Preambolo meraviglioso
Vi siete mai accorti che dopo aver emesso una singola nota siamo come costretti
a emetterne un'altra? No? Provateci! Fate bene attenzione, non abbiate fretta e
concentratevi sulle vostre percezioni e sensazioni.
Prima delle concatenazioni in stringhe
scalari è bene chiarire che una singola nota ha un'energia insita; è come un'essenza
dinamica, un centro energetico che determina l'obbligo di irradiarsi.
Dentro una nota subito si configura (mediante gli armonici) un accordo tensivo
che determina una forza potenziale particolare, che suscita la necessità di far
seguire a esso ancora altre note, e ancora, e ancora, e così via fino alla costruzione
di qualche cosa che abbia in qualche modo un ordine soddisfacente.
Una nota ha un potenziale di energia attiva sospensiva che dunque
genera un'attesa di un susseguente flusso musicale.
Una singola nota è una sorta di accordo e precisamente di dominante
7 (appunto si forma l'intervallo di trìtono tra il quinto e il settimo armonico)
e pertanto trova riposo nell'approdo intervallatico ascendente-discendente di quarta
(e in parte di quinta) e di semitono: ad esempio un DO ha quindi come "risoluzioni"
FA, SI e REb (e parzialmente SOL).
Risoluzioni che secondo la tessitura frequenziale saranno percepite un po' più chiaramente:
in tessiture basse/medio-basse quelle di quarta (e un po' di quinta), in
tessiture medio-alte/alte quelle di semitono.
Premessa critica
Le scale musicali sono da millenni le stringhe generatrici dei sistemi di fare musica:
Il codice genetico delle scale è determinato dagli intervalli, e la scelta e
l'ordine delle note di tutte le diverse scale sono come il materiale genetico delle
strutture delle sequenze di DNA contenenti appunto i peculiari dati informativi
necessari per organizzare e quindi concretare la vita musicale.
Nel nostro sistema temperato (non includendo appunto la coincidente e sistemica
scala Cromatica) ci sono molte tipologie di scale "genitrici" possibili: 792
pentatoniche, 924 esatoniche, 792 eptatoniche e 495 octotoniche: di solito
ne usiamo rispettivamente solo 1 (+4 traslate modali), 1 (toni
interi), 4 (+17 traslate modali) e 2 (diminuite).
Dunque pur calcolando le traslazioni modali (sono spesso
usate solo di passaggio come semplici trasposizioni tattiche strumentali della scala
di origine e non organicamente costituenti strutture musicali indipendenti
*), ne abbiamo 29 contro 3003!
E se includiamo pure la scala Cromatica 30 (contro 3004).
Inoltre la scala Maggiore non è la nostra scala naturale
e quindi non è la madre di tutte scale in senso naturale, ma solo adottivo. E non
è composta di 7 note (altezze frequenziali)!
Non è la scala naturale perché nulla sta a indicarlo, anzi: George Russell
(musicista, compositore e teorico) a metà del secolo scorso ha cercato di comunicare
questa scoperta con pure tutte le implicazioni e notevoli sviluppi che lui
ne ha tratto.
Per Russell è la scala Lidia la scala madre; ben più naturale di quella
Ionica.
Questo deriva da un semplicissimo calcolo con il metodo di quinte
ascendenti sovrapposte che decine di secoli fa avrebbe dovuto fare emergere la scala
Lidia come genitrice, invece all'epoca, con un trucchetto, è diventata la
Ionica.
Un'altra eventuale scala madre emerge dalla semplicissima visura dei primi
armonici "utili" per costituire una scala eptatonica di 7 note: la cosiddetta
Lidia Settima Minore.
Ma le cosiddette scale eptatoniche sono di fatto costituite da 8 NOTE (altezze)
e 7 INTERVALLI: la struttura per esempio della magnifica Ionica è TTSTTTS, pertanto
7 intervalli, ma se non la chiudiamo con l'ultimo semitono (S), è incompleta e pertanto
è costituita di 8 note.
E poco importa che la nota che la completa ha lo stesso nome della prima e che sia
il raddoppio della frequenza: è un'altra altezza e quindi un'altra nota.
