E' l'Europa dal sapore più asciutto e lineare che padroneggia questo ultimo lavoro di Roberto Magris. Ma non solo: tutti i musicisti sono europei e, in particolare, di quella Europa colta e dalle radicate tradizioni storiche. Ma le avvolgenti sonorità che permeano gli otto brani dell'album hanno sapori e colori molteplici, senza confini geografici.
La tradizione pianistica emerge in ogni intervento di Magris, ma in una fusione di forme musicali che assumono una propria avvincente natura. Il pianista triestino è un recipendario di conoscenze stilistiche e tecniche, ma non è un mero esecutore, ha la dote della personalizzazione nel rispetto della tradizione.
Ogni brano colpisce per la coralità e per l'interplay. Dal classico I Remember You alle lucide note di Blues For My Sleeping Baby, dove il sincopato di contrabbasso di Robert Balzar conduce prima
Lakatos ed Erian ad un alternarsi ed intrecciarsi di limpide voci e poi al solo di Magris che distilla gocce di storia pianistica.
African Mood, altra composizione del leader, è intrisa dei suoni di McCoy Tyner, ma non solo. L'intervento alle congas di
Zafret – che si dimostra abile conoscitore ed esecutore di sonorità contaminate – apre anche ad incursioni care ad Ahmad Jamal.
La duttilità di Lakatos ed Erian consente di spaziare in ambiti sonori sempre diversi, come accade in Luci Lontane, sempre a firma di Magris. Brano d'atmosfera, soffuso e coinvolgente.
Gli standard sono suonati con delicata attenzione al patrimonio da cui provengono sia nel caso di I Concentrate on You di Cole Porter e sia nel caso della song italiana Che Cosa c'è di Gino Paoli. Un tributo, quest'ultimo piuttosto singolare nella scelta del brano, splendido ovviamente. Occorre dire, però, che le composizioni di Magris sono eseguite con maggiore pathos e maggiore inventiva ed aprono ad orizzonti musicali diversi, sicuramente più articolati, rispetto alla semplice esecuzione – seppur arrangiata con particolare dovizia – di evergreen.
Magris riesce a dare in ogni momento del lavoro equilibrio ritmico e armonico. La forza di
Centis – dall'innato senso per lo swing – alla batteria ed il metronomico
Balzar al contrabbasso coedono le ance magiare di Lakatos e quelle austriache di
Erian.
Magris di rado alza la voce ma si fa decisamente sentire.
Una piccola osservazione, quasi silente: speriamo che anche in Italia si riesca a comprendere che non è un'equazione inconfutabile od un sillogismo acquisito U.S.A.=JAZZ e viceversa. Speriamo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia