Jazzitalia - Lezioni: Il Ritmo (e i suoi tempi capricciosi)
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Lezione 4: Il Ritmo (e i suoi tempi capricciosi)
di Carlo Pasceri
cpasceri@libero.it
www.carlopasceri.it

Premessa critica
La convinzione più diffusa a tutti i livelli è che il metro (ad esempio 3/4, 6/8, 7/8) abbia come un ritmo insito.

Ne conseguirebbe che siccome un poliritmo è dato da 2 o più ritmi diversi sovrapposti, è quindi determinato da una sovrapposizione di 2 o più ritmi aventi metri diversi. No.
In realtà il metro è solo un contenitore temporale; e per ottenere un poliritmo basta sovrapporre semplicemente un ritmo appunto diverso a un altro (pure) nella stessa cellula temporale (battuta, misura) stabilita dal metro e con la stessa unità di tempo (scansione, battito).

Nell'occasione di 2 ritmi diversi con metri diversi si costituisce una polimetria (oltre al poliritmo, naturalmente).



Se all'interno di una battuta di qualsiasi metro ad esempio 2/4 e con eventi che evidentemente hanno un ritmo di un certo tipo, magari 3 crome + 2 semicrome, sovrapponiamo 3 eventi equidistanti a cominciare dal primo battere, ecco che si configura il cosiddetto gruppo irregolare; che nella fattispecie corrisponde a una terzina di semiminime.

Questo è naturalmente un poliritmo ma con delle tracce polimetriche poiché la scansione costante di questa terzina può indurre percettivamente il sentirla come una nuova unità di tempo, che è ovviamente diversa dal fluire dell'altra sovrapposta in contrasto.

Il ritmo è una successione di eventi sonici con inerenti durate (ed eventuali pause) intervallati/e nel dominio del tempo (da pochi decimi di secondo a qualche secondo), che seguono di solito (ma non obbligatoriamente) uno o più modelli ciclici.
Pertanto il ritmo è la dimensione temporale (orizzontale) della musica.
Un ritmo non ha bisogno né di ciclicità né di periodicità (tantomeno isòcrona).

Per ottenere un ritmo musicale oltre le distanze temporali tra gli eventi (molte volte eterogenee e con pause ma in genere multipli o sottomultipli), spesso ci sono anche delle variazioni d'intensità chiamati accenti che ne evidenziano la cadenza periodica, offrendo così la pulsazione principale di riferimento che produce quindi una spaziatura costante (unità di tempo) e che è cronometrata in battiti per minuto (bpm); tutto questo abitualmente segue un modello ciclico di breve durata che agglomera gli eventi acuendo ancor di più la sensazione ritmica che definisce quindi la metrica temporale musicale del brano (tempo musicale).

Gli eventi ritmici non sono da intendersi solo percussivi, ma anche melodici e armonici.

La nomenclatura è semplice: ad esempio un tempo musicale di 3/4 indica che ci sono in una misura tre (numeratore) eventi (tempi) del valore (durata) di un quarto (denominatore).
L'effettiva durata temporale del quarto (unità di tempo) che è sempre il denominatore, è conferita quindi dal valore metronomico che viene di volta in volta attribuito: 100 battiti per minuto (bpm) o 120 bpm, 99 ecc..

Pertanto un tempo di 7/8 significa che ci sono per una misura (o battuta) sette eventi (o pause) del valore di un ottavo (o ripartizioni di eventi di vari valori che sommati devono dare sette ottavi); la velocità di scansione è data dal metronomo che quindi determina la durata temporale di riferimento dell'ottavo.

I gruppi irregolari
Fatta salva la libera e svincolata associazione ritmica, il frazionamento temporale dato dal battito di riferimento può essere scomposto simmetricamente per tutti i valori (numeri) che vogliamo, sia internamente (tra un battito e il successivo) sia esternamente (tra un battito e un altro qualsiasi che abbiamo scelto come limite).
Vale a dire (nel primo caso) che dentro il frazionamento temporale dato dai battiti (delimitato da un battito e da quello susseguente), possiamo introdurre gruppi di note simmetricamente disposte in qualsiasi numero: 2, 3, 4, 5, 6, 7 e così via.

Oppure (nel secondo caso) considerando lo spazio temporale dato da più di due battiti consecutivi, dunque in un frazionamento temporale che è un multiplo di quello primario basico.
Accademicamente è stata emanata la nozione (ed è poi invalsa generalmente) che i gruppi irregolari sono quelle suddivisioni di numeri non multipli (o sottomultipli) il metro dato: i metri considerati basici sono binari e ternari, se quindi abbiamo un 3/8 i gruppi irregolari sarebbero i raggruppamenti di 2, 4, 5, 7 eccetera.

Quindi ad esempio il 3/4 farebbe rientrare (secondo l'accademia) nella suddivisione irregolare il 2 e i numeri derivati dal suo elevamento a potenza (4, 8, 16 ecc.), oltre a tutti quelli dispari non multipli (o sottomultipli) dell'originale metro, giacché il gruppo simmetrico di note non corrisponde alla suddivisione originale.

