica la sottotonica.
Dopo aver effettuato questo arido esercizio tecnico che ti serve per interiorizzare il suono della scala, la diteggiatura delle stessa e a suonare i voicings minori settimi svincolàti dal II-V-I (nuove difficoltà!), applichiamo quanto fatto su una progressione tonale. 

Il brano da studiare questa quindicina è "Take the A trane" di Duke Ellington. Nella battuta 5 c’è un Dm7 , nonostante sia parte integrante di un II-V-I (Dm7-G7-Cmaj7) su di esso puoi usare il modo dorico di D, bella scoperta! Potreste obiettare, la scala dorica di D è formata dalle stesse note della scala di C maggiore che è perfettamente consonante al II-V-I (Dm7-G7-Cmaj7)... allora come si spiega? 
Per ottenere l’effetto del dorico basta improvissare sulle note che compongono la triade superiore al Dm7: Em. Le note in seno a Em sono la 9M (E), la 11G (G), la 13M (B), insieme con l’accordo IIm7 esprimo tutta la scala dorica. 

Questo "escamotage" ti permette di creare situazioni modali in maniera efficace, quando un brano interpretato a velocità metronomiche sostenute non ti permette di suonare tutta la scala in una sola battuta (la 5). Quello di miscelare il modale con il tonale è prassi comune: Bill Evans docet

Ascolta come Bill Evans (con Davis, da solo, con Scott La Faro e Paul Motian) con unica idea ottimizzi al meglio questo concetto; l'ostinato portante di "Peace Piece" (), in piano solo, è uguale all'introduzione del brano tonale "Some other time" () di Leonard Bernstein suonato insieme a Scott La faro e Paul Motian nel disco "Waltz for Debby", che collima perfettamente con l'inizio del pezzo modale "Flamenco sketches" () nell'incisione "Kind of blue". 

Questo è un esempio emblematico di come sia difficile individuare l'esigua appendice che separa il tonale dal modale, il modale dal free jazz. Allenati a suonare la triade superiore dorica nelle progressioni II-V-I studiate lo scorso argomento. Ti faccio notare che la triade da usare per l’improvvisazione è minore, si trova una 9M sopra il IIm7.

Ascolta MIDI
Ascolta MIDI più lento


La partitura completa di "TAKE THE A TRAIN" la trovi sul Real Book a pag.421.






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COMMENTI
Inserito il 28/1/2008 alle 0.26.30 da "claudio.preite"
Commento:
Sono un pianista autodidatta, nel senso che prima ho cominciato a suonare il pianoforte e molti anni dopo ho sentito il bisogno di capire i passaggi armonici che spontaneamente costruivo. Ma più d'una volta mi son sentito rispondere dai grandi pianisti professionisti cui mi rivolgevo che se madre natura mi aveva dato un certo talento musicale, sarebbe stato meglio seguirlo senza farsi condizionare dalla teoria che molte volte toglie la spontaneità del fraseggio oppure lo fa diventare troppo artificioso. Anche a distanza di anni, però, io(sebbene a Lecce i musicisti che mi conoscono mi apprezzino molto e di ciò sono felice), io voglio approfondire la conoscenza teorica del jazz, ma (forse mi sbaglierò) le lezioni di piano jazz che continuo a leggere e a cercare di comprendere mi sono alquanto ostiche. Mi chiedo se il modo con cui sono spiegate sia sufficientemente semplice per essere capite e assimilate, e poi credo che sarebbe utile integrare le lezioni con esemplificazioni pianistiche inizialmente più semplici e facili da comprendere e sempre più complesse man mano che ci si addentri nel comlicato mondo dell'armonia e del fraseggio jazzistico. Comunque apprezzo molto il lavoro del M°Di Battista e di tutti coloro che danno la possibilità a chi non può pagarsi le lezioni di jazz di avvicinarsi a questo meraviglioso mondo musicale. Con i migliori ringraziamenti vi saluto con stima e affetto. Claudio Preite
 
Inserito il 5/9/2014 alle 11.14.01 da "etabeta1960"
Commento:
Salve; sono arrivato su questo sito in maniera occasionale. Devo riconoscere che è curato in ogni minima parte ed è molto chiaro.
Complimenti a tutti gli autori.
 

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Data pubblicazione: 22/10/2000

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