PRIMA EUROPEA
UNICA DATA EUROPEA
Mercoledì 24 settembre 2008, ore 21.00
Teatro degli Arcimboldi
John Zorn
Shir haShirim
(Il Cantico dei Cantici)
con la partecipazione straordinaria di
Lou Reed & Laurie Anderson
John Zorn, direzione
Lou Reed, Laurie Anderson, voci, voci recitanti
Lisa Bielawa, Martha Cluver, Abby Fischer,Kathryn Mulvihill, Kirsten Sollek,
voci
Marc Ribot, chitarra
Carol Emanuel, arpa
Greg Cohen, contrabbasso
Kenny Wollesen, vibrafono e percussioni
Co-produzione con MITO – SettembreMusica
TorinoMilano
Festival Internazionale della Musica
Dedicato ai 60 anni dello Stato di Israele
"Aperitivo in Concerto", in coproduzione con MITO-SettembreMusica,
presenta, al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il 24 settembre 2008, alle ore 21.00,
in prima e unica data europea, uno lavori più recenti e appassionanti di John
Zorn, la versione musicale di Shir haShirim, il Cantico dei Cantici attribuito
a Salomone. L'esecuzione, affidata alla direzione dello stesso Zorn, prevede la
partecipazione di solisti di altissimo rango e la presenza di due icone della contemporaneità
come Lou Reed e Laurie Anderson. Il concerto è dedicato ai 60 anni
dello Stato di Israele.
Il Cantico dei Cantici (in ebraico Shir haShirim), detto anche
Cantico di Salomone, è un libro presente sia nell' Antico Testamento della Bibbia
cristiana che nella Bibbia ebraica. Nella raccolta cristiana è inserito tra i libri
sapienziali; in quella ebraica è incluso nei Ketuvim.
Il nome del libro, con la ripetizione della parola cantico, secondo il modo
di costruire le frasi degli antichi ebrei, è da considerarsi come un superlativo
e andrebbe reso come Il più sublime tra i cantici.
Viene conosciuto anche come Cantico di Salomone, poiché se ne attribuisce la paternità
all'antico re di Israele del X secolo a.C.: la tradizione ebraica vuole sia stato
scritto con la costruzione del Tempio di Gerusalemme. In realtà si ritiene sia opera
di uno scrittore anonimo del IV secolo a.C. che ha fatto confluire nel testo diversi
poemi antecedenti originari dell'area mesopotamica.
Il libro, non seguendo un ordine prestabilito, ha sempre presentato delle difficoltà
nel momento in cui si è voluto suddividerlo per uno studio più approfondito. Alcuni
lo hanno considerato divisibile in cinque cantici, oppure in sei scene, oppure in
sette poemi o più, e fino ad arrivare al caso estremo di considerarlo formato di
ventitre cantici.
È uno dei testi più lirici e inusuali delle Sacre scritture. Racconta in versi l'amore
tra due innamorati, con tenerezza ma anche con un ardire di toni ricco di sfumature
sensuali e immagini erotiche. Ciò non pregiudica affatto il carattere sacro del
testo, in quanto l'amore erotico dei due amanti, per l'autore del testo, ha origine
divina, come si può ricavare da Ct 8,6: "Una fiamma di Dio/del Signore". È questo
forse il messaggio principale del Cantico: l'amore tra uomo e donna, in tutte le
sue dimensioni, quando è capace di recuperare l'originaria relazione col Creatore,
ha una forza superiore a quella della morte, e libera l'essere umano dalla sua paura;
i due amanti ripristinano quindi la condizione edenica di Adamo ed Eva, che prima
del peccato originale vivevano una relazione perfetta tra loro e con Dio.
Numerosi sono inoltre i richiami, impliciti ed espliciti, a passi di altri libri
della Bibbia. Il testo ha un altissimo valore nell'ebraismo, essendo il Cantico
uno dei "Meghillot", ovvero dei "rotoli" letti in occasione delle principali feste:
il Cantico, proprio per la sua importanza, è assegnato alla Pasqua. Nei secoli,
molteplici sono state le interpretazioni del testo, sia da parte della dottrina
canonica ebraica che cristiana, a riprova della grande considerazione che il Cantico
ha sempre avuto nelle due religioni. Tra le interpretazioni allegoriche più diffuse
abbiamo, nel primo caso, quella dell'amore del creatore per il suo popolo (Israele),
nel secondo caso dell'amore tra Cristo e la Chiesa.
Per la santità del contesto e del suo significato simbolico, il testo viene paragonato
al luogo più santo ed interno del Tempio di Gerusalemme, il Kodesh haKodashim: il
Cantico dei Cantici infatti include metaforicamente tutta la Torah.
John Zorn è uno dei musicisti più estremi degli ultimi anni, esponente della avanguardia
downtown di New York, si è ispirato, nella sua produzione musicale, ai compositori
americani Charles Ives, John Cage, Harry Patch e a jazzisti come Anthony Braxton,
Ornette Coleman, Jimmy Giuffre e Roscoe Mitchell. Amante dell'interpretazione libera
e dell'improvvisazione, la sua tecnica al sax contralto è unica e impressionante.
La sua musica attraversa diversi generi ma alla base di ogni suo imprevedibile concerto
c'è soprattutto violazione dei confini e potente creatività.
Nato a New York nel 1953, dal 1974 è musicista attivo del lower east side di New
York e diviene presto un esponente rappresentativo dell'avanguardia della "downtown"
applicando la "teoria del gioco" alla struttura dell'interpretazione libera, una
tecnica parallela a quella della "conduzione" di Butch Morris. Lo studio appassionato
del bebop e la sua tecnica al sax contralto "affilata come un rasoio" gli procurano
ampia considerazione da parte dei musicisti jazz. Naked City (Frisell alla chitarra,
Horvitz alla tastiera, Fred Frith al basso, Joey Baron alla batteria) diviene il
veicolo con cui John Zorn riesce a passare attraverso lo Sleaze – Jazz, il surf
rock e l'hardcore: il loro emozionante debutto nel 1990 per la Elektra Records è
l'avvio di un periodo, che durerà per tutti gli anni ‘90, di altre registrazioni
impegnative e provocatorie (con la collaborazione a tempo pieno di Yamatsuka Eye
cantante dei Boredoms). Nel 1991 crea "Pain Killer" con il bassista e produttore
Bill Laswelle e con Mick Harris (batterista dei Napalm Death). Dello stesso anno
è "Guts of a Virgin" per la Earache Records, etichetta dell' hardcore di Nottingham.
Alla metà degli anni 90 dà vita a Masada per esplorare la cultura e la musica ebraica.
La violazione dei confini dei diversi generi che Zorn crea con la sua musica sembra
pronta a diventare il senso comune della musica creativa.
JOHN ZORN
Nato a New York nel 1953, John Zorn studia composizione nella città natale,
ma la frequentazione del trombettista francese Jacques Coursil lo spinge verso l'improvvisazione
jazzistica, facendosi influenzare dall'opera di Jimmy Giuffre, Roscoe Mitchell,
Ornette Coleman. Inizia lo studio intensivo dell'improvvisazione a St. Louis, dove
conosce Joseph Bowie e altri sperimentatori, influenzato da fonti tanto diverse
quali Stravinskij, Braxton, il contrappunto, Varèse, Harry Partch, il chitarrista
inglese Derek Bailey. I suoi primi lavori sono, in effetti, assai vicini alla musica
gestuale europea, ma l'influenza della musica creativa lo spinge ad abbracciare
strutture sempre piu' improvvisate, e a suonare sempre piu' il sassofono.
Le opere, espressivamente violente e sperimentali al limite della cacofonia, che
lo rivelano sono, fra le altre, Lacross (1977), Hockey (1978),
Fencing (1978), Jai Alai (1980), Croquet (1981), Track And
Field (1982), nelle quali e' spesso coadiuvato da artisti di grande valore e
creatività come Arto Lindsay, David Moss, Tom Cora, Eugene Chadbourne, Fred Frith.
Sono lavori ispirati dalla rapidita' di cambiamento delle colonne sonore dei cartoni
animati: analogamente le sue pièce sono zeppe di discontinuita' apparentemente
paradossali, in vivo contrasto con le prassi estetiche dominanti nell'ambiente della
libera improvvisazione.
