34° Roma Jazz Festival: Gezz – Generazione
Jazz
Esperanza Spalding: Auditorium Parco della Musica – 14 Novembre 2010
di Roberto Biasco
foto di Riccardo Crimi
Esperanza Spalding -
voce, contrabbasso
Leo Genovese - piano,tastiere
Richard Barshay - batteria
Olivia De Prato - violino
Louis Martin - viola
Jody Redhage - violoncello
Leala Cry - back up vocals
Grande attesa e Sala Petrassi gremita per il ritorno a Roma, a circa un anno
di distanza dall'ultima esibizione, della giovane e talentuosa Esperanza Spalding,
attesa ad una conferma dal vivo dopo l'uscita del recente ed ambizioso album "Chamber
Music Society".
La componente "cameristica" del concerto è sottolineata
da un siparietto in chiave teatrale: i tre archi prendono posto sul palcoscenico,
le luci si abbassano, Esperanza entra a lato del palco ove sono sistemati una abat-jour
ed una poltrona. La cantante si toglie la giacca, il foulard rosso e le scarpe e
si rilassa in poltrona con un bicchiere in mano, pronta a gustarsi un concerto a
dimensione di salotto. L'esibizione può ora iniziare, e la ragazza, scalza, raggiunge
il centro del palco ed imbraccia il fido contrabbasso.
Esperanza Spalding, ancora giovanissima, dimostra se possibile ancora
meno della sua età: il suo esile fisico adolescenziale dissimula un'energia ed una
vitalità incontenibili, disciplinate nella cornice di una preparazione musicale
di prim'ordine. Canta e contemporaneamente suona il contrabbasso con il piglio del
virtuoso, sfoggiando una voce a tratti esile ma sempre fortemente espressiva.
La tenera "Little Fly", tratta da una poesia di William Blake,
apre il concerto, che si dipana sulla falsariga della scaletta dell'ultimo CD che
viene riproposto nella sua quasi totalità. I pezzi forti sono gli stessi dell'album,
ove spiccano le ballads: una vibrante rilettura di "Wild is the wind", e
la bellissima "Apple Blossom", che questa volta non può contare sull'apporto
decisivo della seconda voce di Milton Nascimento, presente invece su disco. Magnifico
anche il contrappunto di voci con la bionda vocalist Leala Cry, su "Inutil
Paisagem" di Antonio Carlos Jobim. Samba, influenze etniche e folk, si innestano
su una struttura jazzistica a volte esaltata, ma più spesso frenata, dal confronto
continuo con gli strumenti ad arco.
Affiora la sensazione che la Spalding, pur dotatissima, voglia dire "troppo" e tutto
insieme: canta, suona, improvvisa, compone i brani e li arrangia, disperdendo energie
in troppi rivoli. La musica è veicolo di emozioni, ma in questo modo la tecnica,
seppur eccellente, rischia di prendere il sopravvento sui sentimenti. Lo dimostra
puntualmente il bis, quando finalmente la spontaneità finora trattenuta prorompe
in uno scatenato duetto in chiave swing allestito sul proscenio tra le spazzole
del batterista e la voce ed il contrabbasso della Spalding: un irresistibile interscambio
di note, fittissimo ed esaltante. E' questa la vera Esperanza, meno violini e più
funk: quando si è così giovani e dotati, è obbligatorio vivere fino in fondo il
proprio entusiasmo e trasmetterlo al pubblico. Ci sarà poi tutto il tempo per maturare
opere più profonde e meditate, soprattutto da parte di un'artista di cui certamente
sentiremo parlare ancora a lungo.
Siparietto finale, con la Spalding che torna alla poltrona, si riveste, spegne
la luce ed esce di scena.