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Quattro chiacchiere con…Giuseppe Delre
A cura di Alceste Ayroldi

Caro Beppe, molti dicono che per i crooner la vita è più facile, perché è più facile trovare ingaggi: ti risulta vero?
Ciao Alceste, non so se sia più facile per un crooner rispetto ad un performer qualunque. Oggi credo che sia difficile per tutti. Per questo motivo ritengo sia fondamentale avere in primis un'idea musicale propria e portare avanti progetti di qualità che abbiano coerenza e che soprattutto siano reale esigenza ed espressione artistica di colui che li anima. Io non ho mai fatto alcun progetto senza che vi fosse dietro un'idea precisa in merito a contenuti, modalità ed esigenze espressive. Anche il mio primo lavoro in verità nasceva da un'analisi della tematica del desiderio che nella musica di Cole Porter assumeva una valenza di primaria portata. Per cui tutto il disco fu concepito per mettere in luce le sfaccettature del desiderio in tutte le sue accezioni giocando sui cambi di tempo repentini, sugli impasti timbrici e sul mood da assegnare ad ogni singolo brano. Chiaramente è inutile dire che vi era anche una grande passione per la musica di questo songwriter.



Nella tua discografia fa bella mostra anche "Giuseppe Verdi e La Musica Vocale Da Camera". Di cosa si tratta?

Si tratta di un cd registrato in coproduzione fra l'Istituto Italiano di Cultura di Budapest ed il Conservatorio di musica di Monopoli. Contiene tutte le arie da camera di Giuseppe Verdi. È un lavoro che risale al periodo in cui studiavo Musica Vocale da Camera. Ricordo con grande piacere quella registrazione a cui seguirono dei concerti bellissimi fra l'Italia e l'Ungheria e che mi arricchì molto come esperienza. In particolare la partecipazione al Miskolci Nemzetkozi Opera festival (diretto dal M° Tamas Pal). Ritengo che gli studi classici abbiano contribuito enormemente alla mia formazione e al mio background musicale.

E' stata significativa la tua esperienza con The Bumps e i Tàngheri. Cosa ha cambiato del tuo stile e della tua forma mentis musicale?
Sono state collaborazioni preziose dove non si condivideva solo la musica ma anche l'amicizia e il tempo libero. Mi son trovato a mio agio con loro anche perché avevo la possibilità di poter esplorare altri ambiti della vocalità. Poter fare un utilizzo non convenzionale della voce e potermi mettere alla prova con una dimensione diversa da quella cui ero abituato. Del resto i lavori in cui mi hanno invitato ne sono una chiara testimonianza. La loro collaborazione mi è servita tantissimo ed è stato un momento di crescita preziosa.

Il tributo a Cole Porter era un atto quasi dovuto, vero?
In un certo senso sì. Tutto ha avuto inizio con lui e non mi riferisco solo al mio approccio al mondo del jazz ma anche agli ascolti cui ero abituato fin da piccolo grazie ai miei genitori che ascoltavano dischi di Frank Sinatra, Burt Bacharach, Tony Bennet, Ella Fitzgerald e tanti altri. Poi Cole Porter, a mio avviso, fra i songwriters degli anni Quaranta è sicuramente quello più affascinante grazie alla sua connotazione stilistica così forte dovuta al fatto che era autore della parte letteraria e musicale. In ogni mio concerto è sempre presente un brano di Porter.

"Different Moods" e "Gateway To Life": cosa è cambiato? Tanto visto che sei passato dal duo ad un organico esuberante…
Different Moods è un progetto che nasce in duo con Vince Abbracciante e che poi è stato allargato al quartetto ed è interamente dedicato alla canzone d'autore italiana degli anni Sessanta. Con Vince c'è un feeling particolare ed un'amicizia cresciuta nel tempo per cui il progetto è nato da entrambi ed è stato condiviso in toto. In Gateway To Life le cose cambiano perché è un disco che mi vede in veste di autore e arrangiatore più che di interprete. La presenta di una doppia ritmica e di tre solisti e di tredici archi è stata fondamentale per tradurre a pieno le mie intenzioni musicali

A tal proposito: come e perché hai scelto questi musicisti?
La scelta non è stata per niente casuale. I musicisti che mi affiancano in questo lavoro li ho scelti perché ritenevo fossero vicini alla mie intenzioni e capaci di tradurre pienamente quel che avevo scritto sulla carta. Fortunatamente oggi posso dire di non aver sbagliato e di essere pienamente soddisfatto.