All'ombra dell'esempio di John Cage, Zorn rifiuta lo spartito e compone stabilendo
le relazioni fra le varie parti musicali, lasciando poi liberi gli esecutori di
muoversi all'interno dei varii livelli strutturali ad essi consentiti da quelle
stesse relazioni. Lavori come School, Pool e Archery raccolgono
alcune di queste perfomance, che costituiscono di fatto un'estensione degli
assoli creativi del jazz degli anni Settanta: invece che far improvvisare un musicista
alla volta (o un duo o un trio), Zorn fa improvvisare una decina di essi contemporaneamente
fissando le regole secondo cui devono interagire.
Reso celebre anche dai ripetuti tentativi di suonare pezzi di Charlie Parker all'indietro,
dall'ambizione di unificare musica accademica, improvvisazione jazzistica e cultura
rock (si pensi ad un'opera monumentale come Sebastopol), da un trio con Derek
Bailey e George Lewis (da cui le glaciali e cerebrali geometrie di Yankees)
e dal vocabolario inusitato di fonemi musicali che estrae dagli strumenti a fiato
piu' svariati (Classic Guide To Strategy), nel 1984 Zorn registra il suo
ottavo disco, il doppio Locus Solus, che raccoglie DJ votati alla
sperimentazione (Christian Marclay), esponenti della no wave come Arto Lindsay,
Peter Blegvad, Anton Fier e Ikue Mori, e musicisti jazz (fra cui Wayne Horvitz),
e propone una forma di improvvisazione "negativa" in cui jazz, jazz-rock e sonorità
hard-core si fondono e si scontrano in un caos volontario ma controllato.
Dopo tale opera di rottura la sua carriera prende una direzione completamente opposta.
Cobra -con Elliot Sharp, Arto Lindsay e Bill Frisell alle chitarre, Bobby
Previte alla batteria, Zeena Parkins all'arpa, Wayne Horvitz al piano, Christian
Marclay ai turntables, Anthony Coleman al pianoforte, piu' nastri-collage,
celeste, fisarmonica, trombone e sintetizzatore- e' un altro vertice del suo caos
dissociato, che ricorda i dipinti di Pollock ma che possiede l'ironia tutta ebraica
dei fratelli Marx..
Negli anni successivi Zorn compie il salto dal mondo delle piccole etichette indipendenti
a quello delle major attraverso una serie di opere di imitazione e demistificazione
in cui si esprime al meglio il suo genio di arrangiatore: Big Gundown e'
un tributo surreale e sofisticato a Ennio Morricone (la suite omonima e' costruita
su motivi di spaghetti-western, chitarrismi surf, jam improvvisate e musica sinfonica),
mentre Spillane e' un omaggio surreale alle atmosfere dei film noir (la title-track
e' una fantasia costruita cucendo una dietro l'altra sessanta miniature da colonna
sonora che vanno dallo strumentale alla Telstar al cocktail jazz piu' languido
con ogni sorta di intermezzi cacofonici e brani conversazione, e Two-lane Highway
e' una serie di variazioni blues per Albert Collins). In News For Lulu, in
trio con il trombone di George Lewis e la chitarra di Bill Frisell, interpreta classici
del post-bop con l'immaginazione della musica creativa, e in Spy Vs Spy rielabora
l'estetica di Ornette Coleman attraverso l'enfasi teppista del punk-rock.
Naked City, con Frisell, Frith, Horvitz e il batterista Joey Baron, e' un
summa delle sue ossessioni (colonne sonore, free-jazz, be bop, country & western).
Assolutamente folli, i mille camuffamenti in forma di slapstick come Latin
Quarter e Saigon Pickup rimandano a una forma moderna e schizoide del
music-hall. Gli sconquassi armonici di Zorn e Frisell in microcacofonie come
Snagglepuss sono volutamente gratuiti e infantili. Altre pagine (ciascuna
spesso di trenta secondi o meno) sono suonate con ferocia da thrash-punk
e alterando la velocita' di registrazione; risultano totalmente anonime, vivendo
soltanto di improvvise scariche epilettiche: Zorn sembra godere del caos piu' assoluto.
