Di Powell e Monk si è sempre sottolineato quanto innovativi
e geniali siano stati nella storia del jazz, ma per entrambi la malattia mentale,
ha purtroppo costituito un elemento di disturbo nelle due eccezionali personalità
artistiche.
La maggior parte degli studiosi è concorde nell'affermare che la qualità
musicale di Powell risentì maggiormente dei disturbi psicologici, rispetto
a quanto accadde invece a Monk.
Un
punto di vista sul diverso panismo dei due musicisti è quello che scaturisce dallo
studio sullo "split brain", cioè i due emisferi del cervello e le funzioni
ad esso correlate.
Powell comincia a suonare gli accordi con la sinistra, fornendo così l'armonia
alla mano destra che invece improvvisa. Questo spostamento alla mano destra può
essere significativo perché esso è connesso alla parte sinistra del cervello (e
viceversa per Monk che invece usa di più la mano sinistra).
Considerando le diverse funzioni emisferiche cerebrali è possibile identificare
quali zone siano coinvolte nella percezione e produzione musicale. Sebbene si è
spesso ritenuto che la parte più coinvolta sia quella dell'emisfero destro, alcuni
studiosi hanno invece sostenuto l'idea del coinvolgimento "biemisferico", nel senso
che l'emisfero destro presiede le funzioni spaziali (quindi una comprensione più
globale e sintetica della composizione musicale), mentre l'emisfero sinistro ha
più a che fare con l'ordine sequenziale delle note individuali (diremmo quindi una
funzione più analitica).
Powell, secondo questa analisi che riguarda lo stile cognitivo e la creazione
musicale, è più "emisfericamente sinistro". Anche il fatto che usa la mano
destra nell'improvvisazione, potrebbe esserne una conferma.
In
lui è evidente la capacità straordinaria di suonare una cascata di note in ampie
estensioni musicali, con un'abilità unica. Con un po' di approssimazione potremmo
dire che chi preferisce Powell a Monk, rientra nella tipologia dell'emisfero
sinistro, nel senso che è più razionale, analitico, lineare e sente il pianismo
di Powell più appagante.
I monkiani saranno invece più globali, più intuitivi e sintetici. Monk
infatti è legato ad uno stile cognitivo più emisfericamente destro, più
irrazionale, globale, sintetico. La sua influenza è stata forse minore rispetto
a Powell, in quanto la sua intima peculiarità artistica ne ha reso inimitabile lo
stile.
Monk
dà maggiore enfasi alla mano sinistra, le sue frasi sono caratterizzate da note
apparentemente sbagliate, fuori di mezzo tono e talvolta portate ad una tensione
che viene poi lasciata irrisolta. Spesso suona due tasti vicini contemporaneamente
ottenendo un effetto di dissonanza. Percuote i tasti con le dita piatte e non arcuate,
ed in momenti di particolare gioia scuote la tastiera con energiche gomitate. Quando
suona dei pezzi non suoi li destruttura e poi li reinterpreta stravolgendoli con
cambi d'accento, anticipi, ritardi, silenzi e swing.
Si può parlare per Monk di "primitivismo" e "infantilismo"
musicale. Sono definizioni solo apparentemente riduttive in quanto riflettono come
la sua musica abbia qualcosa di originale, nel senso di primordiale, legato all'origine
e spesso assomiglia alle cantilene dei bambini durante il gioco per il loro carattere
reiterato e libero.
Sul concetto di profondità intellettuale e libertà musicale, ecco cosa
dice John Coltrane a proposito di Monk:-"Tu non sai mai cosa può succedere.
Dal punto di vista ritmico, per esempio, Monk sa creare una tale tensione da costringere
chi suona strumenti a fiato a "pensare" invece che a cadere nei soliti clichè. Egli
può cominciare una frase da un punto che tu non ti aspetti, e tu devi sapere bene
cosa fare: E dal punto di vista armonico, egli segue delle strade diverse da quelle
che tu puoi avere previsto. Una cosa soprattutto Monk mi ha insegnato: a non avere
paura di fare ciò che sento veramente."
Se consideriamo di nuovo gli emisferi del cervello e le patologie ad essi
correlate, è possibile ancora riconoscere nelle due tipologie, i disturbi mentali
che afflissero i due musicisti.
A
detta di Paudras, il grafico francese che si prese cura di Powell
durante il soggiorno parigino e in parte anche dopo, Powell fu vittima della sua
schizofrenia: una parte di lui lo incitava ad affrontare i problemi, ma ci riusciva
solo quando era tra persone con i suoi stessi interessi, che lo comprendevano. L'altra
parte era quella autodistruttiva, senza difese. Questo si riflesse naturalmente
nella sua musica. Nelle migliori condizioni esprimeva al massimo il suo talento
tecnico ed espressivo, ma nei periodi di acutizzazione della malattia, le sue prestazioni
musicali potevano risultare molto scadenti.
La follia di Monk era molto più blanda, nel senso che non aveva
gli scatti di irascibilità che affliggevano il suo amico, ma nella sua mitezza le
stranezze di Monk furono molte.
La sua personalità bipolare lo portò a momenti di estrema energia, e lo
manifestava durante i concerti quando si alzava e cominciava a ballare con la sua
imponente figura e mentre gli altri improvvisavano lui faceva strane piroette sul
palco e poi riprendeva a suonare il pezzo, dal punto esatto in cui l'aveva lasciato.
