Bisogna ricordarsi sempre che su un palcoscenico diamo spettacolo dal momento
in cui vi saliamo al momento in cui ne scendiamo per entrare nei camerini: il musicista
è sempre e comunque uno "showman" anche se non ne è pienamente consapevole.
E' però necessario che chiunque salga su un palcoscenico
SAPPIA CONFEZIONARE uno show tenendo conto in misura adeguata alla propria idea
artistica di quello che (presumibilmente) il pubblico si aspetta; se nel mondo del
pop diamo per scontato che il concerto sia in gran parte un evento spettacolare,
non siamo però abituati a cogliere ed analizzare questo aspetto del "lavoro del
musicista" presente anche in altre forme musicali considerate più colte.
In realtà anche nel jazz e persino nella musica classica il "dare spettacolo" è
un aspetto fondamentale ed è la molla che dà origine al "business" musicale; il
musicista può e deve divertire, emozionare, trasmettere "vibrazioni positive" eccetera
ma avrà sempre davanti a sé (o almeno si spera) un PUBBLICO PAGANTE. Esistono mille
esempi di grandissimi musicisti che hanno elaborato un metodo per affrontare il
pubblico con efficacia costruendosi a tavolino o ricavando dalla loro personalità
un campionario di gesti, battute, frasi ad effetto; dalla celebre frase "I love
you madly" di Duke Ellington rivolta al pubblico ogni sera, alle battute
e alla risata di
Louis Armstrong o alla mimica facciale di
Lionel
Hampton, passando per il fazzolettone di Pavarotti e i passi di danza
di Michael Jackson.
Il pubblico può essere affascinato in mille modi (in primis naturalmente
dalla nostra bravura e sensibilità musicale) ma questa parte del proprio lavoro
non è mai stata sottovalutata da nessun grande della musica, nemmeno da personaggi
scostanti come Miles Davis che sulla sua apparente "inavvicinabilità" aveva
creato un mito, inscindibile peraltro dall'estetica del "cool jazz" di cui lui era
una icona assoluta. D'altro canto è noto che musicisti di incommensurabile statura
come Charlie Parker hanno avuto molti problemi professionali per via della
loro vita sregolata ma anche per una certa loro incapacità di stare sul palcoscenico
in modo efficace, come invece sapevano fare benissimo persone a loro vicine come
Dizzy Gillespie (tanto per citare un esempio).
Tra le più semplici (e fondamentali) caratteristiche di uno show musicale che un
buon "bandleader" deve sapere gestire, quelle assolutamente indispensabili
a mio parere sono le seguenti:
1. Creare una scaletta efficace
2. Sapere presentare i brani
Considerazione fondamentale; la scaletta deve essere concepita come il programma
di una rappresentazione teatrale, con una giusta alternanza di tempi, tonalità e
stili in modo da suggerire una serie di stati emozionali nel pubblico e garantire
il più possibile un ascolto attento. Per cui è ovvio che una serata difficilmente
potrà essere di sole "ballad" a meno che non sia l'argomento dichiarato dello spettacolo
e ci si chiami
Bill Evans. Comunque scherzi a parte è importante di norma evitare
di mettere in scaletta consecutivamente brani troppo simili tra loro; è bene studiare
la progressione dei brani in modo che si dia all'ascoltatore una sensazione di crescendo
di emozionalità fino al raggiungimento di uno o più "climax" per poi giungere ad
una conclusione più o meno avvertibile come "finale" dal pubblico e agli ovvi bis.
Un esempio di scaletta ben congegnata può essere il seguente:
-
INIZIO:
- Db waltz
- Where the moon goes
- 8:30
- CLIMAX 1:
- Black market
- Elegant people
- Assolo di basso (Victor Bailey)
- CLIMAX 2:
BIS:
(Scaletta dei Weather Report del 1980,
dal DVD "Japan Domino Theory")
Un vecchio suggerimento dei jazzisti di un tempo era il seguente: - "Mandali
a casa con la voglia!" – ovvero, non suonare sempre TUTTO quello che la gente
si aspetta da te. Una scaletta non va valutata in base alla sua DURATA a meno che
non si abbia in contratto l'obbligo di fare ballare la gente (o non sia una serata
- karaoke…) un concerto della durata di un'ora e mezza ma molto "ricco" come contenuti
emotivi può essere totalmente appagante e ben più gradevole e bello da ricordare
di un concerto trascinato per ore stancamente e dai contenuti noiosi. Gli ultimi
concerti di Louis
Armstrong raramente superavano la durata di un'ora – un'ora e un quarto,
ma erano comunque in grado di restare per sempre scolpiti nella memoria di tutti
i presenti.
Per quanto riguarda il saper presentare, di solito è considerata una dote naturale
derivante dalla maggiore o minore dimestichezza nei confronti del pubblico e dalla
propria estroversione. In realtà chiunque abbia l'abitudine di seguire un artista
in varie tappe di un suo tour si può facilmente rendere conto che tutto quello che
accade sul palcoscenico, dalle entrate in scena alle battute, corrisponde spesso
ad un copione costruito pazientemente, adoperando le stesse espressioni del viso
e rispondendo sempre allo stesso modo alle richieste del pubblico. Ogni musicista/showman
tende a costruirsi un personaggio, magari giocando sulla sua estroversione o al
contrario proprio sulla sua timidezza, e fa di questa "arte" un formidabile veicolo
per raggiungere la notorietà, bravura permettendo; si tratta quindi anche in questo
caso di un ingrediente estremamente utile del proprio bagaglio di artista.
Concludendo si può comunque affermare che questo aspetto della vita musicale
in ultima analisi deve essere dettato dal RISPETTO per il pubblico, atteggiamento
estremamente importante per chiunque si affacci su un palcoscenico e che, appunto,
musicisti del passato come Ella Fitzgerald e Count Basie non hanno
mai dimenticato neppure per un minuto nella loro grande e lunghissima carriera.
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Data pubblicazione: 17/03/2013
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