Questo non è puntiglio ma rigore che offre precise indicazioni "tecnologiche" per
concepire e fare musica più consapevolmente: saremo pregni di più potenzialità.
Che cos'è una scala?
Una scala musicale è una serie di suoni d'altezza progressiva determinata da
una successione qualsiasi d'intervalli nell'ambito della scala Cromatica.
Ne consegue che potremo avere scale di 4, 5, 6, 7, 8, note, insomma di quante note
vogliamo (fino a 11 nel nostro sistema, in questo caso non considerando la ripetizione
dell'ottava).
Sono partito da una quantità minima di quattro note (tetratonica o tetrafonica),
poiché una scala di sole tre note (tritonica) distanziate in maniera abbastanza
costante, la percepiremo più come un arpeggio melodico (vedere più avanti) che come
scala: una scala la associamo a un fluire uniforme senza troppi sobbalzi di altezze
tra una nota e l'altra, e ovviamente se scegliamo di dividere un'ottava con solo
tre note, pure alquanto vicine, ci sarà almeno un salto di frequenza sproporzionato.
Oltre a questo poiché una delle proprietà principali delle scale è di "generare"
accordi, se coaguliamo le note simultaneamente scegliendole attraverso schemi intervallatici,
una scala di sole quattro note è in grado di fornire un'armonia povera per l'insita
limitatezza di suoni permutabili e possibilità combinatorie.
Una scala è innanzitutto una successione ascendente/discendente d'intervalli (distanze),
infatti, si può far partire una scala da qualsiasi punto frequenziale (nota x) e
determinare attraverso l'ordine intervallatico tutte le altre altezze (note).
Nella stragrande maggioranza dei casi abbiamo scale costruite nello spazio di un'ottava:
sia nelle ottave successive sia nelle precedenti ripetono la stessa struttura intervallatica
quindi le stesse distanze proporzionali, conseguendo le stesse note con frequenze
raddoppiate e dimezzate.
Pertanto una scala va sempre considerata come un segmento spaziale con un'origine
e un punto di arrivo che di solito coincide con una nota di frequenza doppia (se
si ascende) rispetto a quella di partenza (mentre è dimezzata se si discende).
Proprio per questo di solito non si concepisce correttamente quindi che una comune
scala detta eptatonica (formata da 7 note) è di fatto compiuta con l'ottava nota.
In una qualsiasi successione melodica è improprio definire consonante o dissonante
il rapporto tra quelle stesse note, ma sarà possibile definirlo eventualmente riguardo
alle simultanee note suonanti in quel momento: non esistono scale o melodie
intrinsecamente dissonanti o consonanti.
Faccio notare pure che (semplificando pure la questione) una semplice scala Ionica
sovrapposta su una basilare triade maggiore produce delle fortissime tensioni: la
quarta nota dista un semitono dalla terza, e la settima nota un semitono dalla fondamentale
dell'accordo (considerando una scala di almeno due ottave perciò in questo caso
inferiore alla triade in oggetto).
Di fatto se suoniamo una scala Dorica, che ha rispetto alla Ionica la terza e la
settima minori, otteniamo una tensione in più sulla terza ma un forte alleggerimento
di tensione sulla settima che dista dalla tonica un tono: praticamente pari e patta!
Di queste relazioni ce ne sono innumerevoli, quindi attenzione: gli schemi vanno
bene per funzionalizzare alcune procedure però approfondendo ci accorgiamo che le
cose stanno in maniera diversa, più complessa ma anche più stimolante: gli schemi
dovrebbero essere molti di più.
Infatti, a fronte di questa scoperta, secondo che "colore" vogliamo ottenere, possiamo
scegliere questa o quella scala senza andare contro la vera legge
musicale!
Un'altra importante rivelazione è che una scala ascendente NON ha il medesimo senso
musicale quando sarà discendente, infatti se per esempio consideriamo una scala
Ionica ascendente quando arrivati all'ottava "torneremo indietro" la struttura intervallatica
muta e diventa come una frigia ascendente; e viceversa.
Scale maggiori e scale minori ?!