Al tempo stesso le sue incursioni al sassofono contralto, che esasperano la tradizione
dei break di yakety-sax del Rhythm & Blues, non hanno eguali
negli annali del jazz e del rock per sfrontatezza e smodatezza.
Zorn è forse l'ultimo dei grandi sperimentatori dadaisti, erede dei programmi aleatori
di Cage e della gestualita' europea. Negli ultimi hanno ha rivisitato sia le influenze
da lui subite attraverso il jazz, rendendo omaggio ad autori come Sonny Clark, Hank
Mobley, Freddy Redd, Kenny Dorham, sia, soprattutto, la sua eredità culturale ebraica,
che oggi appare l'asse portante di un corpus compositivo di eccezionale rilevanza:
gruppi come Masada e Electric Masada hanno offerto straordinari contributi
al rinnovamento della musica ebraica, inserendola di fatto fra gli elementi più
significativi della nostra contemporaneità culturale.
Non meno apprezzabile è l'attività di Zorn come compositore di affascinanti colonne
sonore e come organizzatore di suoni, nonché come squisito e sofisticato autore
di incantatorie pagine cameristiche: molteplici aspetti della complessa e poliedrica
personalità di una fra le maggiori figure della musica contemporanea tout court.
LOU REED
Lou Reed è una delle figure leggendarie del rock'n'roll, prima come leader del gruppo
rivoluzionario dei Velvet Underground, e poi come artista solista. A differenze
della maggior parte degli artisti provenienti dalla cultura musicale di fine anni
'60, Reed è riuscito a rinnovare costantemente il suo sound rimanendo, però, fedele
alla sua visione musicale.
Lewis Allen Reed nasce il 2 Marzo 1942 in una famiglia di religione e cultura ebraica
nella cittadina di Freeport, Long Island. Già dalla nascita, Reed vuole essere un
musicista, ispirato in particolar modo dal rock'n'roll che scopre da giovanissimo.
Impara a suonare la chitarra e incide un singolo stile "doo-woop" con una band chiamata
"The Shades". In questo periodo accade una delle cose che sconvolgerà totalmente
l'esistenza di Lewis; i genitori, preoccupati dal suo atteggiamento ribelle, dalle
sue pose effeminate e provocatorie, dal suo parlare apertamente di omosessualità
e dal suo sempre maggiore interesse verso la "musica del diavolo" (il rock'n'roll),
decidono di rivolgersi ad un centro psichiatrico specialistico per farlo curare.
Il giovane Lewis accetta la volontà dei genitori e si reca alla clinica tra il divertito
e il curioso: non sa che la "cura" scelta e molto in voga all'epoca era l'elettroshock.
Per due settimane viene sottoposto a scariche elettriche intensive che, come lui
ha più volte ricordato, gli facevano perdere completamente senso dell'orientamento
e memoria. Per parecchi mesi Lewis non sarà neanche più in grado di leggere.
Il trattamento dell'elettroshock cambierà profondamente Lewis che non solo non "guarirà",
come speravano i genitori, ma anzi esaspererà i suoi comportamenti giocando, spesso,
sulla pazzia. Ma,soprattutto, cambierà per sempre il già complicato rapporto di
amore-odio verso i genitori: da questo momento in poi Lewis farà di tutto per far
loro del male, vendicandosi della loro decisione, e parlerà di loro in parecchie
canzoni durissime ("Kill your sons" parla proprio del trattamento di elettroshock).
In definitiva, comunque, i genitori si rivelano come una tipica famiglia ebrea della
medio borghesia anni '50, con tutto il loro carico di preconcetti e di convenzioni
puritane, e il giovane Lewis è, invece, già proiettato nel nuovo fermento culturale
degli anni '60 e '70.
Agli inizi degli anni '60 Reed si iscrive alla Syracuse University, cogliendo l'occasione
per allontanarsi da casa e dalla puritana cittadina di Freeport. Il periodo alla
Syracuse sarà fondamentale per la crescita personale e artistica, permettendogli
di entrare in contatto con artisti e con le nuove tendenze musicali. È al college
che conosce alcune delle persone che avranno un'influenza enorme: il suo professore,
nonché poeta alcolista, Delmore Schwartz, e Sterling Morrison. Conoscerà inoltre
Shelley, suo primo vero amore.
