Jazzitalia - Lezioni - Musica d'insieme: Introduzione all'ear training
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INDICE LEZIONI

Lezione 4: Introduzione all'ear training
di Roberto Manuzzi

1 – gli intervalli
La percezione degli intervalli sia in forma melodica che armonica richiede un addestramento continuo nel tempo; è bene dedicare almeno una mezz'ora al giorno ad esercizi specifici, tuttavia bisogna ricordare che il nostro orecchio musicale dipende anche da altri fattori come la MEMORIA UDITIVA e il cosiddetto ORECCHIO INTERIORE.



In pratica, tutte le volte che ricordiamo un brano, nella nostra memoria affiora il ricordo del SUONO di quel brano, altrimenti non saremmo in grado di riconoscerlo e/o riprodurlo "ad orecchio" con la voce o con il fischio o con uno strumento musicale. La memoria uditiva può essere coltivata e sviluppata con lo studio, ma è una prerogativa del cervello umano e che è parte della nostra evoluzione; quindi nessuno di noi in realtà ne è privo (e, a parte i cosiddetti "sordi profondi" e altre patologie o menomazioni della percezione, nessuno di noi nasce STONATO). Il neonato apprende l'uso del linguaggio attraverso la memorizzazione degli stimoli sonori esterni e, imparando a riconoscere nel suono della propria voce tramite tentativi ed errori (la cosiddetta "lallazione") gli stessi suoni e fonemi che ha appreso e memorizzato, ottiene la padronanza del linguaggio parlato della propria lingua madre, qualunque essa sia.

Ognuno di noi è quindi in grado di riconoscere uno stimolo musicale, così come ha imparato a riconoscere i fonemi articolati da parte dei propri genitori nella primissima infanzia. Il neonato non si limita però unicamente a riconoscere i fonemi; per i meccanismi ancestrali impressi nel nostro DNA, ogni bambino è in grado, anche nelle prime settimane di vita, di riconoscere i timbri vocali e le intonazioni della voce, in modo da distinguere tra le voci dei genitori e le voci di estranei, così come tra toni di voce rassicuranti e toni minacciosi o aggressivi. La mancata o parziale risposta a questi stimoli è infatti di solito motivo di allarme serio per i pediatri che si aspettano tali "successi" nell'apprendimento dei primi mesi di vita del bambini entro un lasso temporale preciso.
Alla base della nostra abilità di distinguere i suoni vi sono quindi caratteristiche assolutamente comuni a tutto il genere umano; il musicista ha però in più semplicemente la necessità di porre maggiore attenzione ai dettagli dell'informazione musicale. Tale capacità deve, necessariamente, essere accompagnata da uno studio specifico.
Prima però di suggerire una serie di esercizi adatti, una serie di domande;

- quando cercate di ricordare un brano musicale, cosa vi viene alla mente?

  1. solo la linea melodica, senza un suono particolare
  2. la linea melodica, eseguita con il suono dello strumento che suonate abitualmente
  3. la linea vocale, con o senza le parole del testo
  4. la linea melodica suonata dagli strumenti originali, più la linea vocale e il ritmo
  5. il brano completo in tutti i suoi aspetti compresa l'armonia e l'arrangiamento
  6. il brano "come è" come se vi risuonasse il disco originale nella vostra testa.
Se avete risposto 1, 2 o 3 avete un normale approccio alla vostra memoria uditiva.
Se avete risposto 4 siete un musicista o un cantante esperto.
Se avete risposto 5 o 6 siete un compositore, un arrangiatore o un direttore d'orchestra (o almeno sareste in grado di farlo con poca fatica)

Per raggiungere il livello 6 (quello che rappresenta il massimo della nostra immaginazione uditiva, o altrimenti detto, del nostro "orecchio interno") occorre in qualche modo riprendere il lavoro interrotto nella prima infanzia e con lo stesso metodo, fatto di tentativi ed errori, imparare a riprodurre gli eventi sonori che ascoltiamo, entrando sempre più nei dettagli dei suoni "complessi".
Il primo passo da affrontare è quello di tornare ad usare la VOCE. Non è necessario essere cantanti professionisti, dotati di ampia gamma dinamica e di un range vocale molto esteso; ognuno di noi PUO' e DEVE, esattamente come un bambino, abituarsi a dare un nome ai suoni che ascolta, emettendoli successivamente con la propria voce e cercando di capire se sono o no, e in che misura, simili a quelli ascoltati in precedenza. L'unica differenza è che non si tratta più di imparare a dire "mamma" o "papà" ma di dare un nome agli INTERVALLI che costituiscono i suoni sia in forma di melodia (step 1, 2 e 3 della nostra lista) che in forma di armonia (step 4, 5 e 6)

Dovremo quindi imparare a dare il nome a cose che nella realtà già conosciamo, in quanto le usiamo normalmente per riconoscere un qualsiasi brano musicale, come il seguente:


(File Audio )

oppure il seguente:


(File Audio )

Il riconoscimento o meno di un brano, o come in questi casi di un semplice inciso, dipende molto da un fattore culturale. Il primo brano è infatti molto facile da riconoscere; l'inizio della Quinta Sinfonia di Ludwig Van Beethoven, talmente universale da essere divenuto un "meme", ovvero una specie di "chiodo fisso". Siamo in grado di riconoscerlo infatti anche suonato su qualsiasi strumento, dal flauto dolce al basso tuba, al theremin…

Il secondo brano "All of Me", standard jazz del 1931 di Marks e Simons, richiede invece una certa conoscenza del repertorio jazz, anche se si tratta in fondo di uno standard piuttosto comune (non ai livelli di brani come Summertime o Autumn Leaves, ma è comunque uno standard "di base").

Mettiamo però il caso che un musicista venuto da Marte non abbia mai sentito nemmeno una volta le sinfonie di Beethoven o un brano jazz in vita sua; come farà a distinguere ad esempio la melodia della Quinta Sinfonia da un qualsiasi altro inciso e, successivamente, riconoscerla e riprodurla?

Ovviamente dovrà fare una analisi della costruzione melodica e armonica di questo inciso, più o meno così:

Questa invece è più o meno l'analisi che il nostro "marziano" farebbe dell'inciso di "All of Me":

Un sacco di roba, direte voi? Sì, ma in realtà questo è quello che un musicista che suona, per così dire, "ad orecchio" fa normalmente anche se non ne è pienamente consapevole. Questo tanto per mettere una bella pietra tombale su certi modi di dire dispregiativi dei musicisti di una volta (che quando dovevano infamare un musicista jazz lo definivano "uno che suona ad orecchio", salvo poi magari mostrare di non essere in grado di eseguire una qualsiasi melodia dopo averla semplicemente ascoltata, mentre invece i musicisti che suonano, appunto, "ad orecchio" ne sono perfettamente capaci).

Il vantaggio di afferrare una melodia per "come è costruita" anziché solo per "come suona" o peggio solo per "come sono le parole del testo" è evidentissimo per qualsiasi musicista; una volta compresa la SUCCESSIONE DEGLI INTERVALLI e IL CONTENUTO ARMONICO di un inciso o di un brano complesso, il brano medesimo sarà infatti riproducibile in QUALSIASI TONALITA' senza perdere nessuna delle sue caratteristiche.

Esempio:

BEETHOVEN'S (CIRCLE OF) FIFTH
(File Audio )

Si può dire che gli INTERVALLI sono il materiale da costruzione basilare del contenuto melodico e armonico quindi di un qualsiasi brano musicale, ed è quindi su di essi che dobbiamo assolutamente concentrarci ed esercitarci.

Ecco un ulteriore esempio di quanto siano determinanti gli intervalli per identificare una linea melodica:



(File Audio Oh Susanna )
(File Audio Oh Katiuscia )

Tra il primo ed il secondo esempio la differenza è "solo" data dagli intervalli di terza di sesta, visto che il primo frammento melodico è in tonalità maggiore ed il secondo in tonalità minore. Eppure questo basta a trasformare un tipico brano da cow-boy in una canzone da "cosacchi della steppa", anche se il ritmo ed il profilo melodico generale dei due frammenti sono identici.

E che ne dite di questo tema di Gustav Mahler dalla sinfonia n°1 (detta "Il Titano")?

Un piccolo indizio: è la trasposizione in modo minore di un celeberrimo canone…






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Data pubblicazione: 20/09/2015

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