La scelta del jazz rock è cosa assai rara nel panorama musicale italiano, tanto più se a farla è un trio formato da chitarra, basso e batteria, senza cioè l'apporto di tastiere, sintetizzatori e quant'altro: il
Trio Bobo, formato da Alessio Menconi alla chitarra,
Faso al basso e Christian Meyer alla batteria, opta per quest'ultima scelta, senza ricorrere a dinamiche sonore d'effetto, a tappeti ritmici ed armonici che non di rado ingannano l'ascoltatore circa la creatività degli strumentisti.
Il cd presenta 10 brani ben strutturati, dinamici, originali da un punto di vista compositivo ed interpretativo, nei quali la Gibson e la Fender di Menconi appaiono adeguatamente sostenute da una ritmica all'altezza, parimenti creativa ed attenta, per un risultato di sicura suggestività ed accurato dal lato formale. Le costruzioni dei brani risultano solide, esposte secondo varianti stilistiche senz'altro pregevoli ed inserti concisi e di intensa espressività; significativo in tal senso il contributo del flauto di
Elio, unico special guest, che conferisce ad "Acid Bobo" una godibilità d'ascolto ed una raffinatezza esecutiva intessuta di rimandi melodici colti e d'atmosfera, in una track, peraltro, già di per sé composta, ideata, secondo una complessità che non risulta mai fuori contesto, mai fuori canoni di buon gusto. Ed ancora così per "Bobemba", in cui s'evidenzia tutta la nitidezza estetica del
Trio Bobo, quando Menconi mostra ancora una volta tutta la sua singolare versatilità e la sua capacità di passare da un registro espressivo ad un altro con piacevole naturalezza, evidenziando sicure capacità tecniche, un gusto musicale ampio, veramente di qualità, ed uno spessore espositivo che colpisce per l'attenzione ed il garbo con cui viene proposto.
Ma che forse si vada oltre il jazz rock pare suggerirlo "Calcutta's joy", ove il trio propone atmosfere "world" e addirittura "ambient", riprendendo, Menconi, la lezione di alcuni dei più creativi chitarristi degli ultimi trenta anni (da John Mclaughlin, soprattutto, a Mike Stern, a John Scofield) non ignorando il Pat Metheny migliore, senza per questo mancare di personalità interpretativa ed originalità, anzi. L'impressione sembra confermata nella rilettura di "Volcano for hire", storica composizione di Joe Zawinul ai tempi dei Weather Report, impeccabile, briosa, convincente e giusto omaggio del trio al gruppo che in qualche modo ha animato i pensieri dei Nostri.
Il cd, di cui va segnalata, a parere di chi scrive, la qualità della registrazione, fatto che conferisce agli strumenti profondità e nitidezza, comprende tre bonus video track di grande piacevolezza, tra i quali il primo, della durata di otto minuti, è il "live in studio" di "Volcano for hire", una session di registrazione che appagherà molte delle curiosità dell'ascoltatore.
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia