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Conoscere il Jazz
B.B.G. TRIO
Bollate Jazz Meeting - 30 marzo 2009
di Rossella Del Grande

Michiel Borstlap, piano
Han Bennink, batteria
Ernst Glerum, contrabbasso

Cineteatro Splendor. Cascina del Sole. Frazione di Bollate. Hinterland nord di Milano. In cartellone questa sera c'è l'ultimo concerto del Bollate Jazz Meeting 2009: "B.B.G Trio". Detto così, potrebbe sembrare un evento marginale. Non facciamoci ingannare dalle apparenze.



La rassegna "Conoscere il Jazz" esiste da 13 anni. Gli organizzatori di questo festival, l'Associazione Bollate Jazz Meeting, grazie anche a numerosi sponsors privati ed istituzionali, hanno dato dei punti alla "grande Milano", riuscendo di anno in anno a portare all'interno di questa rassegna jazzisti di rilevanza internazionale, ad un costo assolutamente contenuto per il pubblico (lo scorso anno, solo per citarne alcuni, abbiamo assistito al concerto di Eddie Gomez Trio ed a quello di Cedar Walton).

La rassegna di quest'anno è a tema ed è stata dedicata a due sommi autori del jazz: Charles Mingus e Thelonious Monk. Le loro composizioni sono state reinterpretate rispettivamente dal quintetto di Jack Walrath e dal quintetto di Pietro Ciancaglini per quanto riguarda Mingus. Dal trio di Kenny Barron (con Kiyoshi Kitagawa al contrabbasso e Francisco Mela alla batteria), e dal trio di Michiel Borstlap (BBG Trio), per quanto riguarda Monk. "BBG Trio" è la formazione che si esibirà per l'appunto questa sera, concludendo la manifestazione 2009.

Le premesse incominciano ad esserci. Il concerto potrebbe essere effettivamente qualcosa di molto interessante…Eppure non siamo ancora totalmente tranquilli. Come entriamo, diamo un colpo d'occhio al palco: pianoforte e contrabbasso ci sono, esattamente come ce li aspettiamo. Ma la batteria? Non c'è. Vediamo solo il rullante, con accanto una sedia qualunque, di quelle che si trovano facilmente anche nelle aule di scuola. Di nuovo: non facciamoci ingannare dalle apparenze! Il batterista che sta per esibirsi questa sera con una strumentazione così scarna è Han Bennink, un quasi settantenne che non va preso affatto alla leggera! Ma procediamo con ordine.

Il trio è composto dal pianista Michiel Borstlap, figlio d'arte, suo padre è un compositore classico. Nato a l'Aja nel 1966, Michiel è il più quotato pianista jazz olandese. In questi anni ha ottenuto svariati riconoscimenti a livello internazionale. Borstlap nel 1992 vince il concorso annuale della Radio Nazionale Belga come miglior solista a livello europeo. Quattro anni dopo, nel 1996, vince con la propria composizione "Memory of Enchantement" il premio Thelonious Monk per compositori, prestigioso riconoscimento assegnato dalla BMI (la Società degli Autori americana). Questo brano è stato registrato da Herbie Hancock e Wayne Shorter nell'album "1 + 1". Ma Borstlap oltre che alla composizione, si dedica anche alla rivisitazione di repertori che hanno lasciato il segno nel panorama jazzistico di tutti i tempi. Sempre nel 1996 Borstlap realizza infatti un progetto che ripropone il repertorio dei Weather Report, ma in chiave acustica, affiancato da musicisti straordinari, fra cui proprio Han Bennink, il batterista che ascolteremo questa sera. Questo album si intitola "Body Acoustic", ed è la dimostrazione che dal repertorio di Zawinul è ancora possibile trarre qualcosa di inedito. Un altro progetto importante di Borstlap è quello dedicato alla musica di Thelonious Monk. Il trio ha registrato recentemente il cd "MONK", presentato in Olanda alla Bimhuis di Amsterdam. Mentre per quanto riguarda il mercato italiano, la presentazione dell'album avverrà proprio questa sera. Non a caso il tema di questa serata (così come era stato per il concerto di Kenny Barron di poche settimane fa), è proprio la musica di Thelonious Monk.

Michiel Borstlap si è distinto nel panorama internazionale per la propria capacità di riportare il repertorio monkiano all'essenziale ed il più vicino possibile allo spirito dell'autore. In che modo? Oserei dire per "sintesi sottrattiva". Tolti tutti gli abbellimenti e gli orpelli, sono rimaste le dissonanze, gli spazi vuoti, gli accenti possenti ed un grandissimo swing. Forse è proprio questa l'essenza del lavoro svolto da Borstlap sul materiale monkiano.

Al contrabbasso abbiamo Ernst Glerum, nato nel 1955, di estrazione classica e diplomato presso il Conservatorio di Amsterdam. Nel corso dei propri studi musicali, Glerum si unisce all'ASKO Ensemble, nonché a gruppi dediti all'improvvisazione musicale (Curtis Clark, Hans Dulfer, JC Tans, Theo Loevendie). Suona con l'Amsterdam String Trio e con l'Instant Composers Pool. Insieme a Han Bennink, Glerum collabora con molti grossi nomi del jazz (Steve Lacy, Lee Konitz, Uri Caine, John Zorn, Don Byron e molti altri). Glerum è anche compositore ed arrangiatore ed in questo ruolo dà vita a progetti come il New Klookabilitis, Universal Metropolitan Music, Omnibus, Continuo Continued, ed il recente Jazz Sampler (Ebony String Quartet). Nel 1997 registra un album a proprio nome, "Elbow Room". Nel 2004 fonda la propria etichetta, la "Favorite". Glerum, oltre che con le formazioni citate sopra, suona anche con Guus Janssen Trio, Michiel Scheen Quartet, Trio Continuo e nel BBG Trio, la formazione che ascoltiamo questa sera (per l'appunto con Borstlap e Bennink). Ernst Glerum insegna contrabbasso presso il Conservatorio di Amsterdam.

Ed ecco a voi Mr Han Bennink, al "rullante"! Bennink nasce a Zaandaam, vicino ad Amsterdam nel 1942. E' un mago della ritmica ed un polistrumentista che dopo 50 anni di onorata carriera jazzistica con i più grossi nomi, ora si può permettere tutta la libertà che vuole. Look insolito: fascetta multicolore attorno alla fronte, da cui sbuca la capigliatura canuta. Viso abbronzato. T-shirt bianca e pantaloni di velluto rimboccati fin sopra le ginocchia, scarponcini da trekking. Gestualità istrionica e teatralità, ma soprattutto energia, ritmo e swing nel DNA, tanto da lasciare tutti senza parole. La passione di Bennink per la batteria nasce con lui. Autodidatta, ma anch'egli figlio d'arte (padre percussionista in un'orchestra), narra di avere scoperto la propria vocazione come batterista fin da piccolo, grazie proprio ad una sedia da cucina… Ma Bennink è un artista a tutto tondo, non solamente un jazzista. Negli anni '60 frequenta la scuola d'arte. E' un creativo nel senso più vasto del termine. Scultore con oggetti di recupero, autore delle copertine di numerosi suoi LP e cd, le sue opere sono state esposte alla Galerie Espace di Amsterdam ed al Gemeente Museum dell'Aja. Persino il suo autografo è un "disegno"…Sempre negli anni '60 viene riconosciuto il suo talento come percussionista decisamente non convenzionale. Bennink, ispirato dal proprio idolo, Kenny Clarke, intraprende numerose tournées con mostri sacri del jazz, quali Sonny Rollins, Ben Webster, Wes Montgomery, Johnny Griffin, Eric Dolphy e Dexter Gordon.
Da citare due suoi albums: "Live at Amsterdam Paradiso" del 1969, con Dexter Gordon, e "Last Date" del 1964, con Eric Dolphy.
Bennink mette sempre più a fuoco nel corso degli anni qual è la propria strada: quella dell'improvvisazione "europea", un qualcosa che partendo dal jazz si evolve fino ad assumere un'identità propria. Partecipa ad importanti festival internazionali (Newport Jazz Festival, 1966). Fonda il Collettivo "Instant Composers Pool" nel 1967 con musicisti olandesi come il pianista Misha MengElberg ed il saxofonista Willem Breuker. Negli anni '80 affianca pionieri del free, come Derek Bailey, Don Cherry, Alexander von Schlippenbach, collabora con la ICP Orchestra di MengElberg, con il bassista sudafricano Harry Miller, con il sax soprano Steve Lacy, i trombonisti Roswell Rudd e George Lewis, nonché con grandi jazzisti più vicini alla tradizione, come Lee Konitz.
Dal 1988, per un decennio, il progetto trainante di Bennink è il "Clusone 3" con Michael Moore (sax e clarinetto), ed Ernst Reijseger al violoncello. Con questa formazione Bennink incide 5 cd e realizza tournées in tutto il mondo. Attualmente capita di ascoltarlo spesso nel quartetto di Tobias Deliu, o in trio con il tastierista Cor Fuhler e Wilbert de Joode al basso.
Nel corso della propria lunghissima carriera, Bennink ha spaziato dal jazz convenzionale al free più spinto, anche utilizzando strumenti del tutto insoliti, dai richiami per uccelli ad un'assordante allarme anti incendio, come avvenne nel concerto tenutosi a Toronto nel 1990.

