Questa lezione è pensata per tutti coloro che sono rimasti fulminati, affascinati, o anche solo incuriositi da questa tecnica, per quanti già la conoscono ma non sanno da che parte cominciare per imparare un vocalese, per quelli che ci hanno provato con scarso successo e infine per chi ha ancora qualche dubbio o confusione.
(Quelli che non ne sanno proprio niente, forse è meglio che vadano a leggere almeno l'introduzione e il
primo capitolo della Storia del Vocalese).
Lo studio di un vocalese dà una grandissima soddisfazione. Riuscirci è un piacere fisico, ci si rende conto di avere studiato per anni la voce come strumento e avere finalmente necessità di utilizzare
tutto quello che si sa fare per realizzare un solo brano. Per molti cantanti affermati è la dimostrazione di un'abilità speciale e ne eseguono almeno uno prima o poi come pezzo di bravura.
Vocalità. I brani vocalese hanno in genere un'estensione molto ampia. Bisogna sapersela cavare con voce bella o brutta, piena, mista, di petto, di testa, falsetto…ma senza trasportare (salvo dov'è "permesso") di ottava. Quindi, prima di cominciare lo studio occorre controllare l'estensione del brano ed eventualmente trasportarlo in altra tonalità per la propria voce.
Dizione. Occorre curare molto la dizione, che nello studio deve essere perfetta, provando più lentamente le parti veloci fino a portarle alla velocità giusta.
Versione di riferimento. E' ovvio che il primo cantante che abbia registrato un nuovo vocalese si sia riferito alla versione originale, cioè suonata, del jazzista sul cui assolo ha ideato il proprio testo. La tradizione vuole che tutti quelli che vengono dopo si rifacciano alla prima versione cantata, con qualche eccezione. Per quanto riguarda la nostra
Moody's Mood
il primo cantante ad effettuare una registrazione è stato King Pleasure, quindi qui noi studieremo la versione di King Pleasure. L'eccezione è costituita dalla versione di George Benson (nell'album Give Me The Night, WB Rec. in cui la parte femminile è cantata da Patty Austin) che vinse il Grammy nel 1980 come migliore interpretazione jazz vocale
maschile, e che è diventata (accanto a quella di King Pleasure) un'altra
versione di riferimento per questo vocalese.
Ad ogni modo ci sono molte altre versioni, io conosco quelle di (cito senza ordine cronologico e senza andare troppo per il sottile): King Pleasure, Eddie Jefferson, Babs Gonzales, Annie Ross, Aretha Franklin, Ester Phillips, Karin Krog, George Benson, Mark Murphy, Mina, Van Morrison, Georgie Fame, Susannah McCorkle, Pat Thomas, Brian McKnight, James Moody, Kurt Ostbahn, Brother Jack McDuff, Bill Laswell, Mood Ensemble, Sarah Pillow, Sam Rogers, Tony Jones, Sheena Easton, Ray Gelato, Antonio Koudele, Hawlett Smith, Prince Paul, Jamie Davis, Willi Resetaritis, Chuck Brown, Amy Winehouse, Carmen Lundy, Nancy Wilson (esistono anche molte versioni solo strumentali).
Oralità. Con il vocalese siamo nell'ambito della tradizione orale. Questo vuol dire che pur aiutandoci con la notazione scritta, dobbiamo far lavorare il cervello tornando ad automatizzare dei procedimenti di apprendimento orale che nella maggior parte di noi sono al momento un po' ottenebrati. Siamo talmente immersi nella civiltà della scrittura che ci dobbiamo aiutare con la trascrizione delle parole e della melodia. Dobbiamo però fare attenzione a sostituire il ricordo, l'impressione fotografica dello spartito con il ricordo, l'impressione uditiva della nostra stessa voce e, magari, della voce di King Pleasure. Insomma, lo spartito lo studiamo e poi lo buttiamo, e potremo finalmente lavorare sulla nostra interpretazione. Il vocalese non è un esercizio scolastico da studiare a memoria e basta, quando si studia è una palestra, dopo dobbiamo anche metterci del nostro in qualche modo. Per sapere come, invito tutti ad ascoltare con attenzione le "altre" versioni di "Moody's Mood" e a capire le intenzioni dei vari interpreti e quello che ci mettono del proprio: variazioni di timbro, di emissione, sottolineature del testo, humor, ironia, qualche variazione ritmica o melodica, accelerazioni, rallentamenti, spostamenti, inflessioni, approcci, attacchi, rilasci delle note, ecc ecc. Proprio il fatto di "stare stretti" dentro una melodia e un testo entrambi acrobatici permette ai grandi interpreti vocali del jazz di ritrovare la strada della comunicazione emozionale orale, fatta di microvariazioni ad alto contenuto semantico.
Ogni frase è un fiato. Dobbiamo fare molta attenzione a dove il cantante prende fiato. Quella è la nostra frase. Si studia frase per frase.
Cominciamo! La prima frase è facile: "There I go there I go there I go there I go"
provate più volte e attenzione a non respirare prima della fine.
King Pleasure version: battute 1-2
Passiamo rapidamente alla seconda
King Pleasure version: battute 3-4
A questo punto mettiamole insieme:
King Pleasure version: battute 1-4
Si continua così piano piano, senza avere fretta. L'importante è assimilare. Il giorno dopo si riprova e si capisce quello che abbiamo assimilato. Eventualmente bisogna ricominciare, ridimensionare l'obiettivo. Insomma, dobbiamo allenarci per correre la maratona!