Lewis Reed viene visto come un essere strano e misterioso; i suoi atteggiamenti
bizzarri e scostanti, la sua passione per i poeti maledetti, i suoi dialoghi cinici
e corrosivi, coadiuvano a formare un'immagine forte e stimolante che parecchie persone
trovano "irresistibile". Tra queste persone c'è, appunto, Shelley, una delle ragazze
più belle del college. La storia con lei durerà quasi 4 anni, tra alti e bassi,
fino alla divisione a causa degli esasperanti giochi psicologici ai quali Reed,
già da allora, sottoponeva lei e tutte le persone che incontrava. È a lei che dedica
i primi brani che scrive, tra cui "I'll be your mirror". Il loro legame continuerà
fino alla metà degli anni '70.
È un periodo di vita sregolata, di musica, di droghe, di esperienze omosessuali.
Dopo la laurea, Reed si sposta a New York e diventa un compositore pop professionista
per la Pickwick Records: l'accordo prevedeva che scrivesse un numero di pezzi al
giorno che la casa discografica poi avrebbe fatto incidere e pubblicare sotto falsi
nomi. Ben presto comincia a provare una forte insoddisfazione verso questo lavoro
e verso le sue limitazioni artistiche; è in questo periodo che conosce un musicista
pagato dalla Pickwick per una session: John Cale.
Reed lascia il lavoro e comincia a mettere in piedi un progetto di una rock band
d'avanguardia con il suo nuovo amico. Il duo recluta altri due componenti: Sterling
Morrison e Maureen Tucker. Il nome della band viene preso dal titolo di un libro
giallo trovato nella spazzatura: Velvet Underground. I VU diventano un gruppo cult
nel panorama artistico-musicale non convenzionale del Greenwich Village tanto che
verranno in seguito patrocinati dall'artista pop Andy Warhol che gli farà da manager,
promotore, e finanziatore del primo album: "The Velvet Underground and Nico", il
famoso album con la banana in copertina, uscito nel 1967.
L'influenza dei Velvet Underground verso gli artisti e i gruppi successivi è dovuta
in parte alle pennellate liriche di Lou, vere e proprie poesie "beat" che raccontano
della vita di strada, delle droghe, di sadomasochismo e altri soggetti che, all'epoca,
erano ancora taboo.
La partecipazione della cantante tedesca Nico all'album, che canterà in alcuni brani
del primo LP, è una mossa studiata e voluta da Warhol che, alla ricercata "crudezza"
della musica del gruppo voleva anteporre un'immagine limpida, bella, statuaria come
punto stridente.
Nel 1968 Lou "licenzia" Warhol per sostituirlo con un manager più esperto del settore
musicale e nello stesso anno esce il secondo album "White light/white heat" più
"sporco", più distorto del precedente. Alla fine dell'anno Reed esclude dal gruppo
anche l'altra colonna portante musicale: John Cale. La decisione è sofferta e deriva
da forti tensioni interne derivanti dallo stress dei tour e dalla fortissima insoddisfazione
commerciale e frustrazione di entrambi.
L'album successivo, "Velvet Underground", trova Doug Youle come sostituto di Cale.
Nel frattempo i problemi manageriali, i fiaschi commerciali portano forti tensioni
tra i membri del gruppo. Nel 1970 esce "Loaded", nel quale la maggior parte dei
brani viene cantata da Youle (prima delle sessioni di registrazione Reed contrae
l'epatite perdendo la voce).
Profondamente insoddisfatto, prima ancora che l'album uscisse sul mercato, Reed
abbandona definitivamente il gruppo e torna dai suoi genitori a Freeport, proprio
quando stavano conquistando un minimo di notorietà grazie al singolo "Sweet Jane".
A Freeport Lou, colto da una profonda depressione e dalla disintegrazione di tutti
i suoi sogni, lavorerà per qualche mese come dattilografo nella società del padre,
ma continuerà a comporre canzoni che vedranno la luce nei suoi album solisti successivi.
