Incontro con Toninho HORTA Concerto del Nicola Stilo - Toninho Horta Group
Rassegna Musica & Colori -
Borgo Medievale Capocastello Mercogliano (AV) - 26 luglio 2003
di
Francesco Genco foto di Francesco Genco
"A bossa nova é a minha maior referência musical desde a adolescência, que
junto com o jazz fez naturalmente sofisticar e enriquecer a minha musica. O
querido ídolo e amigo Tom Jobim sempre será o maior compositor popular
brasileiro de todos os tempos" - Toninho Horta
"La bossanova è il mio maggiore riferimento sin dall'adolescenza che
insieme al jazz ha naturalmente contribuito ad arricchire e rendere la mia
musica più sofisticata. Il caro idolo e amico Tom Jobim sarà sempre il più
grande compositore popolare brasiliano di tutti i tempi" -
Toninho Horta |
La rassegna "Musica & Colori"
è giunta ormai alla 3a
edizione. Anche quest'anno il programma degli eventi musicali è stato ricco ed interessante, grazie all'organizzazione ormai collaudata da parte dell'Amministrazione Comunale di Mercogliano,
comune d'Europa, paese turistico e città d'arte, fiore all'occhiello dell'Irpinia in fatto di ricettività alberghiera e di ristorazione con 8 alberghi, 26 ristoranti e numerose attività socio-culturali, complice anche il vicinissimo "monumento nazionale" dell'Abbazia di Montevergine, nonchè la funicolare più alta d'Europa.
Il borgo medievale di Capocastello, di suggestiva bellezza, ha fatto da cornice ideale ad una serie di concerti iniziati il 5
luglio con la band del chitarrista Antonio Onorato (Direttore artistico della rassegna) +
Joe Amoruso (piano)
Angelo Farias (basso) e Mario De Paola (batteria) per passare il 12
luglio alla presentazione del nuovo CD di
Lorenzo Hengeller (piano) con ospiti quali Marco de Tilla (cb), proseguendo il 19
luglio ancora con Antonio Onorato da solo alle chitarre ad accompagnare
Lance Henson tra i massimi poeti nativi d'America, da sempre impegnato nella lotta per i diritti delle popolazioni indigene del mondo.
Si arriva quindi al concerto conclusivo che ha visto duettare il chitarrista
Toninho Horta (54 anni) di Belo Horizonte stato di
Minas Gerais la cui scuola è tra le più raffinate del Brasile, esempio inimitabile di miscela vivente bossanova-jazz nell'uso strumentale e della voce, con il grande flautista e didatta italiano (ma anche all'occasione pianista e chitarrista) Nicola Stilo, accompagnati per l'occasione da altri due bravi musicisti italiani quali il giovane batterista romano
Alessandro Marzi e il bassista elettrico
Poldo Sebastiani, di Bari. Ho avuto occasione di incontrarli subito già dal pomeriggio, al momento del loro arrivo in macchina da Roma, reduci da un concerto con la nota jazz-vocalist Barbara Casini. La conoscenza di persona, così come i successivi colloqui e scambi di battute e considerazioni varie nel pre e post-concerto, mi sono state facilitate dalla presenza amichevole dell'assessore all'Urbanistica/Ambiente
Flaviano Di Grezia, e dal manager di Horta Marco Bottigliero dell'Associazione Culturale Holiver
di Napoli. Un grazie a loro per l'impegno dedicato all'organizzazione sia del concerto, sia dell'incontro-seminario svolto da Toninho per 2 ore abbondanti nello stesso pomeriggio c/o l'auditorium del Centro sociale del Comune e, per motivi strettamente organizzativi, riservato ad un numero ridotto di partecipanti, tra i quali il sottoscritto.
