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Gallarate Jazz Festival 2003
di Franco Donaggio

Grande successo per la prima edizione del festival Jazz che del 17 al 19 ottobre ha trasformato Gallarate nella cittadella della musica.

La collocazione della manifestazione al di fuori della consueta e congestionata stagione estiva, le ha conferito maggior prestigio e permesso agli organizzatori di realizzare un festival di ottimo livello culturale, cui ha aderito un numeroso pubblico fin dalla prima serata.

Interamente dedicata al Jazz italiano, ha proposto 5 concerti ed alcuni nomi famosi, una tavola rotonda ed una mostra fotografica.

L'organizzazione artistica è stata curata da Max De Aloe, direttore del Centro Espressione Musicale di Gallarate, scuola di formazione per giovani musicisti.

Venerdì 17 ottobre

M.A.G. trio
Gianfranco Calvi - Michele Tacchi - Angelo Corvino

Un trio molto affiatato in grado di coinvolgere il pubblico della prima serata con brani originali di Calvi che traggono ispirazione da diversi contesti, dalle divagazioni Jazz al new wave ed alla musica mediterranea d'atmosfera.

Pianista maturo, buon arrangiatore, melodico e dal tocco pulito; accompagnato al basso da un giovanissimo Michele Tacchi (21 anni), studente del CEM e vincitore lo scorso anno del premio intitolato a Massimo Urbani, dotato di personalità solistica e di tecnica, ed autore di uno dei brani suonati; alla batteria Angelo Corvino.

Molto originale l'ultimo pezzo, una versione originale di Message in a bottle, dei Police.
 

Guiducci - Zambrini duo - guest Elena Sbalchiero: Questione di feeling.

Una collaborazione lunga 10 anni, complice la reciproca stima che crea feeling su brani immortali che piacciono ad entrambi (Guiducci è un estimatore del chitarrista zingaro Django Reinhardt, di cui ricorre il cinquantenario della morte).

Guiducci e Zambrini, rispettivamente alla chitarra e al piano, hanno proposto brani delicati, accarezzando gli strumenti con percepibile sensibilità, iniziando da How long di G.Gerswin e Penta Pause di Sonny Rollins; molto intensi gli assoli cantati di Guiducci, i tempi sincopati e gli arpeggi accompagnati con precisione dal piano di Zambrini.

L'alba del bambino di Guiducci ed una breve rievocazione di Django Reinhardt hanno preceduto l'entrata della vocalist Elena Sbarchiero. Dotata di voce potente e modulata, ha proposto alcuni classici dal repertorio di Steve Wonder e dei Beatles.

Molta passione negli ultimi pezzi, I drink a case of you di J. Mitchell accompagnata dalla sola chitarra e lo standard God bless the child.

Sabato 18 ottobre, una giornata intensa...

...che ha proposto nel pomeriggio il dibattito dal titolo L'Italianità del Jazz cui hanno partecipato i giornalisti Alberto Riva e Claudio Sessa, i critici musicali Maurizio Franco (moderatore) e Vincenzo Martorella, i discografici Mario Caccia e Flavio Bonandrini, ed i musicisti Giorgio Gaslini, Gianni Coscia ed Antonio Zambrini.

Il dibattito è stato disegnato come "confronto informale" per indagare su quello che rappresenta oggi il Jazz di casa nostra. "Esistono degli elementi che possono qualificare una sorta di italianità del Jazz? Esistono degli elementi che si possono ricondurre alla esperienza di artisti italiani che suonano Jazz almeno dagli 30 ad oggi, o, per restringere il campo, alla scena contemporanea?"

