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Dee Dee Bridgewater e David Sanchez
Latin Landscapes
Roma, Auditorium - 30 luglio 2004
di Cristina Spano
Come in un'aiuola, sotto alla più calda luna caribena, gli strumenti raccolti in cerchio, si accendono le luci attorno al più bel fiore. Di arancione vestita, petali di voiles e taffettas, il bocciolo si schiude, e Dee Dee comincia il suo canto.
Latin landscape è il nuovo progetto che la cantante ha portato anche a Roma, sulle scene dell'Auditoruim,
in cui si accompagna di musicisti di sangue ed estrazione musicale latinoamericane. Da queste terre attinge il proprio repertorio, e con sonorità di queste terre riveste pezzi classici della letteratura jazzistica. La prima panoramica è sull'oceano Brasiliano di
Deixa, poi si naviga fino al caribe, e Dee Dee canta in spagnolo di una
Obsession
amorosa, cadenzata dalle percussioni senza posa dell'argentino Minino Garay, che suona portando a spasso il suo ritmo per il palcoscenico, con gli strumenti in mano, battendo i piedi come un
gaucho.
Si torna al Brasile e a Milton Nascimento, con
Vera Cruz, in cui splende l'assolo del pianista portoricano
Edsel Gomez, talmente splendente da far chiudere gli occhi ai suoi stessi colleghi. Poi le finestre si richiudono sul mondo latino, e Dee Dee torna in Europa, cantando un pezzo che non fa parte del progetto, ma parla della Francia che l'ha accolta e coccolata. Così Dee Dee ricorda l'amico e grande musicista scomparso Sacha Distel cantando in francese il suo brano
La Belle Vie. Ingoiata la commozione si torna ai ritmi bollenti, ed è la volta di un pezzo intitolato
Prayer For Peace, originariamente strumentale,
intriso di riff, sul quale sono state appositamente cucite parole mai tanto attuali quanto in questo tragico momento storico. È il tempo di chiedere una pace, e Dee Dee lo fa con tutta la forza che ha in corpo, con tutta la voce che sa. Poi lei e Garay si ritirano, lasciando il palco ad un quartetto, e le luci sono tutte per il sax di David Sanchez che esegue, morbidamente, la dolcissima
Eu Sei Que Vou Te Amar
di Jobim dove i tempi e gli spazi si dilatano, cullati dal feltro sonoro del basso di Ira Coleman. Li si potrebbe riempire di mille note questi spazi, ma il suono di questo giovane talento portoricano è talmente limpido, pulito, soave, che ogni nota merita il suo istante, scolpendolo.
Dee Dee riporta il suo fuoco sul palco per un nuovo pezzo, ed è la volta di un altro omaggio, memoria dei tempi in cui Dee Dee fu la cantante di Max Roach, all'immortale Dizzy Gillespie. Un po'di ricordi, di racconti per il pubblico, nostalgia dei momenti condivisi tra lei e l'icona trombettistica, che anche il giovanissimo Sanchez e il batterista cubano
Berroa ebbero la fortuna di conoscere. E quindi la sua
Night In Tunisia, in cui si intrufolano uno scat che duetta col sax, un lungo e frastagliato solo di batteria, lampi di
Salt Peanuts
e un finale di
A Love Supreme.
Il concerto giunge a conclusione, e così, riacchiappando per un lembo le note finali dell'ultimo pezzo, il bis è tutto dedicato al Coltrane di
My Favorites Things, l'atmosfera si scalda, e Dee Dee si esibisce in una danza, il piano è latino, il ritmo è con clave, le mani del pubblico faticano a seguire il fuoco di Berroa e Garay. La musica cede poi il posto agli applausi, e il bocciolo si richiude, Dee Dee saluta, e la luna cala sul cielo latino di questa estate romana.
07/01/2011 | Esperanza Spalding al 34° Roma Jazz Festival, Gezz - Generazione Jazz: "Grande attesa e Sala Petrassi gremita per il ritorno a Roma, a circa un anno di distanza dall'ultima esibizione, della giovane e talentuosa Esperanza Spalding, attesa ad una conferma dal vivo dopo l'uscita del recente ed ambizioso album "Chamber Music Society"...Affiora la sensazione che la Spalding, pur dotatissima, voglia dire "troppo" e tutto insieme: canta, suona, improvvisa, compone i brani e li arrangia, disperdendo energie in troppi rivoli. La musica è veicolo di emozioni, ma in questo modo la tecnica, seppur eccellente, rischia di prendere il sopravvento sui sentimenti." (Roberto Biasco) |
16/05/2010 | Angelique Kidjo all'Auditorium Parco della Musica: "Ciò che canta è solare fusione fra la cultura del Benin, suo paese d'origine, ed il blues, il jazz, il funk e, soprattutto, la Makossa: un'ibridazione certo non nuova ma innovativa per temi e poetica, un mondo di suoni ed immagini dai contorni onirici, dalle evoluzioni potenti d'una voce ben definita e dinamica, di ampia estensione, ricca di coloriture flessibili nella varietas delle esecuzioni..." (Fabrizio Ciccarelli) |
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Data pubblicazione: 02/10/2004
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