Diceva che gli serviva per capire se il pezzo funzionava.
Al
contrario c'erano anche i periodi di inattività, in cui rimaneva a letto per giorni
interi "laying dead", chiuso nel suo mutismo, in uno stato di catatonia.
"E' sempre notte; se non fosse così non sentiremmo tanto il bisogno della luce"
era il suo aforisma preferito.
Entrambi Powell Monk furono ricoverati in ospedale psichiatrico,
ma Monk solo in osservazione per alcuni giorni: l'avevano visto aggirarsi a tarda
sera con fare incerto nell'atrio dell'aeroporto di Boston e quando gli avevano chiesto
spiegazioni, aveva opposto il suo ostinato silenzio. I medici che lo esaminarono,
conclusero che avevano a che fare con un paranoico e lo dimisero.
Per Powell i ricoveri furono ripetuti e più lunghi. Egli fu più
in balìa degli eventi e delle persone a causa della sua estrema fragilità psicologica.
Monk, invece, dimostrò avere un'assoluta indifferenza rispetto a quanto
lo circondava. Anche quando arrivò il successo in America e in Europa, la sua vita
non cambiò più di tanto. Mantenne infatti un modesto tenore di vita nella sua casa
nel quartiere di San Juan Hill a New York dove visse a lungo (a parte l'ultimo periodo
in cui si trasferì a casa della Baronessa Nica).
Powell e Monk si conobbero giovanissimi, quando Powell aveva appena
17 anni e Monk 24.
Monk aveva già intuito che il suo amico non era capito né come musicista,
né come persona. Lui invece lo capiva in entrambe le cose. Lo portò al Minton's
e divenne il suo mentore.
Per ricordare l'intesa profonda che intercorreva tra i due, ecco un estratto
da "Dance of The Infidels", la biografia di Powell scritta da Francis
Paudras.
L'autore rievoca un incontro tra i due pianisti, ormai artisti affermati,
avvenuto dopo un lungo periodo di lontananza, poco dopo il ritorno di Powell a New
York, da Parigi. Bud e Paudras si recano a casa di Monk nelle prime ore del pomeriggio:
"Suonai il campanello, aspettammo un po' stavamo per andarcene, quando la
porta si aprì e ci trovammo di fronte Thelonious in persona, una montagna, in silenzio.
Mi feci indietro e loro si trovarono faccia a faccia, i loro visi quasi si toccavano.
Rimasero così, come ipnotizzati. Mi sembrò un'eternità, senza una parola o un movimento.
Niente nei loro visi tradiva la minima emozione. Proprio mentre cominciavo a pensare
che nessuno si sarebbe mosso, Thelonious prese Bud per le spalle e lo spinse dentro
casa, pronunciando le enigmatiche parole,
Ai concerti parigini ci eravamo abituati ai suoi strani giri sul palco,
mentre i musicisti improvvisavano. Con la sua andatura traballante si spingeva al
limite del palco, proprio sopra alla buca dell'orchestra, tenendo il ritmo della
musica, muovendosi a scatti, le braccia tese e aperte come un bambino che imita
l'aeroplano. Qualche volta fingeva di cadere dal palco, spaventando gli spettatori
della prima fila. "Ti faccio l'aeroplano!" In quel momento, le parole sembravano
così fuori luogo, che non ero sicuro di aver sentito bene.
Thelonious fece strada, con Bud dietro. Entrammo in una stanza occupata
da un grande piano a coda, che sembrava anche più grande per la mancanza di spazio
e più strano per la pila di piatti sopra. La coda del piano era in cucina e la tastiera
in sala. Thelonious si sedette per suonare, alzò le mani sopra i tasti, guardò in
basso e premette entrambi i pedali. Con un movimento lento e molto studiato, premette
forte i tasti e rimase così, la testa giù, piegato, il corpo accovacciato sopra
la tastiera, finché il suono non svanì.
Prima il piano emise un rombo sordo ed i piatti cominciarono a scuotersi
poi a vibrare per la risonanza delle corde. L'intensità del suono imitava alla perfezione
il boato dei bombardieri.
Immediatamente mi fece venire in mente un ricordo preciso. Durante
la guerra, quando c'erano i raids aerei, sentivamo i Superfortresses americani che
andavano a bombardare le posizioni tedesche. Volando molto in alto per sfuggire
al fuoco nemico, producevano un suono lontano, monotono, molto particolare, che
chi ha vissuto in quel periodo non potrà mai dimenticare. Era proprio il suono che
Thelonious aveva riprodotto. Il boato svanì piano, proprio come degli aeroplani
che si allontanano. Thelonious rimase seduto, piegato sulla tastiera, poi si volse
leggermente verso Bud, con uno sguardo interrogativo. Prima Bud trattenne un sorriso,
ma alla fine scoppiò a ridere fino alle lacrime……"
Bud Powell morirà nel 1966 a New York,
a soli 45 anni, mentre Monk, anni dopo nel 1982
a 64 anni, dopo aver trascorso l'ultimo periodo nella lussuosa dimora della baronessa
Nica de Koenigswarter, durante il quale rimase quasi sempre a letto in stato
catatonico. Forse non aveva più niente da dire. D'altronde aveva una volta dichiarato
ad una giornalista inglese."Non parlo molto perché non è possibile dire a tutti
ciò che si pensa. Delle volte neppure noi sappiamo che cosa stiamo pensando".