Questa la domanda di Maurizio Franco, girata a Giorgio Gaslini, che ha sottolineato l'importanza del termine italianità del Jazz, ben diverso da Jazz italiano, sviluppando un discorso volto a confrontare la tradizione Jazz di alcuni paesi europei attraverso formazioni e musicisti storicamente rappresentativi; il susseguirsi degli interventi ha completato l'argomento da diversi punti di vista. Un evento nell'evento è stata la presentazione del libro del fotografo Roberto Cifarelli, dal titolo "Emozioni, scritti, immagini del Jazz italiano" definita da Maurizio Franco come "un atto d'amore straordinario per i nostri musicisti/ foto bellissime raccolte come fossero un album di famiglia/ questa è la sua vita con la musica nella musica". Un'opera creata con gusto per la fotografia rigorosamente in bianco e nero, un mosaico di immagini pregevoli raccolte con dichiarata passione.
 

Max De Aloe quartet con Gianni Coscia: incontro tra ance libere

Una delle formazioni più originali ed attese con Max De Aloe all'armonica cromatica, Gianni Coscia alla fisarmonica, Massimo Moriconi al contrabbasso e Gianluca Nanni alla batteria in sostituzione di Stefano Bagnoli.

Il particolare incontro tra fisarmonica ed armonica cromatica, raro e suggestivo, crea atmosfere intense; un gruppo affiatato composto da musicisti affermati, originali e dotati di carattere.

Il quartetto ha eseguito alcuni brani dall'ultimo Cd dal titolo L'Anima delle cose di cui De Aloe è autore (che include alcune poesie di Giuseppe Conte), e da da Racconti Controvento evidenziando creatività e convergenza verso un'originale ricerca sonora.

La musica di Max De Aloe è caratterizzata da intensità melodica, sensibilità interiore ed agilità esecutiva, personalità timbrica e ricerca.

Gianni Coscia è da anni un leader della fisarmonica, complici le molteplici collaborazioni in ambito internazionale, dotato di esperienza e 'tatto'.

Suggeritore e rifinitore, solista maturo e virtuoso, durante il concerto ha fornito spunti e sofisticati arrangiamenti, accompagnando col canto i solo alla sua Excelsior nera.

Massimo Moriconi, contrabbassista 'estroverso ed incontenibile' dal profondo temperamento solistico, molto tecnico e piacevole, 'creatore' di idee per il gruppo ed autore di un pregevole e sofisticato lungo assolo; particolare in L'estate di San Martino, con sequenze di arpeggi ed accordi al contrabbasso.

Gianluca Nanni alla batteria, molto piacevole alle spazzole, si è esibito in piacevoli assoli, con un drumming preciso.

Fra i pezzi di maggior effetto, Il bosco chiamato respiro e Voce da orso che fin dalle prime battute hanno creato un considerevole impatto sonoro, con le originali finiture di Gianni Coscia, notevole anche nell'introduzione di Aliando.
 

Di Puccio-Birro-Mappi-Fabbri: Omaggio alla musica di Luca Flores

Il repertorio del quartetto è principalmente costituito da standards e composizioni originali, fra queste da segnalare alcuni brani del pianista Luca Flores, cui il gruppo ha dedicato il concerto, musicista scomparso nel 1995 (e conosciuto dal pubblico anche grazie al libro a lui dedicato da Walter Veltroni), con cui Di Puccio e Fabbri hanno collaborato a lungo.

La formazione ricorda il Modern Jazz Quartet per la presenza del vibrafono di Alessandro Di Puccio, il pianoforte di Alessandro Birro, la batteria di Alessandro Fabbri ed il contrabbasso di Paolo Ghetti, ma in realtà la proposta musicale ha una matrice diversa dal linguaggio tipico della formazione americana.

Si può attribuire una connotazione molto moderna al loro genere, con alcuni richiami alla ritmica della batteria di Elvin Jones e del piano di Mc Coy Tyner.

Buona l'interpretazione di Ghetti al contrabbasso, caratterizzato da un bel suono; piacevoli i solo di Di Puccio al vibrafono, spesso limitato all'introduzione e conclusione dei brani, mentre la batteria di Fabbri ha energicamente sostenuto una crescente e dominante ritmica.

Interessanti le ballads, con gli assoli del vibrafono e la progressione di Birro al piano.