Un resoconto sul seminario meriterebbe un capitolo a parte. E' stata infatti una occasione fantastica ed una costante emozione sentirlo suonare e parlare in
anglo-brasileiro lì a 3 metri davanti (già nel '77 la rivista inglese "Melody Maker" lo classificava tra i 5 migliori chitarristi al mondo) in modo coinvolgente ed affabile ma sempre molto attento a recepire l'attenzione dell'uditorio; sentirlo ripercorrere con frammenti dei suoi brani più celebri (Sambacançao
- il suo 1° brano imparato a 16 anni -, Moonstone, Bycicle Ride,
Infinite Love, Liana, Waiting for Angela, Minas Trains,
Manuel Audaz, Once I Loved) le sue esperienze di quasi 30 anni di musica dai tempi di allievo e poi collaboratore di
Milton Nascimento (lo accompagnò nel 1970 per la prima performance a Rio del cantante e due anni dopo partecipò alla realizzazione del suo fondamentale album
Clube da Esquina), passando per le esibizioni ed incisioni a fianco di nomi quali
Astrud Gilberto, Gal Costa, Elis Regina, Maria Bethania
(sorella di Caetano Veloso), Tom Jobim, Eliane Elias (moderna musa della jazz-brazilian connection e produttore di
Once I Loved in trio con
Gary Peacock e Billy Higgins), Manhattan Transfer
(Brasil), Gil Evans, Wayne Shorter, Omar Hakim,
Victor Bailey, fino a diventare involontario ispiratore sui generis
di Pat Metheny e del suo gruppo, suoi grandi fans (dapprima
Mark Egan e Danny Gottlieb, poi Steve Rodby), presenti nel suo omonimo album dell'80, in
Moonstone
('89), e mentori del suo definitivo successo negli Usa e nel mondo; sentirlo vocalizzare sui temi fuori dagli usuali clichè della bossa (usando linee melodiche in luogo dei testi); sentirlo creare, con voicings a corde vuote o premute con insolite estese diteggiature, montagne di armonia di complessa costruzione e delicata bellezza, poggiate su grande mobilità ritmica (su alcune si è soffermato di più facendocele suonare a turno, per es. come il suonare - mentre si tiene premuta a lungo una stessa nota-pedale scelta sulle corde alte - quanti più voicings possibili e con ritmiche differenti). Insomma, poca teoria accademica, niente lavagna e pennarello e molti esempi pratici, spunti compositivi suonati one-to-one con i presenti, offertici pazientemente e in modo visivamente chiaro senza null'altro offrirci che segnali di raffinata musicalità, che ognuno di noi avrebbe portato poi con sè, con la speranza e la gioia di risuonarli, anche se in maniera chiaramente diversa.
E' stato dopo questa "scossa" preliminare che ho cercato (ed ottenuto dall'organizzatore) di riaccompagnarlo personalmente in macchina in albergo prima del concerto, al quale mancava poco meno di 1 ora
(faceva un certo effetto essere in compagnia dell'Herbie Hancock della bossanova, secondo la nota definizione del suo amico Pat, e con le due sue chitarre sul retro, l'elettrica Yamaha AEX-1500 e l'inseparabile
violào - chitarra classica in brasiliano - Fukuoka con Shadows pick-up, in pratica l'essenziale equipment per il concerto - mentre l'ampli Roland jc120 prestatogli dal suo amico Antonio Onorato era già pronto da tempo sul palco - mi ha detto).
Alle 21,30 in punto, dopo un veloce e riuscito soundcheck, si comincia. Senza Toninho.
Immaginate questa cornice naturale: sia i 3 musicisti che il pubblico, già al completo pur se non numeroso data la ridotta capienza della piazzetta (circa 300 persone) sono quasi a contatto l'uno con l'altro e si trovano nel punto più alto del borgo medievale con vista dall'alto sulla valle brulicante di luci, veramente mozzafiato.
Iniziano con un brano composto da Stilo
BIBI'S MOOD. Colpisce immediatamente il ritmo impresso dalla sezione ritmica che s'incanala a sorpresa in ambito quasi rock-funky ma in modo abilmente sfumato dal batterista. Il tema, bello, preciso e quasi aggressivo, mette da subito in evidenza il gioco di note fluenti dal flauto traverso di Nicola che appare da subito in gran forma, supportato armonicamente da
Sebastiani che non fa rimpiangere l'assenza del contrabbasso,
mostrando la sua personale cifra stilistica nel pieno sfruttamento di potenzialità del suo basso a 5 corde, che gli consente di crearsi al suo fianco un alter-ego chitarrista. Infatti, nelle pause di ripresa del tema, infila in quei brevissimi vuoti armonici, profondi e vibranti chords, abbelliti da calibrato ed efficace sustain nelle posizioni alte della tastiera (senza mai tralasciare il sostegno delle linee di basso), mentre interviene con voicings a ritmo più serrato, e in sintonia con l'incalzante e dinamico
Marzi, durante il prolungato solo di Stilo, che comincia ad improvvisare sul suo tema raddoppiando o intervallando i suoni con respiri e schiocchi vocali di grande effetto, e con una "fisicità" interpretativa davvero di spessore. Ho pensato in quei primi momenti a quanta esperienza tecnica, artistica ed umana Nicola abbia accumulato sin da quando incontrò nel 1980
Chet Baker, col quale ha svolto un'intensa attività concertistica in tutto il mondo ed inciso diversi album fino all'88 (anno della sua scomparsa), intervallata dalla residenza per 2 anni in Brasile (concerti, collaborazioni Teco Cardoso, Helio Delmiro, Ricky Pantoya)
fino a collaborare e suonare come side-man o solista free-lance con i migliori jazzisti italiani. E' dal
novembre 97 che è a fianco di Toninho Horta col quale
ha inciso in duo il disco "Duets" (Millesuoni
- Via Veneto Jazz).