Torniamo al nostro concerto: i brani scorrono in modo imprevedibile, nessun pezzo viene annunciato. A volte i temi non sono così evidenti, da principio. Magari ne cogliamo un accenno dopo fiumi di improvvisazioni il cui sapore comunque è lo specchio dello stile di Monk. A volte scaturiscono inaspettati dal contrabbasso, che molto spesso viene suonato con l'arco. Questa sonorità si allontana dal "Monk's sound" a cui siamo abituati, eppure il suo è un grandissimo contributo alla creazione estemporanea di un mood che fu unico ed inconfondibile in tutta la storia del jazz, e che questa sera ritroviamo in tutta la sua freschezza.

Raccontare un suono non è facile, ma ancora più difficile è farvi provare quello che Han Bennink ci sta trasmettendo. Della sua carriera, del suo look e della sua gestualità vi ho già parlato. Ma più lo ascoltiamo, più siamo rapiti dal suo senso del ritmo, un vero e proprio dono, un patrimonio personale che possiede ad un tale livello da rendere superfluo persino l'utilizzo di uno "strumento".

Bennink infatti suona "tutto": dal rullante che ha fra le ginocchia, alle gambe della sedia su cui sta seduto (ma non vi resta molto a lungo, si alza, si sdraia per terra, entra ed esce dal palco…), alle tavole del palcoscenico, alle bacchette che tiene in bocca per amplificarne il suono quando le percuote una contro l'altra.

Quante volte ci sarà capitato di sentire musicisti lagnarsi per una performance non proprio al massimo, per colpa del proprio strumento. Ebbene, questo non capiterà mai a Han Bennink! Perché Bennink non suona la batteria, suona letteralmente l'ambiente che lo circonda!

Vi parlo molto di lui, ma è inevitabile. Perché questo artista ha sicuramente catalizzato l'attenzione della platea. Ma anche perché il suo comportamento sul palco, così informale, così fuori dagli schemi, così free, non deve assolutamente essere frainteso. Da un esame superficiale potrebbe apparire quasi clownesco, ma ascoltandolo, consapevoli anche di tutto il suo background, ci rendiamo conto che Bennink è un personaggio davvero unico e geniale.

Il concerto si srotola senza pause, Borstlap si dimostra un grande pianista: la musica di Monk ce l'ha veramente nel sangue. I brani sono tanti, Bye-Ya, Crepuscule with Nellie, Well you needn't, Epistrophy, Pannonica, anche un accenno di Blue Monk. Ma più che i temi, quello che ci colpisce è davvero il suono, il timbro monkiano, così dissonante e con accenti spigolosi che ben pochi pianisti riescono a rendere così bene senza appesantirlo con ornamentazioni superflue.

