Jazz Fuori Tema 5
Direzione Artistica di Alberto Bazzurro
Tortona, Piazza Arzano, 11, 12 e 13 luglio 2008
di G.B. Montano
foto di Alberto Bazzurro
Venerdì 11 luglio, ore 21,15:
C a r t e B l a n c h e
Marco Fadda (percussioni), Mark Dresser (contrabbasso),
Fabrizio Puglisi (pianoforte), Riccardo Tesi (organetto)
Sabato 12 luglio, ore 21,15:
Quel che è di Cesare
Gianmaria
Testa (voce e chitarra), Piero Ponzo (clarinetto, sassofoni,tamburello,
elettronica)
Domenica 13 luglio, ore 21,15:
Morricone: a Blind Movie
Giorgio Li Calzi (tromba, elettronica),
Massimo Barbiero
(marimba, batteria, percussioni), Cristiana Celadon, Cristina Ruberto
(danza)
La rassegna "Jazz fuori tema" è arrivata
alla sua quinta edizione. Si svolge nei mesi estivi a Tortona in piazza Arzano,
nel centro storico. Il direttore artistico è Alberto Bazzurro, firma storica
di Musica jazz e operatore culturale, con interessi che spaziano dal jazz alla musica
leggera, ad altre forme artistiche quali la pittura ed arti plastiche, fra le altre.
L'ambizione dell'organizzazione è quella di creare dei progetti originali, degli
incontri inediti fra personaggi lontani come ambito o che, per le più svariate ragioni,
non hanno trovato l'occasione per collaborare prima di questo appuntamento. Anche
quest'anno ogni serata era imperniata su un tema obbligato, che i vari interpreti
dovevano svolgere e approfondire. Nella prima, in verità, era data "carte blanche"
ai quattro interpreti e la scommessa era di scoprire quale strada avrebbero percorso
gli artisti invitati per cercare un terreno comune di incontro. Si trattava di
Riccardo Tesi, campione dell'organetto diatonico, interprete di musica popolare,
ma anche di un genere di confine, che si accompagna a noti jazzisti e ad altri personaggi
"di larghe vedute".
Accanto
a lui Fabrizio Puglisi, pianista di punta dell'area bolognese, afferente
alla cooperativa "Bassesfere", che figura, fra l'altro, in un prestigioso trio con
Ernst Glerun e Han Bennink. Al tamburello doveva essere della partita Alfio Antico
ma, per un lutto familiare, non ha potuto partecipare alla rassegna ed è stato sostituito
da Marco Fadda, in sodalizio abituale con Riccardo Tesi nel trio comprendente
pure Patrick Vaillant. La ciliegina sulla torta era rappresentata da Mark
Dresser, noto contrabbassista americano, che ha suonato con tanti musicisti
dell'avanguardia:
Anthony
Braxton, Myra Melford, Mark Feldman e Hank Roberts fra gli altri (questi
ultimi nell' "Arcado strings trio"). Il concerto si è aperto con Riccardo Tesi
in solitudine, che ha illustrato la sua poetica e le sue preferenze musicali, con
un andamento popolareggiante e motivi originali, caratterizzati da melodie semplici
e iterative. Sono entrati in scena, poi, a turno, gli altri musicisti. Fabrizio
Puglisi ha preso con autorevolezza in mano la situazione trafficando all'interno
del pianoforte, pizzicando le corde, provocando suoni con il lancio di piccoli oggetti
metallici a percuotere la cassa armonica dello strumento e suonando un piccolo pianoforte
giocattolo insieme alla sua tastiera. Si è così creato un clima sospeso, di attesa,
che andava a confluire spesso in melodie di sapore etnico di provenienza indefinita
con un richiamo al folklore mediterraneo, su cui si inserivano a turno anche gli
altri musicisti. Si poteva apprezzare, in questo frangente, l'energia delle percussioni
di Fadda, impegnato anche in un intermezzo in solo, in cui dimostrava la
sua perizia tecnica e la sua musicalità, producendo suoni dagli oggetti più diversi,
assemblati dallo stesso percussionista, oltre che dalle tablas. Dresser è
entrato, poi, prepotentemente in scena, con la sua cavata potente e decisa, introducendo
un brano piuttosto gradevole, danzante, su cui sono entrati agevolmente gli altri
compagni d'avventura.
Si
può dire, in fin dei conti, che l'esibizione si è strutturata in quadri in cui i
4 musicisti hanno dato prova di abilità esecutiva e di buone idee in solitudine.
Quando hanno lavorato in quartetto hanno scelto brani semplici, cantabili, ripetitivi,
di sicuro impatto, evitando, in tal modo, i rischi di ricercare punti di incontro
su un piano più impegnativo ed elevato. Hanno suonato insieme, sì, ma senza tentare
veramente di integrare i vari linguaggi, cercando, invece, di interagire ad un livello
inferiore, se così si può dire, per concepire un dialogo, un'intesa, con il minor
sforzo possibile.
La
seconda serata si annunciava con la dedica a Pavese nel centenario dalla nascita.