Un vecchio dirigente della casa discografica dei Velvet lo ricontatta e lo convince
a tornare nella musica. Reed, poco convinto, accetta e parte per Londra, dove la
sua notorietà è molto più forte che in patria e dove il clima artistico è più stimolante.
È proprio a Londra che incide il suo omonimo album di debutto solista che include
nuovi pezzi e parecchi brani che non erano stati inclusi negli album dei Velvet
Underground. Il disco "Lou Reed" non avrà molto riscontro, ma gli permetterà comunque
di tornare nella mischia e di conoscere altri grandi artisti.
In questo periodo conosce David Bowie, incontro fondamentale per la sua carriera.
Spinti dalla RCA, etichetta discografica di entrambi, i due decidono di collaborare.
Bowie, all'epoca quasi una divinità musicale che tutto poteva, e il suo chitarrista
Mick Ronson prendono Lou e lo ricostruiscono; nuovo look "glam" e arrangiamenti
accattivanti per il nuovo album che vedrà la luce nel 1972: "Transformer".
"Transformer" diventa un successo clamoroso, raggiungendo i vertici di tutte le
classifiche e sfornando due singoli che diventano classici della musica rock: "Walk
on the wild side" e "Perfect day". Lou Reed diventa un idolo e un artista ricercatissimo.
Ma Reed ha sempre avuto un rapporto contraddittorio verso il successo: lo ha sempre
desiderato e, nello stesso tempo, lo terrorizza, lo detesta. Il successo di "Transformer"
e la sua orecchiabilità non rappresentavano il "vero" Reed e così, nel 1973, pubblica
il suo capolavoro maledetto: "Berlin", un album tematico dai contorni scuri, che
racconta di una coppia di tossicodipendenti americani trasferiti a Berlino. Stupendo
e intenso vertice della creatività di Reed, prodotto da Bob Ezrin, l'album avrà
molto successo in Gran Bretagna ma, in patria, non riuscirà ad entrare in classifica.
Per cercare di conquistare il pubblico americano e rassicurare la sua casa discografica,
nel 1974 Reed realizza "Sally can't dance", un album iper-prodotto che, in effetti,
entrerà nella top 10 statunitense. Subito dopo vede la luce il primo album live
"Rock'n'roll animal", uno squarcio nitido e eccezionale sulle coinvolgenti performances
del periodo.
Nel 1975 decide di mettere in atto la mossa più azzardata, irriverente, sconvolgente
verso tutti coloro che lo accusano di sfornare dischi commerciali e verso la RCA,
che preme perché ne realizzi. La mossa si chiama "Metal Machine Music", un doppio
album senza testi né melodia, un lunghissimo feedback di chitarra, distorto e riverberato
diviso in quattro sezioni. Un vero colpo allo stomaco e alle orecchie anche per
l'ascoltatore più stoico e curioso. Per ciò che Lou Reed si ripropone, l'album è
un autentico successo: riesce ad alienarsi in un colpo solo la simpatia del pubblico
e dei critici musicali.
Malgrado tutto, "Metal Machine Music" acquisterà, con il tempo, un valore fondamentale:
da qui partiranno alcune correnti sperimentali e punk.
Otto mesi dopo, decide di tornare ad uno stile di scrittura classico con "Coney
Island Baby", fortemente influenzato dall' R&B e acclamato dalla critica e nel 1976,
con il successivo "Rock'n'roll heart", Lou Reed batte un terreno leggermente più
commerciale. Ma la vena dura e cinica di Reed ha bisogno di tornare allo scoperto
e nel 1978 pubblica "Street Hassle", seguito l'anno successivo da "The Bells", più
sperimentale e con forti influenze jazz.
Nello stesso anno esce un doppio live, "Take no prisoners". Ma l'album tutto è meno
che un live nel senso convenzionale del termine; Reed stravolge le canzoni. Anzi,
fa di più: non le canta quasi. Il concerto non è altro che una specie di "brain
storming" che si avvicina ad un reading poetico beat, un "blues di strada" nel quale
Reed improvvisa il testo, si rivolge al pubblico, inventa storie e parla a ruota
libera. Un documento eccezionale di un artista eccezionalmente originale.