Il batterista utilizza prevalentemente le spazzole. A volte "stoppa" il rullante posandovi sopra un piede. Si sdraia per terra. Percuote sedia, palco, qualunque oggetto abbia attorno e non gli occorre nient'altro per suonare. Persino la botola chiusa che ha dinnanzi a sé sul palcoscenico diventa uno strumento per creare ritmo. La apre e la richiude a tempo. Bennink è completamente rapito dal ritmo, si diverte, lancia grida. Spalanca le braccia. Lancia in aria le bacchette. Impossibile resistergli! Il pubblico esulta. E lui con grande modestia indica ad ogni applauso Michiel Borstlap ed Ernst Glerum, attribuendo a loro il merito di tutto quell'entusiasmo da parte della platea.

Il contrabbasso alterna temi eseguiti con l'arco, accompagnamenti in walking ad altissima velocità e grande "tiro", ad improvvisazioni ricche sia di tecnica che di grande creatività, costruendo ottimi incastri con il pianoforte di Borstlap.

Poche volte il pianista pizzica le corde dall'interno del pianoforte, dando per un attimo un accenno di sonorità ancora più moderna ai brani. Le sue esecuzioni sono decisamente libere. E' davvero notevole la sua abilità di reinterpretare Monk alla propria maniera personale ma mantenendone assolutamente intatto lo spirito. Molto belle le sue dinamiche e lo swing. Un pianismo diverso dal consueto, molto personale e che non si è mai ascoltato prima fra i vari interpreti monkiani. Borstlap è un pianista davvero interessante, ancora poco conosciuto in Italia, ma dotato di grandi capacità e di una grande sensibilità.

Il trio dimostra coesione ed interplay. I tre musicisti si divertono palesemente, ridono fra di loro, sono piacevolmente stupiti dalle idee che ciascuno di loro propone e dalle quali traggono reciprocamente stimolo.

Anche in questo, giustamente, non ci siamo lasciati ingannare dalle apparenze! Ora lo possiamo affermare con grandissimo piacere ed in tutta tranquillità!

Tre musicisti, tutti e tre figli d'arte, ma di età diverse, di cui due di estrazione classica ed uno autodidatta, hanno saputo darci infatti dimostrazione di un medesimo feeling che ha permesso loro di intersecare le rispettive esperienze musicali convogliandole in un progetto comune e di grande impatto come si è dimostrato questo progetto dedicato a Monk.

Il B.B.G. Trio ha saputo coinvolgere in modo sempre crescente tutto il pubblico presente portandolo a dimostrare il proprio entusiasmo con una vera e propria ovazione al termine del concerto e dei due bis.

Ho scambiato un saluto e qualche parola con i tre musicisti nel backstage: Borstlap è un ragazzone molto alto, è simpatico e molto cordiale, ed appare il più pragmatico dei tre. Mi ha ringraziata e mi ha dato il proprio recapito e-mail, interessato alla recensione. Glerum mi ha parlato dell'Italia e delle numerose città che conosce, dove ha avuto occasione di esibirsi ma anche di gustare molte prelibatezze della nostra buona cucina ed i nostri vini che ama molto. Ha tentato di dire qualche parola nella nostra lingua, sbagliandola simpaticamente e provocando una risata spontanea e cordiale fra tutti noi. E Han Bennink mi ha fatto una dedica disegnandomi un cuore accanto alla propria bizzarra firma e mi ha fatto il baciamano.

Credo che lo stesso Monk si sarebbe divertito parecchio, questa sera.

Si è conclusa così l'edizione 2009 del Bollate Jazz Meeting/Conoscere il Jazz, a cura di Maurizio Franco. E' stato un successo enorme. Tutto esaurito alla conferenza introduttiva ed ai vari concerti in programma. Pubblico calorosissimo, appassionato e competente, accorso da ogni parte ad ascoltare questi grandi artisti di fama internazionale.

Appuntamento al prossimo anno dunque per la 14esima edizione di questa rassegna davvero notevole in un paese alle porte di Milano.







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Data pubblicazione: 26/04/2009

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