Se avete una certa dimestichezza con il pianoforte, aiutatevi suonando frase per frase. Altrimenti, vi consiglio di crearvi un midi file del pezzo e procedere ugualmente passo passo. Solo in un secondo momento, quando sapete già cantare la frase, riascoltate King Pleasure e provate a cantare appresso a lui.
Passi difficili.
Una bella difficoltà in "Moody's Mood" la troviamo alle battute 11-12. Qui tocca rallentare il tempo per imparare le due semi-frasi: non è solo un passaggio veloce, è proprio una specie di scioglilingua. Quindi bisogna imparare molto lentamente le due semifrasi separatamente, senza badare ai fiati, poi accelerarle fino a riportarle alla velocità giusta e collegarle con quanto stava prima.
King Pleasure version: battute 11-12
La cosiddetta "parte femminile". A partire dal secondo quarto della battuta 33 fino alla battuta 40 c'è la cosiddetta "parte femminile". Nella versione di King Pleasure questa è la parte cantata da
Blossom Dearie. Nello spartito è stata trascritta per comodità alla stessa ottava della parte di King Pleasure. Ma non è corretto, evidentemente deve suonare un'ottava sopra. A voler essere precisi, la parte maschile avrebbe dovuto essere scritta sul pentagramma con la chiave di violino segnata da un piccolo 8, che significa che la parte veniva scritta per convenzione per voce maschile di tenore un'ottava sopra alle note reali. La parte femminile invece è giusta così, come sta scritta nella chiave di violino. Quindi è per l'appunto un'ottava sopra la parte maschile.
Ebbene, se siete un cantante di sesso maschile potrete scegliere tra varie possibilità:
- chiamate una vostra amica;
- ammesso che abbiate una voce molto acuta o un bel falsetto, cantatela un'ottava sopra (anche se avete un brutto falsetto, ascoltate
Eddie Jefferson!);
- continuate a cantare nella stessa ottava e risulterà bassissima e non so quanto convincente. Tuttavia vi ricordo che
Mark Murphy, optando proprio per questa soluzione, se la cava alla grande, inserendo perfino un commento: "and the lady said with her very deep voice"!
Cadenza finale. In questo vocalese non ci sono più altre grosse difficoltà. Arriviamo quindi alla cadenza finale. Nella versione di King Pleasure il testo della cadenza è un invito a James Moody a cominciare a suonare, ora che i cantanti hanno terminato. In molte delle versioni successive il testo è stato qui un po' cambiato a seconda delle circostanze. Potete anche realizzarla come cadenza libera, senza tempo.
King Pleasure version: cadenza finale
Sigle per l'accompagnamento. Gli accordi che accompagnano "Moody's Mood" sono ovviamente quelli di "I'm In The Mood For Love". Eccovi un set di sigle, variate solo quel tanto che basta per sottolineare la melodia del vocalese. Ognuno saprà a proprio gusto sostituirli con accordi più originali o moderni o audaci.
Moody's Mood
(schema: A – A – B – A – B – A)
C Am7
|
Dm7 |
G7 |
C G7/9 |
C
Em7 D#m7 |
Dm7 |
Dm7 G7 F7b5
|
Em7 A7b9 Dm7 G7
|
C Am7 |
Dm7 |
G7 |
C G7 |
Em7 A7 |
Dm7 |
G7b9 |
C A7 |
Dm7 G7#9#5 |
C A7 |
Dm7 G7 |
C |
F#7b5 B7#5 B7
|
Em7 |
Am7 D7 |
Dm7 G7 |
C Am7 |
Dm7 |
G7#9 |
C |
Em7 Ddim |
Dm7 |
Dm7 C#7b5 |
C Em7 A7 |
Dm7 G7 |
C A7 |
Dm7 G7b9 |
C |
F#7b5 B7#5 |
Em7 A7 |
Am7 D7 |
Dm7 G7 |
Dm7 |
G7 |
C G7 |
C |
Em7 D#m7 |
Dm7 D#7/9 |
Dm7 C#7b9
|
C |
Base:
file MIDI
Tema: file MIDI
Base + Tema: file MIDI
Trascrizione
di Moody's Mood: pagina
1 - pagina
2
Conclusioni, raccomandazioni, consigli. Bene, adesso provateci. Cantare un vocalese è un gioco di precisione: di fraseggio ritmico e di scansione sillabica, di intonazione, di fiati. Non è necessario avere una bella voce, grande e sonora, è invece importante cavarsela con i mezzi vocali che possediamo.
Una volta imparato, arriva il momento di metterci del nostro. Ascoltiamo adesso con attenzione critica le tante altre versioni che qualcuno prima di noi ha cantato. Il vocalese è una grande e lunga citazione, come una sequela di scatole cinesi: è molto denso di significato. Facciamo anche attenzione ai tratti musicali non codificati (inflessioni, attacchi, vibrato, tenuta, timbro, ecc ecc) che portano altrettanta informazione nell'ambito di una comunicazione orale della lunga citazione in cui vengono veicolati.
Non dimenticate che il vocalese è un gioco, pieno di poesia. Buon divertimento!
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COMMENTI | Inserito il 9/1/2009 alle 0.17.47 da "gioca52" Commento: Gentilissimo sig. Paone le esterno la mia gioia perchèdovendo incidere il brano e digitando per il testo non le dico che bella sorpresa nel trovare tutte queste notizie sulla storia di Moody's Mood che ignoravo assolutissimamente. Adesso quando la eseguirò di certo avro uno spirito diverso. Se ha tempo ascolti anche l'interpretazione della canytante con cui ho l'onore di collaborare al click www.myspace.com/carmenlouis. Grazie. Giorgio Carana | |
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Data pubblicazione: 01/02/2004
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