Reed inizia gli anni '80 con uno dei suoi album più sottovalutati, "Growing up in
public", tutto incentrato sulle sensazioni dell'ormai raggiunta mezza età. Ma le
progressioni vocali di "So Alone" o il cinico e spietato abbozzo di "Standing On
Ceremony" sono dei gioielli. L'album risente anche del nuovo amore di Reed: Sylvia,
che sposerà poco tempo dopo.
Nel 1982 mette a segno un altro colpo artistico e commerciale perfetto: "The Blue
Mask", registrato con il chitarrista Robert Quine e il bassista Fernando Saunders.
È un nuovo Lou Reed quello che si presenta, più positivo, più disponibile e soprattutto
profondamente innamorato della moglie, alla quale dedica più di una canzone.
"Legendary Heart" e "News Sensations", del 1983 e del 1984, segnano una curva in
discesa nell'ispirazione, regalandoci solo occasionalmente qualche tocco di talento.
In generale i due album, ricchi di sintetizzatori, di batterie elettroniche e della
iper produzione tipica della musica degli anni '80, sono abbastanza insignificanti.
Anche il successivo "Mistrial", album politico, non riesce a risollevare le sorti
di una carriera e di un talento che, sembra, si sia ripiegato su se stesso.
Reed ha abituato il suo pubblico ai colpi di coda e nel 1989 pubblica "New York",
album che segna il suo ritorno come artista di primo piano. L'album è acclamato
dalla critica e osannato dai fan, e contiene canzoni che diventeranno i "nuovi classici"
di Reed: "Dirty Boulevard", "Romeo and Juliette" e "Hold On".
Negli anni successivi si dedica ad altri progetti e la situazione del matrimonio,
già in crisi, si aggrava. Reed prega Sylvia di lasciare l'appartamento. La morte
di Andy Warhol è un altro duro colpo, ma anche l'opportunità di incidere un disco,
nel 1990, in suo onore con l'altro fondatore dei Velvet Underground: John Cale.
L'album si intitola "Songs for Drella" (Drella era lo pseudonimo di Warhol, sunto
di "Dracula" e "Cinderella").
In questo periodo perde due carissimi amici, morti di cancro. Il profondo dolore
per questa perdita lo porta a comporre l'album più introspettivo e cupo della sua
carriera: "Magic and Loss", del 1992. Accolto con favore dalla critica e un po'
meno dal pubblico abituato al rocker, il nuovo album è crudo, lineare, sofferto
totalmente incentrato sul testo e su melodie quanto più semplici possibili. Ma,
in realtà, è uno dei lavori più maturi e complessi di Reed che, negli anni '90,
dimostra ancora una volta di saper sbalordire.
La collaborazione con John Cale di qualche anno prima sfocia in un altro colpo di
scena nella carriera di Lou Reed: la reunion dei Velvet Underground del 1993 e il
successivo tour mondiale. Testimonianza del tour è un bellissimo doppio album live.
Sebbene siano passati quasi trent'anni, le tensioni tra i membri del gruppo riaffiorano
e Reed, ancora una volta, decide di sciogliere il gruppo. La morte di Sterling Morrison,
l'anno seguente, porrà per sempre la parola fine alla loro storia.
Subito dopo lo scioglimento del gruppo, si separa legalmente dalla moglie e comincia
a frequentare la cantante Laurie Anderson.
Nel 1996 esce "Set the twilight reeling", album dai toni perlopiù pacati e splendidamente
arrangiato: un lavoro maturo e solido del "nuovo" Lou Reed.
Nel 1998 un nuovo live, testimonianza di un concerto semi-acustico tenutosi l'anno
precedente: "Perfect Night: Live in London".
Nel 2000 Lou Reed decide di tornare a suoni un po' più duri e pubblica "Ecstasy",
un grande ritorno e un buon auspicio per il nuovo millennio. Originale, con testi
che ricordano quelli del Reed anni '70, musicalmente ineccepibile e omogeneo, "Ecstasy"
viene apprezzato dalla critica e dal pubblico che riconosce nella sessantenne icona
del rock, ancora un'alta levatura e un grande talento.