Gianmaria
Testa doveva leggere brani dello scrittore di Santo Stefano Belbo, dividendo
la scena con il fido polistrumentista Piero Ponzo. In realtà il cantautore
ha interpretato a modo suo la consegna, alternando alla lettura di pagine dalle
"lettere", da "Il mestiere di vivere", da "La luna e i falò"…. sue canzoni che in
qualche modo, per qualche suggestione, richiamavano i testi proposti, accompagnandosi
con la chitarra. Ne è venuto fuori un concerto molto stimolante, in cui la lettura
di brani dell'autore di "Lavorare stanca", segnati dalla disperazione, dal male
di vivere, dall'anelito ad un gesto estremo si stemperavano in motivi che contenevano,
comunque, la speranza verso una realtà migliore, una visione più positiva dell'esistenza.
Testa
non si è risparmiato, leggendo con partecipazione emotiva, ma senza enfasi, le poesie
e gli estratti dai libri di Pavese, intercalandole con la riproposizione molto sentita
di tante delle sue canzoni migliori (da "Un aeroplano a vela", a "Il valzer di un
giorno" a "Ritals"….) oltre ad eseguire "il disertore" di Boris Vian.
Piero Ponzo ha accompagnato con discrezione l'esibizione dell'ex ferroviere
di Cuneo, segnalandosi per la sua versatilità, rivelando un suono pieno, molto ben
calibrato al clarinetto, ma dedicandosi con sapienza pure al tamburello, al sassofono
e alla fisarmonica.
Il programma del terzo giorno era il più composito. Il tema proposto era
un omaggio a Ennio Morricone, prossimo a compiere ottant'anni. I protagonisti
del progetto erano il trombettista, ma quella sera anche alle tastiere e all'elettronica,
Giorgio Li Calzi e il percussionista
Massimo Barbiero.
Visualizzavano le suggestioni della musica, in primo piano, due danzatrici:
Cristina
Ruberto e Cristiana Celadon. Lo spettacolo è stato di impatto decisamente
forte. I due musicisti hanno utilizzato solo brevi frasi dalle colonne sonore del
grande compositore, per calarsi prima e immergersi, poi, in una musica molto dura,
violenta, poco consolatoria. L'impianto, suggerito dall'azione molto determinata
del batterista era di impronta rock, o di un funky aggressivo, su cui si inserivano
i suoni campionati prodotti da Li Calzi, che, ogni tanto, imbracciava la
tromba Questi intermezzi servivano, in un certo senso, per stemperare la notevole
tensione che si poteva cogliere per il resto del concerto. Si aggiunga che, davanti
a questo muro fiammeggiante di musica ad alta temperatura, si ponevano con il movimento
allusivo e simbolico di tutto il corpo, le due danzatrici. Il pubblico era addirittura
coinvolto nella loro performance, perché arrivavano dal palco, all'altezza delle
prime file, piccoli rotoli di carta lanciati in un momento particolarmente caldo
dell'esibizione e pezzi di mela, abbandonati dalle due ballerine, dopo aver addentato
il "frutto del peccato". Dimenticavo di precisare che, ad intervalli regolari, si
imponeva sull'uditorio la voce stentorea di Marcello Mastroianni, recuperata dal
film di Elio Petri "Todo modo", impegnata a declamare una spietata requisitoria
contro il potere della politica o meglio contro la smania di potere da parte di
una certo sistema di partiti. Si è trattato, tutto sommato, di uno stravolgimento
della consegna, da omaggio a Morricone a provocatoria riflessione politica, con
l'uso di simboli piuttosto espliciti e una musica decisamente lontana dai temi ariosi,
lirici del più famoso autore italiano di colonne sonore. Un Morricone, passato sotto
il modellamento, il rimpasto di uno come John Zorn, un vero cultore dell'ottantenne
compositore italiano, fra l'altro. In un certo senso, l'ombra dell'onnivoro sassofonista
e compositore americano si intravedeva nel clima arroventato, ribollente, provocato
dai due musicisti piemontesi. Hanno impressionato, in questo contesto, la lucidità,
la concentrazione, il pathos con cui ha suonato
Massimo Barbiero,
bravissimo anche alla marimba. Da parte sua Giorgio Li Calzi si è assunto
il ruolo di regista della messinscena, dimostrando un controllo assoluto della situazione
in ogni frangente. Di grande effetto, ad esempio, il finale scelto: un "tranquillo"
valzer, tratto dal pasoliniano "Salò o le 120 giornate di Sodoma", una vera oasi
di quiete dopo la tempesta….
Il pubblico è stato abbastanza numeroso e attento in tutte e tre le serate.
In un edificio vicino al palco si è svolta, inoltre, in contemporanea con la manifestazione,
una mostra di fotografie per lo più in bianco e nero, di Alberto Bazzurro,
provenienti da rassegne e concerti jazz in Italia e non solo. Accanto alle foto
erano esposti alcuni dipinti di Davide Minetti, caratterizzati da una preponderanza
del colore rosso, con titoli che richiamavano movimenti e figure musicali. Il pittore
alessandrino non è nuovo a questo tipo di operazione. Due anni fa era intervenuto
alla rassegna con tele dedicate a brani ultra famosi di
John Coltrane.
"Jazz fuori tema", infine, è arrivato alla quinta edizione e gode di ottima salute;
chissà quali sorprese ci riserverà la manifestazione il prossimo anno….
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Data pubblicazione: 10/08/2008
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