Dobbiamo partire dall'assunto che convenzionalmente una scala, che nel nostro sistema
tonale è la principale risorsa per realizzare melodie e improvvisazioni, è qualificata
maggiore o minore (o altro) vagliando la distanza della terza nota rispetto alla
prima: se è distante due toni è maggiore, se è distante un tono e mezzo è minore.
Ma la cosa ha un senso limitato per vari ordini di motivi (considerando pure che
di solito una scala è suonata sin troppo scalarmente come poco sopra ho evidenziato).
Il primo motivo è che una scala pur avendo una relazione privilegiata con la tonica
(la prima nota) proprio perché è una scala ha nelle note contigue i rapporti determinanti:
è importante di una nota da quale è preceduta e da quale è seguita.
La struttura intervallatica generale nel suo insieme della scala e percorso ritengo
sia più rilevante del semplice rapporto delle terze con la tonica.
È in ogni caso più che opportuno (oltre che doveroso) sapere di una scala i vari
e relativi rapporti delle terze e di tutte le altre note rispetto la tonica, giacché
la cognizione di suonare delle scale sovrapposte ad accordi o note è utile per creare
consapevoli schemi di sonorità.
Tuttavia quando consideriamo una scala come struttura melodica pura non ha molto
senso pensare in termini di sonorità maggiore o minore rispetto alla tonica, perché
è ben più importante sapere se la scala ha eventualmente delle assolute terze
insite e non relative nella sua struttura sequenziale: queste assolute terze
daranno sicuramente un formidabile carattere alla scala.
Difatti la scala Minore Armonica e la scala Pentatonica hanno delle terze minori,
e sono scale davvero peculiari!
Anche per comodità di pensiero possiamo in ogni caso considerare gli agglomerati
armonici di ogni scala come sintesi vaga ma utile per le applicazioni d'improvvisazione,
composizione o quant'altro: ad esempio una scala Ionica si può coagulare come un
accordo M7(2/4/6-8), oppure una scala Frigia come un accordo m7(b2/4/b6-8),
o ancora una scala Minore Armonica come un accordo mM7(2/4/b6-8), o una
Esatonale come aum.7(2/#4-8), e così via.
Per avere queste corrispondenze armoniche-modali basterà semplicemente disporre
in maniera verticale tutte le note delle scale in questione. (Es.2)
Va da sé che per ottenere davvero una seppur vaga percezione di questo o quell'accordo
sia quantomeno preferibile suonare in maniera rapida e contigua (senza salti d'intervalli)
le note delle scale.
Nella nomenclatura di queste verticalizzazioni scalari ho pure tenuto conto dell'ultima
nota (chiamata ottava), che di conseguenza ho redatto nella sigla degli accordi,
seppur più piccola.
Scale non scalari
Un importantissimo concetto è che se è vero com'è vero che una scala è una stringa
intervallatica determinante delle precise altezze (note), una scala possiamo/dobbiamo
considerarla come un contenitore di note, pertanto è possibile suonare esse non
necessariamente in maniera sequenziale-scalare.
Vale a dire che una semplice scala Maggiore possiamo suonarla in modo che non abbia
quei rapporti intervallari che siamo abituati di ascoltare. Es.3
In questo esempio abbiamo la sequenza: 2m, 4, 2, 2, 3m, 2, 4 (ascendenti), 3m discendente,
2m, 3, 2, 3m, 3m (ascendenti), 4 aumentata, 3 discendenti.
Tanto è vero che compositori e improvvisatori si servono degli arpeggi melodici
per spezzare quella monotonia scalare che a volte accade…
Questo non è certo male ed è il benvenuto, tuttavia è un sistema diverso da quello
che voglio indicare poiché gli arpeggi sono di solito pensati schematicamente e
quindi schematicamente eseguiti: sono in qualche modo non omogeneizzati con la scala
ma frutto di una "verticalizzazione melodica", tanto efficace e affascinante
quanto prevedibile nello svolgimento improvvisativo poiché sembra comunque una soluzione
di continuità per la scala.