Tuttavia è più corretto e semplice considerare che un gruppo irregolare ha luogo quando l'unità temporale (poi coagulata in cellule di qualsiasi metro) è suddivisa per un numero dispari (e i loro raddoppi).

Ne consegue che per costituire dei puri gruppi irregolari, il numero del metro di riferimento non ha importanza, può essere sia pari sia dispari, sia binario sia ternario, sia in quarti sia in ottavi (2/4, 3/8, 4/4, 5/8 ecc.), se frazionato da numeri dispari (e i loro raddoppi) 3, (6), 5, (10), 7 (14), e così via. Es.1

Es.1


Quindi dato un tempo di 6/8, se inseriamo una quartina di ottavi comunemente si considera questo inserimento un gruppo irregolare, giacché ci sarebbe un contrasto tra il metro e il raggruppamento, stabilito dal non ossequio della divisione della metrica.

Ma possiamo facilmente accorgerci che se l'unità metrica si scompone in 4 e contiamo 6 di queste perfette divisioni otteniamo non delle "irregolari" frammentazioni, ma delle "regolari" sincopi coincidenti con la suddivisione in base 2 dell'unità ovvero battere e levare: lo possiamo dunque intendere come gruppo irregolare impuro.

Es.1a


Come d'altronde l'inverso (6:4) si configura come gruppo irregolare puro: non bisogna lasciarsi confondere dal numero 6 che è pari perché esso è il doppio del 3, infatti nella pratica il 6:4 equivale a 3:2.

Es.1 a1


In tutti i casi di gruppi irregolari (sia quelli puri sia quelli impuri), la tecnologia di frazionamento metrica e la conseguente pratica si ottiene dividendo l'unità nel numero richiesto e prendendone la parte numerica del metro dato: per conseguire un 7:5 (si dice 7 su 5) si segmenta l'unità in 7 parti e se ne marcano o accentano ogni 5 nel fluire.
Insomma, in musica accade di solito che evenienze del genere, insiemi di suoni simmetricamente suddivisi, si chiariscano sia a livello melodico sia a livello armonico sia a livello puramente ritmico.
Quando il numero delle ripartizioni del battito di riferimento non è un numero prodotto dell'elevamento a potenza del fattore 2 (2, 4, 8, 16, 32 ecc.), questi insiemi e i loro raddoppiamenti (3, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 12, 13 ecc.) costituiscono dei gruppi irregolari (puri) come negli esempi 2b-c.

Es. 2b


Es. 2c


Pertanto i gruppi irregolari non sono in relazione con il numero di eventi dispari dato dal numeratore che a sua volta è una somma finale di durate temporali, infatti, un tempo può essere di numero dispari (5/4) ma contenere un numero puro e assoluto di eventi fisici pari e viceversa.

Poliritmi e Polimetrie
Di solito nell'ipotesi esclusivamente percussiva (che naturalmente avrà dei suoni brevissimi quindi inevitabilmente con delle pause), possiamo ottenere poliritmi intrecciando più cellule ritmiche contemporaneamente in un numero preciso di battute isòcrone: in pratica i diversi ritmi iniziano e finiscono nella stessa concatenazione di battute dunque allo stesso tempo.
È quello che fa normalmente lo strumento della batteria.
In questo caso di evento specificamente percussivo si generano delle pause, quindi lo scorrere del tempo sottostante è percepito con più nitidezza ed evidenza.
In ogni caso in musica tutti gli elementi generano del ritmo, giacché essendo l'elemento temporale nel fluire di una musica si genererà comunque una pulsazione, ne consegue che in pratica i poliritmi sono naturalmente originati: ogni musica che ascoltiamo ha un accumulo di poliritmi, da non confondere con le polimetrie.

Il concetto di ritmo polidimensionale, ovvero quando 2 o più linee diverse di ritmi si sovrappongono, si deve immaginare sempre come una costituzione di un poliritmo.
Non c'è necessità di sovrapporre nessun gruppo irregolare (terzine, quintine ecc.); in questo caso si genererebbero (oltre ovviamente a un poliritmo) secondo le circostanze, una delle 4 tipologie di polimetrie e che ho trattato completamente con esempi, formule e partiture nel mio libro Tecnologia Musicale.
Una delle più radicate convinzioni e quindi convenzioni è quella che per ottenere un poliritmo è necessario sovrapporre un ritmo con una metrica diversa o un gruppo irregolare (che è in pratica la stessa cosa).

Un Poliritmo è un ritmo diverso in sovrapposizione a un altro avente la stessa scansione periodica ossia la stessa unità di tempo.
Comunemente si realizza in una cornice isòcrona di battute. (Es. 2a-b)

Es. 2a

Es. 2b


Una poliritmia è perciò data comunemente da ritmi diversi che si sovrappongono entro una struttura chiara e delimitata di battute, cioè i ritmi iniziano e finiscono nello stesso ciclo di battute aventi gli stessi battiti di riferimento.
Un poliritmo si manifesta quando un qualsiasi ritmo si sovrappone a un altro; un poliritmo non è mai conseguentemente polimetrico, mentre una polimetria (quando sovrapposta) è sempre poliritmica.

