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LEZIONI
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El Viñón
from the album "The
Green Field"
di
Steve Khan
Photos of Jack Dejohnette,
Steve Khan and John Patitucci byy: Richard Laird @ Avatar Studios, May 23rd,
2005
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Che ci crediate o no, ho
effettivamente avuto il "germe" fondamentale di questo pezzo, che è presente nella
sezione [I] sin dal 1984, dopo aver registrato
"Casa Loco". Non ho
alcuna idea del perchè non sono mai riuscito a terminare la composizione di questo
brano fino al 2005. Tuttavia, al rientro a NY
da un tour europeo nel marzo di quell'anno, sapevo che avrei dedicato ogni momento
da sveglio al completamento dei miei brani originali e all'arrangiamento degli altri.
Così,
ero fiducioso del fatto che questo brano sarebbe finalmente stato completato. Ho
scelto di far rientrare il tutto all'interno di un contesto di blues minore, ed
ho anche utilizzato alcuni "solo changes" che hanno delle reminescenze armoniche
tipiche di Wes Montgomery. Ovviamente, è un brano dedicato, con tutto
il massimo rispetto, al grande Elvin Jones! Quindi, "El
Viñón" è così nata. E' stata progettata per dare risalto ai rilevanti
musicisti che l'avrebbero suonata e per fornire a Jack Dejohnette
un'opportunità di esprimere se stesso. Come per tutto ciò che scrivo e suono, la
cosa più importante per me è che debba avere mood e personalità!!! Questi due elementi
arrivano immediatamente con l'introduzione di base della sezione [I]. Se
seguite lo spartito, vedrete che questo 'groove' è realmente l'elemento fondamentale
e tutto vi gira intorno.
Penso che sia un po' ironico
il fatto che il brano termini in Eb minor, che è la stessa tonalità in cui ho suonato
"Uncle
Roy". Non è meno ironico che, nel momento in cui cominciammo
a sviluppare quel brano, le mie "istruzioni" a Steve Jordan furono:
"E' sottinteso che sia qualcosa che si rifaccia ad Elvin!" Naturalmente,
Steve mi ignorò, e tirò fuori qualcosa di realmente suo. Allo stesso modo, l'unica
cosa che ho detto a Jack è stata che è un brano dedicato ad Elvin, nulla di più.
Ricordo, dopo aver registrato il brano, di essere andato nella sala controllo e
di aver chiaramente sentito il suono del fischietto tubolare di Manolo Badrena
e di aver pensato tra me e me che sembrava avessimo terminato di registrare
un tipo di "tema" spaziale e tenebroso per uno di quei "Spaghetti Westerns"
di Clint Eastwood. Ancora, un altro piccolo dettaglio che ha molto contribuito al
mood. Si può notare che John Patitucci è stato libero di ignorare la piccola
linea di basso, scritta solo per dargli un'indicazione del punto in cui partire.
Principalmente, gli ho solo detto di mantenere un approccio "bluesy" mentre comunque
suonava ciò che ritenesse ideale per lui.
Sebbene i soli sono su una
struttura di 12 battute di blues minore, la parte relativa alla melodia si discosta
un po'. Ho semplicemente fatto quello che mi sembrava più "giusto". Vi è l'accordo
im7, seguito dall'accordo ivm7, e un ritorno all'accordo im7,
ma nella sezione [C] c'è un turnaround che fornisce alla struttura un look
molto differente. E' in questa parte che sono state inserite le uniche sovraincisioni.
Qui ho utilizzato la mia ESP Strat, unitamente al pedale del volume, con un suono
molto più luminoso e l'utilizzo della barra del tremolo per creare come una tinteggiatura
acquerellata dei colori armonici. Sugli accordi suonati ho aggiunto, letteralmente,
B-C-E su F#m7b5 e G-A-B su A7(9). in ogni caso, è stato così creato
un cluster di note molto più interessante.
Quando scrivo o arrangio
una nuova composizione, cerco di non soccombere mai alla tentazione di creare un
"caso di genialità". In altre parole, è la tipica mania di voler cercare fortemente
di rendere la musica costantemente nuova e interessante. Ciò che voglio conseguire
è far sì che ogni cosa sia in un flusso veramente elementare, ma, ovviamente, anche
di mantenere un grado di sorpresa e interesse. Pertanto, le varie soluzioni di break
su cui dobbiamo tutti concordare sono somiglianti l'una con l'altra, ma alcune variano
rispetto quelle di base, e sono presenti alla fine della maggiorparte delle sezioni
[I]. La prima piccola deviazione si ha durante il secondo finale della [I]
giusto prima la [B]. Nella bar 4 di [C], la figurazione sui beat 3
e 4 rispecchia ciò che verrà nel break e che precede il break del solo di chitarra,
e l'arrivo alla sezione [D]. L'ultimo punto di interesse è la figurazione
del break finale, che appare due bar prima della sezione [F], e funge da
"propulsore" per il solo di Jack Dejohnette, un suo personale saluto
a Elvin.