Si passa quindi, dopo un prolungato applauso, al 2° brano del trio, "LIVING" di Ritchie Beyrach, con cui già si entra direttamente nell'atmosfera bossa-latin che prelude al successivo ingresso di Toninho. L'esecuzione conferma l'eccellente dinamica del trio, sostenuta in questo caso dall'originale drumming del giovane ma già maturo Marzi, che ininterrottamente ricama disegni ritmici mai banali, come rischia di accadere in tempi bossa,
e reggendo in modo fluido ma consistente le melodie del flauto.
L'accompagnamento del basso ora arricchisce decisamente il sound alla stregua di una vera chitarra classica. Prima del finale, Stilo incuriosisce ulteriormente l'attenta platea, con una piccola ma piacevole incursione al piano Roland elettrico, che si trova un po' ai lati del palco, stranamente già acceso e pronto, anche se serve più tardi ad altri giovani musicisti.
Caloroso applauso del pubblico, ed anche più prolungato del primo perchè nel frattempo, mentre Stilo al microfono ringrazia con affetto ed annuisce sorridendo e spostando col braccio l'attenzione del pubblico verso i due compagni alle sue spalle, Toninho Horta fa il suo veloce e defilato ingresso dai lati della piazzetta (toccato amichevolmente da alcuni sul braccio) e con un piccolo balzo felino è già sul palco, presentato da Stilo. Si siede accanto a lui, che è in piedi. Batteria e basso alle spalle, distanziati.
Connette il cavo al piezo della classica. A terra, sul fodero, la sua chitarra elettrica. E' significativo che un grande musicista come lui, non adoperi un set-up di grande effetto scenico, ma solo due chitarre, ampli, e due pedalini chorus-delay: "The music is more important than the equipment", mi aveva detto prima in macchina.
E infatti
è pura delizia per l'ascolto l'esecuzione delle prime due songs "MEU CANARIO VIZINHO AZUL" (tratto da "DurangoKid 2" del '95, che Toninho nell'album suona con sola chitarra) e, a seguire,
LITORAL (dello stesso album). Su entrambi i brani, tra il flautista italiano e il chitarrista brasiliano s'instaura subito una perfetta interazione di suoni, un accattivante equilibrio tra bossanova e jazz che trovano nel duo un'espressione di autentica poesia e calore umano - tutto in acustico-; la voce affascinante di Toninho e il suo morbido tocco sullo strumento si sposano con il suono dolce ed evocativo del flauto di Nicola, alternato ora su ondulazioni tra sovracuti ora su avvolgenti morbidezze: il tutto regala alla platea canzoni il cui testo-musica sa di visionario e sensazionale, d'immaginazione d'oriente, di tropicale, di esotismo, di sole; incalzanti andamenti ritmici del bravo e attento
Marzi, e sofisticate armonie di
Sebastiani sostengono eleganti e virtuose improvvisazioni melodiche. Finale in unisono flauto-voce, in solitudine e con chiusura in perfetto stacco. Risposta sincera e calorosa degli astanti.
Arriva poi, come definirla..., una "chicca".
Toninho comincia con un'esecuzione di tipo cameristico, (ricordiamolo: per lui il plettro
è sconosciuto), con arpeggi classicheggianti alternati a lievi melodie su note a vuoto di basso, che si riallineano fino a concentrarsi rallentando su un motivo ben definito che ci porta a
MOON RIVER del mai troppo ricordato Henry Mancini. Gli altri, nel frattempo ritiratisi lentamente ai lati posteriori del palco, lo guardano sorridendo e seguendolo ammirati. Il tema procede lentamente, con armonia in arpeggio, con l'orecchio appoggiato sulla fascia dello strumento, seguendo opportune pause e dinamiche di suono e di battute che anticipano o ritardano sul 4/4 senza mai lasciarlo. Pura musicalità di un'eterna canzone, rivissuta nel finale con un ritmo d'accompagnamento lento, leggermente latin (pollice ai bassi e 5 dita sotto) che si sviluppa in punta di mani accompagnando il delizioso spunto improvvisativo vocale che sostituisce il testo di Johnny Mercer, fino a terminare con una lunga nota sfumata sull'ultimo accordo tirato giù col pollice.
Al riaccendersi delle luci, il pubblico ha risposto con un applauso più tenue, ma molto più lungo dei precedenti quasi a non voler guastare il lirismo pregnante ancora nell'aria.
