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Lezione 5: Le regole fondamentali della jam session
di Roberto Manuzzi

Per organizzare e partecipare ad una jam session bisogna osservare le seguenti regole;

1. Conoscere un repertorio di base sufficientemente ampio
2. Conoscere diversi stilemi improvvisativi
3. Essere capaci di "interplay" e di ascolto reciproco
4. Rispettare i ruoli nei vari momenti dell'esecuzione (accompagnatore – solista)
5. Organizzare l'esecuzione (Es.: tema x 2 –break – soli – special - scambi 4 e 4 - tema x 2 - coda)

Vediamo nel dettaglio i vari punti qui esposti:

1. COSA SI INTENDE PER "conoscere un repertorio di base sufficientemente ampio"?


La jam session di solito funziona così; c'è un trio o un quartetto che di solito è abbastanza affiatato e che ha avuto l'incarico di fare una serata chiamando altri musicisti per aggregarsi durante il concerto (e per riempire il locale con i propri amici)

Quindi il solista di turno sale sul palco, e uno del gruppo gli chiede: "che brano vuoi fare?" La risposta quasi sempre comprenderà uno dei seguenti brani:

· AUTUMN LEAVES
· SUMMERTIME
· BLUE BOSSA

E poi inizia il momento dell'imbarazzo: "ma non è che conosci anche un Anatole? Tipo Oleo?"

Se il malcapitato supera il momento di senso di inferiorità e dice sinceramente "no, non lo conosco" bene, altrimenti il gruppo partirà staccando un tempo forsennato... su un brano ahimè a lui totalmente sconosciuto.

Quindi, uno dei principali requisiti di un buon musicista jazz deve essere quello di conoscere un buon numero di brani dei quali sappia padroneggiare, oltre al tema, anche la sequenza armonica per potervi improvvisare dignitosamente.
Si discute molto su quale sia il numero minimo di brani "standard" che un buon musicista jazz dovrebbe conoscere; molti dicono (e sono abbastanza d'accordo) che il numero minimo sia di circa un centinaio, anche se in realtà comprendendo tutti i vari ambiti stilistici del jazz il numero può aumentare considerevolmente, se pensiamo che per esempio per affrontare dignitosamente il genere bossa-nova non possiamo assolutamente non conoscere la produzione più importante di Antonio Carlos Jobim (breve lista; WAVE - CORCOVADO – DESAFINADO - SAMBA DE UNA NOTA SOL – CHEGA DE SAUDADE – GAROTA DE IPANEMA – O GRANDE AMOR – SO DANÇO SAMBA (JAZZ AND SAMBA) – TRISTEZA - INSENSATEZ (HOW INSENSITIVE) – A FELICIDADE - AGUA DE MARÇO – AGUA DE BEBER - DINDI) o di altri autori come Joao Gilberto, Chico Buarque, Doryval Caymmi, Sergio Mendes... la ricerca può diventare interminabile e questa è proprio la parte più affascinante del lavoro del musicista jazz; FARSI UN REPERTORIO e CONOSCERE, ASCOLTARE E COMPRENDERE i materiali musicali che si vogliono utilizzare per improvvisare.

2. COSA SI INTENDE PER "Conoscere diversi stilemi improvvisativi" ?
Le varie ere del jazz si distinguono l'una dall'altra oltre che per l'emergere progressivo di determinati strumenti (il jazz delle origini è caratterizzato dal ruolo predominante di clarinetto, tromba e trombone, il sax diviene protagonista assoluto a partire dagli primi anni '30, la chitarra elettrica e il vibrafono entrano poco alla volta in seguito alle migliorie apportate allo strumento, la batteria emerge progressivamente nel giro di qualche decennio, eccetera...) anche e soprattutto per i diversi approcci all'improvvisazione, effettuati secondo diverse tecniche storicamente sempre più complesse. Il jazz degli esordi è caratterizzato da un approccio "cordale" o "verticale" (vale a dire l'improvvisatore per creare variazioni si basa principalmente sulle note che compongono l'accordo) oppure "tematico" (creando variazioni sul tema originale)

Il Be-bop mantiene in parte il concetto di "verticalità", ma esplora le tensioni cordali aggiungendo enfasi alle parti estreme dell'accordo (9^, 11^, 13^) e alle alterazioni, utilizzando scale alternative.

Il jazz "modale" si basa invece in buona parte sul concetto di "orizzontalità", cioè dalla creazione di frasi melodiche basate sui modi e che possono collegare tra loro intere sezioni del brano; i brani modali a loro volta sono caratterizzati spesso da lunghe sezioni, anche di 8 o 16 battute e più, basate su un medesimo accordo o su un pedale armonico...