Domenica 19 ottobre

P.A.F. trio: un trio aperto con vocazione alle percussioni

Del 'solito' Fresu si era parlato nel convegno del sabato pomeriggio, affrontando il tema riguardante i musicisti italiani più rappresentativi all'estero, cioè quelli che ‘vendono di più, sottolineando che troppo spesso vengono chiamati in Italia musicisti stranieri o i soliti Rava e Fresu, garanti del 'tutto esaurito'.

Il risultato della serata era già previsto: moltissimi spettatori accorsi per l'incontro con uno dei trombettisti più stimati in tutto il mondo, sia per l'universo musicale che lo identifica, sia per l'esperienza con il PAF trio.

Molta originalità, etnia ed attenzione per la musica classica contraddistinguono questo gruppo di maggior prestigio e richiamo, che ha concluso in grande stile il festival. Prestigiosi i nomi e le referenze dei singoli componenti: da Paolo Fresu alla tromba, flicorno ed electronics, Furio Di Castri al contrabbasso ed Antonello Salis al pianoforte e fisarmonica.

Un trio ben congeniato da un forte tessuto compositivo e da virtuosismi tecnici, che garantisce una serata di raffinato interplay fra i musicisti.

Fresu, il musicista che suona seduto con una gamba incrociata, piegato su sé stesso quasi a liberare le note più profonde, è anche impegnato nella realizzazione di musiche per teatro e di colonne sonore, ed ha ricevuto nomination assieme a Keith Jarrett e Charlie Haden.

Salis è uno degli esecutori che più hanno contribuito alla rivalutazione della fisarmonica, ampliando gli orizzonti del Jazz ed arricchendolo con influenze di musiche tradizionali popolari.

Di Castri è impegnato nel lavoro compositivo per contrabbasso solista, che lo porta a tenere concerti con musicisti come Lee Konitz, Flavio Boltro, Joe Lovano e altri.

La collaborazione tra Fresu e Di Castri risale al 1990 e si è spinta verso esperienze acustiche ed elettroniche, abbracciando anche la danza, il cinema, il teatro, video ed arte contemporanea, che hanno indotto il duo a produrre 5 Cd e suscitato parecchio interesse nei numerosi concerti dal vivo.

L'incontro con Salis risale al 1995 e, come confermato a Gallarate, questo musicista estroverso, dall'aria un po' esotica ha rappresentato l'inizio di una nuova esperienza.

Paolo fresu ConsigliereEvocare etnie con una spiccata vocazione solistica, lo studio e la ricerca sulle percussioni: sacchetti di plastica e fogli di giornale tra i martelletti del piano, maneggiati con disinvoltura da Salis per scandire la percussione sulle corde del piano; una sedia e la tromba per Fresu, usate per battere il tempo e creare note stridenti ed effetti particolari; doppiare le note con il battito ritmico di un foglio di carta tra le corde del contrabbasso, per Di Castri.

Durante il concerto il trio si è esibito con naturalezza, esprimendo le proprie potenzialità solistiche e presentando il suo mondo musicale, un mosaico fantastico in cui trovano spazio brevi call a brani classici come il Bolero di Ravel, al flicorno e Rapsody in blue di G.Gerwshing, al piano.

Molto divertenti le mutazioni improvvise sul tema, con le esibizioni di Salis molto scatenato al piano o molto soft alla fisarmonica con canto e gli assoli di Fresu al flicorno ed electronics, poche note lunghe e scandite, potenti da creare una eco nella sala ed in contrapposizione la delicata voce della sordina.

Gran finale con il caloroso applauso che il pubblico di Gallarate ha rivolto al gruppo che ha chiuso in grande stile la prima edizione del festival ed un breve intervento di Fresu per ringraziare l'organizzatore ed amico De Aloe, il fotografo Roberto Cifarelli (che anche io ringrazio per le belle foto apparse con l'articolo) e la comunità sarda presente alla serata in costume tradizionale.






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Data pubblicazione: 03/01/2004

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