Simpaticamente ed onestamente Giuseppe Onofrietti dichiara nelle
note di copertina di questo suo primo disco (inciso per la tedesca YVP music), i
suoi debiti artistici:
Chick Corea,
Stefano
Bollani,
Brad Mehldau,
Enrico
Pieranunzi, cui è addirittura dedicata la quarta traccia, evitando al
recensore il "gioco perverso" della ricerca delle paternità, che è materia, anche
in musica, sempre complicata e delicata. Il trentaduenne pianista campano ha ben
elaborato ed interiorizzato la lezione dei grandi citati. Sorretto da una ritmica
espertissima e fantasiosa, ricca di suono eppure mai invadente, il suo piano regala,
nell'ora scarsa di durata del cd, una musica nitida ed essenziale, varia ed accattivante,
tutta composta da lui. Una musica, in cui si incontrano spesso tracce degli studi
classici seguiti dal leader. Si ha comunque tuttavia l' impressione di una certa
esitazione di Onofrietti sulla strada da seguire; la sensazione che il suo
discorso musicale resti sospeso. Voglio dire che, a mio avviso, a dare l' anima
jazz a questo cd sono, più il basso potente di
Aldo Vigorito
e i tamburi leggeri, quasi melodici, di
Enrico Del
Gaudio, che non il piano del leader. Che è invece affascinato e forse
un po' bloccato dalla immensa tradizione culturale accademica nella quale è tuttora
assorto (sta infatti completando gli studi di conservatorio) e non sembra sempre
trovare la sintesi giusta fra questa e l'improvvisazione jazzistica. Così come stenta
a trovare il necessario equilibrio fra la cultura pianistica di riferimento ed una
indubbia ansia di raccontare sé stesso.
Cose del tutto normali, d' altronde, per un giovane alla sua prima esperienza
da leader.
Onofrietti sembra però dotato della tecnica, della cultura e della passione
necessarie per trovare una sua strada personale. Non sarà facile né per lui ne'
per altri: la tendenza dominante di questi anni sembra quella di incoraggiare minimalismi,
fughe nel noto, chiusure in sé stessi. Lo si vede nel cinema, nella letteratura,
come nella musica (si pensi solo al clamoroso successo di
Giovanni
Allevi). Si dice a volte che il giovane jazz italiano manchi di spirito
innovativo. E' forse vero, ma il periodo storico non è dei migliori.
MArco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 11/08/2007
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