Insomma le note di una scala sono lì che aspettano di esser suonate in tutta libertà
con qualsiasi combinazione, infatti, non dobbiamo eseguirle necessariamente con
la successione di altezze che la scala istituisce facendoci suonare appunto pedissequamente
scalari.
Il procedimento usato dalla maggior parte dei musicisti per imparare a emettere
delle note che abbiano un senso musicale, da un qualsiasi strumento, è di apprendere
delle scale ed esercitarsi per anni su e giù e giù e su, con percorsi predefiniti
per memorizzarle ed eseguirle tecnicamente con sicurezza e compiacimento trascurando
però altri percorsi. In seguito è naturale che faremo molta fatica ad affrancarci
da quella pratica, pertanto per non sembrare elementari e manifestare più avvincente
e ricco il nostro fraseggio (di là delle urgenze di ricerca ed espressive sempre
ben accette) ricorreremo a degli espedienti: affastelleremo più scale per avere
delle varianti soniche, e affabuleremo più note suonando di conseguenza sempre più
rapidamente.
----------------------------
* Nella pratica musicale, soprattutto con l'avvento
delle improvvisazioni Jazz, sin dalla metà del secolo scorso abbiamo interessantissime
sperimentazioni per mezzo di libere e creative sovrapposizioni modali mediante linee
melodiche tratte da varie scale messe in sequenza pure con toniche differenti dal
tono di partenza (sfondo che può essere una nota, un riff, un accordo e finanche
una sequenza di accordi tonale) pertanto immerse nel totale cromatico.
Dunque le possibilità aumentano: da 29/30 (con le toniche corrispondenti il fondamentale
sfondo armonico/melodico) si arriva così a un massimo di 321 stringhe di scale alle
quali attingere per conseguire delle linee melodiche, quindi con le toniche delle
scale che non corrispondono al tono fondamentale dello sfondo (variazioni
cromatiche delle toniche scalari da qui in poi VCTS).
Perciò considerando le scale più utilizzate summenzionate con tutte le loro traslazioni
modali possibili e le VCTS, avremo molte scelte per poter configurare fraseggi interessanti
e un po' ellittici rispetto alla classicità; anche se sempre, per la natura
del metodo, tendenti alla scalarità.
Non sono comprese le VCTS delle scale simmetriche ovvero la
Cromatica, a Toni interi o Esatonale (esatonica)
e quella Diminuita (octotonica) giacché sarebbe stato improprio calcolarle:
avendo solo una classe d'intervallo (quindi naturalmente non varia il colore e senso
nella formulazione prettamente scalare da qualunque parte s'inizia), se pur cambiassimo
cromaticamente la tonica matrice di queste scale, le altezze in sé (le note vere
e proprie) non cambiano, insomma suonano sempre appunto allo stesso modo (solo la
Diminuita avendo un'alterità intervallatica in effetti ha 2 modi).
I calcoli di fatto sono questi: 1 scala pentatonica cioè 1scalax5modix12toniche
+ 3 eptatoniche 3x7x12 + 2 esatoniche + 3 octotoniche 3x2 + 1 cromatica = 321. (420
se volessimo forzare con le improprie VCTS.)
Quindi anche per questo motivo ci si è accontentati e ci si contenta tuttora di
quelle pochissime scale a disposizione senza troppo cercarne altre.
In pratica funziona come le trottole colorate: su un punto
armonico/melodico (sfondo modale) si fa ruotare la trottola
con molti (possibili) colori dipinti (scale e sequenze melodiche connesse), magari
pure velocemente, ecco che appare un fantasmagorico arcobaleno (melodico).
Si fa insomma l'inverso di quello che accade nel sistema tonale, dove la percezione
melodica è arricchita anche se sono molto statiche sia la stringa melodica scalare
(i pochi colori dipinti) sia ciò che spesso ne consegue ovvero le sequenze melodiche
(il punto di rotazione), facendo piroettare la trottola con su però dipinti i vari
e cangianti colori armonici accordali (sfondo tonale).
Per approfondimenti, il libro è disponibile anche presso
www.amazon.it
Inserisci un commento
© 2013 Jazzitalia.net - Carlo Pasceri -
Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 3.443 volte
Data pubblicazione: 16/11/2013
|
|