Si riparte su un ritmo completamente diverso sia su
BONS AMIGOS (album "Toninho Horta" dell'80) che su
FROM TON TO TOM
(album omonimo del recente '98), il primo una dolce ballata dedicata agli amici, con bellissimo solo di Stilo su controcanto di Toninho, il secondo una perla in bossa lenta, su delicato tappeto ritmico di
Sebastiani e Marzi, brano molto intimista in forma, contenuto e poesia con cui Toninho (Ton) presta un commosso omaggio al maestro
Jobim (Tom), con bellissimi testi ed armonie. Avendolo ascoltato diverse volte al mio rientro, e alla luce della tipologia di brani presenti in quest'album, fra i quali anche i celeberrimi
Meditaçao, Desafinado, Ritrato em Branco e Preto, Agua de Beber,
Chega de Saudade (molti cantati in compagnia di Gal Costa, al fianco di nomi quali
Gary Peacock, Manolo Badrena, Bob Mintzer, Paulo Braga,
William Gallison ed altri bravi musicisti classici brasiliani), ritengo che esso sia il punto più alto di tributo negli ultimi anni che qualcuno (specie brasiliano) abbia potuto riservare al "gettonatissimo" (fra jazzisti e non) Tom Jobim: Toninho reinventa con rispetto e indipendenza le "creature" jobimiane, e filtra le influenze con temi originali di una densità libera da qualsiasi sospetto imitatorio.
Negli ultimi 3 brani Toninho passa alla chitarra elettrica, suonata anch'essa senza plettro, producendo un suono personale - grazie anche ai due semplici pedalini effetto - e quasi a metà tra una Telecaster ed una Gibson 175 (stiamo parlando della Yamaha AEX1500 PACIFICA). Ci riferiamo alla famosa
WAITING FOR ANGELA, cantato all'unisono col pubblico, il cui tema è condotto spesso da Stilo con momenti improvvisativi e controcanti di Toninho, che mette sempre a proprio agio gli altri musicisti con sguardi benevoli. Bell'assolo melodico di Sebastiani, e finale con un "tutti" di respiro orchestrale. A conclusione,
MOONSTONE , eseguito solamente con tema all'unisono di flauto e chitarra e con successivi spunti improvvisativi alternati 2 volte fino alla conclusione tirata per quasi 2 minuti su evoluzioni di note di
Stilo poggiate su un unico accordo ribattuto velocissimamente a mo' di flamenco con tutte le cinque dita della mano. Questo brano, lo ricordo, è suonato sul disco in duo (acustico) con Pat Metheny. Al riguardo, in macchina, mi aveva detto all'incirca:
«Pat conosceva la canzone da parecchio tempo. Egli mi invitò a suonare con lui alla cerimonia di nozze dell'attore Robert Duvall. Io ho suonato acustico e lui elettrico. A Pat è sempre piaciuta questa canzone. E quando venne a registrare nel mio album
(Moonstone appunto n.d.r., dell'89) io gli chiesi: "Pat che cosa cominciamo a suonare - forse 'Diana'?"
Perchè a lui piaceva anche questa, e io non l'avevo mai registrata negli States.
Ma cominciammo spontaneamente a suonare 'Moonstone'. Egli dava alcune idee circa
la forma al momento della sua e della mia improvvisazione...Abbaimo registrato
sei takes ed abbiamo poi scelto la quarta.»
Eh bè...beato lui...
Il brano eseguito all'inevitabile richiesta di BIS? Uno "sconosciuto"...CORCOVADO...Vi
lascio immaginare...Più tardi, 'round midnight, tanto per
cambiare, tutti a CENA. Toninho è seduto in compagnia dei due figli, alla sua
destra, Luisa e Manuel. A quando di nuovo in Italia?
04/05/2008 | 1 marzo 1984: ricordo di Chet Baker al Naima Club di Forlì: "La sua voce sottile, delicata, sofferta, a volte infantile, mi è rimasta dentro il cuore per molto tempo, così come mi si sono rimaste impresse nella memoria le rughe del suo viso, profonde ed antiche, come se solcate da fiumi impetuosi di dolore, ma che nello stesso tempo mi sembravano rifugi, anse, porti, dove la sua anima poteva trovare pace e tranquillità. La pace del genio, la pace del mito, al riparo delle tragedie che incombevano sulla sua vita." (Michele Minisci) |
|
Invia un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
COMMENTI | Inserito il 20/9/2010 alle 16.46.27 da "felixbrazil" Commento: Che dire....ho letto con "un po'" di ritardo questa articolo...e c'ero anchio al concerto serale..aggiungo solo che in quella occasione ebbi il piacere di trascorrere un paio di pomeriggi con il grande Toninho..grazie ad un seminario a cui partecipai!
Ovviamente oltre ad essere un grandissimo..musicista..apprezzai anche e soprattutto la sua umilta' e semplicita'.
Um grande abraço a tutti gli amanti della buona musica!!!!!!
| |
Questa pagina è stata visitata 16.680 volte
Data pubblicazione: 21/09/2003
|
|