Brötzmann - Gania - Drake AngelicA Festival Bologna, Teatro San Leonardo 10 maggio 2019
di Aldo Gianolio foto di Margherita Caprilli
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Nel 1991 Mario Zanzani e Massimo Simonini fondavano l'Angelica
Festival facendolo diventare uno dei punti di riferimento per la musica internazionale
di ricerca. Per la ventinovesima edizione, il 10 maggio ha suonato, fra le numerose
altre formazioni presentate, il trio formato dal tedesco Peter Brötzmann
(sax alto, sax tenore, clarinetto e tarogato), dal marocchino Maâlem Moukhtar
Gania (guembri e voce) e dall'afro-americano di
Hamid Drake
(batteria).
È stato uno di quei concerti "da togliere il fiato" (ripetendo
quello diventato storico del 1996 a Wels, ma con Mahmoud Gania al posto del fratello
Moukhtar), con un unico brano che è andato avanti per più di ottanta minuti e un
bis, sulla falsariga, di mezz'ora.
Brötzmann ha detto che si può definire l'essenza del trio
in "tre nomi, tre culture, tre continenti, tre diverse concezioni di tempo e
tempismo che si uniscono", cosa che di fatto è risultata nella performance,
con Gania, ultimo esponente della leggendaria dinastia di maestri della musica Gnawa
di Essaouira che ha condotto col guembri un estenuante simil-bordone di poche note
cantilenanti ripetute, assumendo la funzione che ha nei gruppi jazz classici il
contrabbasso, ma con un suono più corposo ed espanso, mantenendo per lunghi tratti
il medesimo centro tonale, solo poche volte virandolo con modulazioni, e un tempo
appoggiato sul battere; con Drake che ha cucito con ritmi variati (anche dispari)
e accenti sul levare gli operati di Gania e Brotzmann, costruendo con potente tecnica
un continuo assolo sempre mutante; con Brotzmann che ha continuato a urlare nei
sassofoni incalzando senza pause (ma più remissivo col clarinetto e con il tarogato,
dai quali ricava sonorità uniche, solo sue) e attualizzando alla sua maniera le
urla che erano state di Pharoah Sanders e Gato Barbieri (quelli della Jazz Composer's
Orchestra Association di Mike Mantler), oltre che di
Archie Shepp
e Albert Ayler nei loro periodi più trasgressivi e furenti. Ogni tanto la furia
si placa e i volumi si abbassano e i suoni si diradano (facendo vieppiù risaltare
inquietudine), oppure interviene il canto sciamanico di Gaina, per aggiungere una
atmosfera folklorica a contrasto, con melismi che sembrano provenire da archetipi
ancestrali.
I tre mondi si sono incontrati esplodendo in tutta loro fisicità, riempiendo ogni
minimo spazio senza lasciare scoperto il minimo pertugio, e rendendo significativo
ogni singolo momento; poi, alla fine, improvviso silenzio e solo qualche fumo che
sale in aria con un po' di pulviscolo oscillante.