La Polimetria si costituisce quando sono sovrapposti 2 o più ritmi con metri differenti (per esempio 4/4 insieme con 5/4). Ma la polimetria contempla una tecnologia musicale complessa inerente a precise ripartizioni aritmetiche relative a un'unità di tempo base per stabilirne un'altra diversa con una pulsazione che abbia però insiti rapporti con quella base e con la quale periodicamente si ricongiunge (di solito dopo due o più battute). Dunque sviluppando la semplice definizione fornita all'inizio, la polimetria si concreta soprattutto quando un ritmo è sovrapposto (o accostato) a un altro avente sfasate pulsazioni di unità temporali (velocità differenti dei battiti di riferimento) prodotte da accenti marcatori ciclici chiari e predefiniti aritmeticamente che sistematicamente si ricongiungono con il primario.
Quindi tanto per chiarire una classica sequenza di terzine inserita in un contesto di 4/4 non costituisce (solo) un poliritmo ma una polimetria (a Scansione Variata Isociclica), soprattutto nel caso non siano accentuati tutti i primi ottavi delle terzine; nel caso si emettessero solo quelli accentuati ogni 4 ottavi terzinati (sott'intendendo gli altri), il blocco ritmico può essere stimato come un vero e proprio 3:4 quindi una polimetria politemporale (si dice tre su quattro). 

Es.3


L'accento ha, tornando a un discorso meramente ritmico, un'importanza formidabile pure se solo distribuito su ritmi semplici: l'esempio più banale è far percepire di un ritmo una scansione periodica diversa di quella presa come riferimento creando così una sovrastruttura ritmica.

Bastano pochi accenti in un ritmo elementare simmetrico a determinare un ritmo scaturente molto meno elementare, giacché percepiremo gli accenti come i marcatori ritmici denotativi e gli altri eventi come connotazioni accessorie: pulsazione sovrastrutturale che va a intersecarsi con la pulsazione strutturale data dalla scansione periodica (Polimetria).

Es.4


Tempi capricciosi
Un qualsiasi ritmo (soprattutto con metrica di numero dispari), se eseguito in maniera molto rapida (quindi con un'alta velocità di scansione periodica), lo percepiremo con una diversa pulsazione temporale: la pulsazione ritmica principale, quindi la metrica che è sempre in funzione dell'unità di tempo, sarà avvertita più lenta poiché tendiamo a coagularla sul principale accento. Laddove la vecchia unità di tempo che cadenzava la metrica è sentita come rapide suddivisioni interne alla nuova pulsazione magari con sincopi.
Ad esempio se un ritmo comune come il 3/4 è eseguito molto rapidamente, lo percepiremo come un 1/4 terzinato, perché raggrupperemo le scansioni in un macro frazionamento quindi marcatore della nuova unità temporale con pulsazione più lenta (in questo caso) di un terzo la pulsazione originale, data dal primo battere accentato insieme con le altre scansioni ritmiche (in questo caso gli altri due eventi rimasti del 3/4 originale), che saranno invece le simmetriche intelaiature sovraritmiche.
Comunque in questi casi dobbiamo rilevare che nella pratica noi percepiamo un 2/4 terzinato (o 4/4), giacché è nostro atteggiamento psicofisico "pareggiare" metricamente i tempi ove è possibile.

Es. 5


Quindi un 3/4 eseguito a una velocità metronomica di 180 bpm per quarti lo sentiremo ritmicamente come un 2/4 terzinato con velocità del quarto pari a 60 bpm.

Riepilogando i concetti fondamentali sono: l'unità di tempo, quindi denominazione dell'evento (croma, semiminima ecc.), strettamente correlata con la scansione periodica temporale, perciò velocità dei battiti praticamente svolti, e anche numero di essi cui tutto e tutti in ogni caso convenzionalmente fanno riferimento effettivo, il metro (tempo musicale) che è l'organizzazione cellulare e la cellula (battuta o misura).

Il ritmo è la pulsazione musicale vera e propria, l'evento concreto con i componenti di eventi impulsivi e le sue segmentazioni di durate, che è in relazione anteriore all'unità di tempo e al metro; quindi è lui a determinare questi ultimi, anche se di solito è opportuno considerarlo suddividente l'unità di tempo quindi in funzione di esso.
Ci sono pure le pause, "eventi" importantissimi che coagulano energia impulsiva nella suddivisione e gli accenti, che determinano e plasmano il profilo ritmico del flusso temporale con l'accento primario dato di solito sul primo evento: il "big-bang" ritmico.

Poi abbiamo i poliritmi e le polimetrie

COMPONENTI DI EVENTI IMPULSIVI = SEGMENTAZIONI DI DURATE
Unità DI TEMPO = SCANSIONE PERIODICA
DIVISIONE METRICA = CICLO TEMPORALE

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Data pubblicazione: 01/09/2013

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