"Gateway To Life" è un album quasi interamente scritto e arrangiato da te. Hai composto i brani appositamente per questo lavoro discografico, oppure ne avevi già nel cassetto?
I brani li ho scritti negli ultimi due anni mentre approfondivo lo studio dell'armonia modale. All'interno solo il brano "Let Me" appartiene a un periodo antecedente. L'ho scritto nel 2004 e visto che spesso lo eseguo nei miei concerti e continua ancora a piacermi ho voluto cristallizzarlo dandone una versione definitiva. Per il resto tutto il disco è caratterizzato da un mood armonico abbastanza omogeneo. È un disco dedicato all'uomo moderno e alle sue passioni ed emozioni che col trascorrere del tempo cambiano. È un disco che vuole raccontare storie e soprattutto per me rappresenta un cambio di rotta. Sia da un punto di vista delle tematiche, sia da un punto di vista stilistico siamo lontani dalla figura del crooner. Lo swing cede il posto a ritmiche dal sapore latin e even eight. Anche le scelte armoniche si distanziano notevolmente acquistando un mood più modale.

Immagino che sarà piuttosto difficile vedere dal vivo l'esecuzione del disco, in ragione dell'organico particolarmente impegnativo. Come ti sei attrezzato a tal proposito?
In verità sto cercando di organizzarmi tramite l'aiuto di strutture esterne per portare avanti il progetto con la formazione dei tredici archi ed il quintetto. Sicuramente non sarà possibile sempre e al posto dell'ensemble completo porterò il trio base con un quartetto d'archi

Rebirth of Life, Live Your Time, A Life Together: c'è tanta vita nel tuo disco. Una buona dose di ottimismo?
Come dicevo prima questo è un disco dedicato all'uomo e alle sue emozioni rispetto al tempo che passa. Lo stesso titolo la dice lunga: Gateway to life, ovvero, una porta o via di fuga per la vita. C'è molta vita in tutti i brani e molto ottimismo in questo disco specie in "Live your Time", in "In The Middle" e soprattutto la voglia di vivere il presente come unico attimo possibile cercando di lasciarsi una volta per tutte il passato alle spalle.

Meglio cantare in italiano o in inglese?
Dipende. In questo disco oltre a "E se domani" vi è un altro brano scritto in italiano. Si tratta di "Una vecchia storia". L'ho scritto in italiano perché affronta una tema molto dedicato e davvero non ci sarei riuscito a descrivere in inglese quel che volevo esprimere. Per il resto la scelta dell'inglese mi è sembrata la più appropriata sia per dare un taglio internazionale al mio progetto e sia perché ritengo che da un punto di vista musicale abbia una connotazione più americana. Vi è anche un brano in portoghese.

Quanto tempo dedichi all'esercizio della tua voce?
Più che all'esercizio della voce a cui dedico del tempo molto di più lo dedico allo studio dell'armonia e alla scrittura.

Con chi vorresti collaborare?
In generale ci sarebbero tanti musicisti con cui vorrei collaborare, ma essenzialmente con chi ha voglia di condividere un progetto. Dalla passione nascono le cose più belle e durature.

Quali sono i tuoi prossimi impegni?
Sto già scrivendo per il mio prossimo disco e sto ultimando un libro per la didattica del canto. Nel frattempo porto in giro la mia musica nei concerti di presentazione di questo progetto Gateway To Life.













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Data pubblicazione: 03/02/2013

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