Quindi, improvvisare modale o "free" su un brano dixieland può essere quantomeno una scelta un po' azzardata! anche se non sempre l'ingaggio prevede di attenersi strettamente ad un preciso genere musicale, è un buon indice di professionalità saper dimostrare di essere in grado di suonare con proprietà di linguaggio in vari stili, usando fraseggi efficaci tratti dagli sterminati esempi che abbiamo a disposizione e che spesso non solo il pubblico, ma anche chi ci ha ingaggiato, si aspetta di sentire da noi in quella particolare circostanza.

3. COSA SI INTENDE PER "Essere capaci di interplay e di ascolto reciproco" ?
L'"interplay" è una delle qualità più importanti richieste ad un musicista jazz (ma in realtà ogni musicista dovrebbe farne uso a prescindere dal genere musicale)

Questo termine inglese sta infatti per "sapere suonare con gli altri", che in un contesto nel quale si crea collettivamente in modo estemporaneo è una cosa assolutamente essenziale. Spesso infatti gli spunti per creare le nostre linee melodiche possono venire da suggerimenti degli altri musicisti, ed è sempre gradevole sentire "rispondere" musicalmente alle frasi enunciate un momento prima da un altro strumento. L'interplay è e deve essere un continuo dialogo fra pari, e il solipsismo degli improvvisatori che ignorano cosa sta facendo la sezione ritmica, come fosse una qualsiasi base registrata, di solito non è visto con piacere né dal pubblico né dai musicisti. E' poi davvero un peccato che chi sta suonando un solo si lasci sfuggire idee lanciate dai compagni, che alle volte sono di grande effetto se "prese al volo" e sviluppate.

4. COSA SI INTENDE PER "Rispettare i ruoli nei vari momenti dell'esecuzione (accompagnatore – solista)" ?
Sembra un consiglio banale, ma in realtà non è difficile che accada che un musicista poco esperto (e poco attento a quello che gli succede intorno) si metta a improvvisare "sopra" un'altra improvvisazione di un compagno. Ovviamente ciò difficilmente porta a risultati gradevoli a meno che non sia un effetto ricercato e voluto come avviene nel dixieland o nel free Jazz. Se poi deriva da una mancanza di ascolto reciproco (vedi sopra) denota una assoluta estraneità rispetto al resto del gruppo, e questo non è certo indice di una buona musicalità. Quando si accompagna bisogna farlo sempre ponendo molta attenzione a cosa sta facendo il solista, magari incalzandolo ma senza mai intralciargli il solo. Molte amicizie sono finite miseramente per questo, per non dire di peggio (Charlie Mingus vi avrebbe inseguiti con la pistola)

5. COSA SI INTENDE PER "Organizzare l'esecuzione"?
I brani jazz suonati dai principianti finiscono per essere sempre eseguiti con un solo identico schema; tema – soli – tema. L'interesse del brano in questo caso dipende quasi esclusivamente dalla bravura dei solisti, e se il livello non è eccellente l'esecuzione finisce per essere stucchevole e ripetitiva. Il jazz delle origini era estremamente vario nelle stesure e nelle strutture (vedi i brani di Jelly Roll Morton ad esempio)

Simile complessità si può riscontrare in brani del periodo bop e hard-bop (Nica's Dream ad esempio) caratterizzati da intro divenute celebri (vedi l'introduzione di Round Midnight), da interludi altrettanto celebri (come l'interludio di Night in Tunisia) per non parlare dei brani di gruppi jazz-rock come Weather Report, Yellowjackets, Steps Ahead, Chick Corea Elektric Band eccetera, dove il tema può quasi diventare una parte secondaria in mezzo alla costruzione a volte "barocca" della composizione (vedi alcuni brani del CD Mad Hatter di Chick Corea) o al contrario diventare un continuo fluire melodico (vedi ad esempio il brano Three Wiews of a secret di Jaco Pastorius)

Di sicuro la trattazione di un brano standard, se stabilisce dei punti di interesse ulteriori rispetto al tema e ai soli, diventa un valore aggiunto molto importante per la performance e aggiunge molto interesse e qualità al lavoro dei musicisti. Innanzitutto, qualsiasi sia il livello di elaborazione del brano, anche il più semplice, è buona regola decidere prima come terminarlo; se si tratta di un finale standard o no, è essenziale che se ne parli, anche velocemente sul palco prima di iniziare il brano.

Quello che segue è un elenco di ciò che può essere fatto su di uno standard per renderlo più elaborato e interessante, senza dovere necessariamente ricorrere ad un arrangiamento scritto.

Altri elementi possono essere aggiunti, come ad esempio una modulazione ad altra tonalità; ritengo
comunque che questo che segue sia uno schema abbastanza completo.

Schema di elaborazione dei brani per la performance

1. intro o vamp
2. Tema (x 1 o x2)
3. Eventuale interludio
4. Eventuale break
5. Soli (indicare l'ordine)
6. Eventuale SPECIAL scritto
7. Eventuali trading bars (indicare l'ordine)
8. Tema (x 1 o x2)
9. Ending






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Data pubblicazione: 30/01/2016

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