Un altro dettaglio molto
piccolo a cui siamo giunti durante le prove e che abbiamo raffinato prima della
registrazione, appare in due punti simili durante l'esposizione della melodia. Con
un rimarcato accento sul beat 4 della bar 4 di [A], individuabile sul quarto
rigo della pagina 1,
ho notato che sarebbe stato meglio se John ed io lasciassimo il beat 1 vuoto sulla
prima bar di [I] al rigo 5. Pertanto, tenete questa cosa in mente se state
eseguendo il brano. La stessa cosa appare nuovamente a
pagina 2, appena dopo
l'ultima bar della sezione [B2]. Prima di pubblicare queste pagine, ho apportato
alcune modifiche in modo da renderle più rispondenti a quanto abbiamo suonato. Tutto
ciò mi ricorda una cosa che mi è stata detta tempo fa su Stravinsky che, alla domanda
retorica: "Qual è la parte più importante della matita?", pare abbia risposto:
"La gomma!!!"
Ciò che è rimasto di così
rilevante, che non è cambiato ne' potrebbe, sin dal '96,
quando abbiamo registrato insieme "Got
My Mental", è l'incessante fuoco, la creatività, l'energia che
sia John
Patitucci che Jack Dejohnette portano in ogni performance. Quando
si deve assumere il ruolo dell'artista e del produttore, è un gran sollievo sapere
che queste sono qualità che si possono sicuramente ottenere nel momento in cui sei
a lavorare con tali musicisti, poichè è certo che essi daranno il massimo. Loro
sanno anche che io non sono uno di quelli che abusa di questo privilegio chiedendo
più del necessario. Come il nostro precedente disco insieme, la maggior parte di
ciò che si ascolta è di solito registrato nel primo take. "El
Viñón", per qualche motivo, ha richiesto invece 3 takes, ed è stato molto
difficile scegliere tra gli ultimi due a causa dell'incredibile modo di suonare
di Jack. Tuttavia, si deve sempre "fare l'interesse del brano" pertanto,
il Take 3 da questo punto di vista è stato eseguito meglio.
Recentemente, durante la
preparazione di qualche potenziale lavoro live, ho deciso di affrontare l'inevitabile
e di comporre un vero finale per questo brano. Pertanto, se si vede a
pagina 4, si può notare
il segno [Tag], che rappresenta un nuovo finale. Come faccio normalmente,
il finale include ed estende un frammento della [A] che fornisce un solido,
forte e definitivo finale. Questo, per me, è meglio di un lungo, protratto accordo.
Quindi, per coloro che hanno intenzione di suonare questo brano col proprio gruppo,
ora avete un finale. Divertitevi!!
La raffinata arte dello
stabilire la sequenza di brani di una registrazione non è mai facile e non esiste
una scienza esatta in merito. In termini generali, solitamente si desidera iniziare
con un brano che sia adeguato rappresentante del lavoro e traini l'intera registrazione.
Di solito si desidererebbe scegliere qualcosa con un tempo brillante e una melodia
coinvolgente. Quando è stato terminato "The Green Field", e tutte le tracce
erano state scelte in modo da non superare i 78 minuti complessivi, è iniziato il
processo di selezione. Alla fine, ho sentito che "El Viñón" era la scelta
migliore, anche se non rispecchia le qualità che ho appena menzionato. Tuttavia,
è un brano ricco di altri elementi, e certamente mood e personalità
sono i principali. Comunque, in aggiunta a ciò, sembra essere il più serioso
dei brani per come è venuto e questo, per me, è diventato un punto chiave.
Circa il titolo, devo anche aggiungere che questa pronuncia del nome di Elvin
è realmente una delle cose più preziose che conservo tra i ricordi del mio lavoro
a New York. A quel tempo, ho avuto il privilegio di lavorare con "Chino"
Pozo, e ricordo che una sera mi invitò per andare a vedere "Elvin Jones
at the Village Vanguard." Tutto ciò che posso raccontarvi è che, a causa delle
mie orecchie non molto educate, quella frase pronunciata con accento spagnolo, non
la compresi in modo nitido. Così, il modo in cui il titolo è pronunciato rispecchia,
più o meno, il gran periodo in cui ho lavorato con "Chino." Egli è veramente uno
dei grandi, grandi personaggi sulla scena di NY. Non ha mai effettivamente affittato
un appartamento, ha sempre vissuto al centro di Manhattan, in una piccola stanza
di un hotel, con una cucina. Penso che credesse al tempo naturale delle cose. Era
anche un grande cuoco. Grazie fratello!!!
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Data pubblicazione: 12/08/2006
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