Dopo una breve collaborazione con la moglie Laurie Anderson, con la quale nei concerti
recita i testi con un accompagnamento musicale minimale, esce l'ultimo lavoro di
Lou Reed: "The Raven", doppio CD tratto dalle poesie e dai racconti di Edgar Allan
Poe, che contiene recitativi e canzoni.
LAURIE ANDERSON
Troppo spesso si è abusato dell'espressione "artista multimediale", ma se c'è qualcuno
che può fregiarsi realmente di questo titolo è proprio Laurie Anderson da New York.
Nel corso della sua carriera ha svolto innumerevoli ruoli: artista visiva, compositrice,
poeta, fotografa, regista, ventriloqua, maga dell'elettronica, corista, strumentista.
Ed è sempre riuscita a coniugare la sperimentazione sull'elettronica con un linguaggio
accessibile al grande pubblico.
Prodotto di una delle tante scuole d'avanguardia newyorkese degli anni 70, Laurie
Anderson inizia la sua carriera di artista "globale" con performance bizzarre,
che rielaborano in modo originale le forme della musica minimale. Nascono così progetti
audaci come "Automotive" (concerto per automobili del 1972), "Duets on Ice" (messo
in scena a New York nel 1974), "Songs and Stories for the Insomniac" (presentato
all'Artist Space di New York e al Museum of Contemporary Art di Chicago nel 1975)
e "The Hand Phone Table" (installazione sonora e visiva, realizzata presso il Projects
Gallery di New York nel 1978).
In quegli anni, Anderson avvicina alcuni musicisti d'avanguardia che si riveleranno
poi decisivi per la sua maturazione artistica, da Philip Glass a Brian Eno, da John
Cage al suo attuale marito Lou Reed. Ma se la musica resta il suo punto di partenza,
le sue frontiere sono sempre aperte. Così l'artista newyorkese riesce perfino a
fare da spalla al comico Andy Kaufman in diversi "Comedy club" a Coney Island.
La sua prima opera importante in ambito musicale arriva nel 1980, con "United States".
Ma è nei due anni successivi, con il singolo "O Superman" e con l'album "Big Science"
che Laurie Anderson si impone alla ribalta internazionale conquistando critica e
pubblico. Merito del suo linguaggio universale, fatto di trovate spettacolari, come
l'uso in scena di un violino digitale, e di una ricerca incessante sulla vocalità.
La sua voce, infatti, si trasforma costantemente: filtrata dal vocoder, nascosta
da mille effetti, inquietante, oppure semplice ed angelica, è il suo strumento musicale
per eccellenza. Saggio supremo di quest'arte è "O Superman", il brano della consacrazione
internazionale: una sequenza ipnotica di una singola nota, con variazioni minime
e un cantato reso irriconoscibile dall'uso del vocoder.
"Big Science" è il primo di sette album registrati per la Warner Bros, fra i quali
"Mister Heartbreak" (forse il suo disco più "pop"), "United States Live", "Strange
Angels" e "Home of the Brave", colonna sonora del film omonimo, forte di un brano
irresistibile come "Language Is A Virus".
Ma Laurie Anderson è soprattutto una performer nata. Nel 1986, presenta la
sua performance "Natural History", da cui trarrà cinque anni dopo il libro
"Empty Places". Seguono altri progetti, come "Stories from the Nerve Bible" (1993),
"Bill and Laurie" e "About Five Rounds" (1996).
Nel 1995, la cantautrice di New York intraprende il lungo tour mondiale "The Nerve
Bible", la sua prima grande performance multimediale in cinque anni. Contemporaneamente,
esce l'album "Bright Red", coprodotto con Brian Eno, e il suo primo cd-rom, "Puppet
Motel". "Quando feci il mio primo cd-rom - racconta - cominciai a pensare: 'Qui
c'è un mezzo che comprende immagini, suono e elettronica, e li posso mescolare'.
E' un tipo di realizzazione di arte digitale che corrisponde al modo di funzionare
della mia mente, perché fa interagire tra di loro le cose. E' un mezzo circolare,
e consiste in punti che si toccano lungo la via. Mi è sempre piaciuto il viaggio.
E se è abbastanza interessante, non mi pongo limiti".
Negli anni, Laurie Anderson realizza anche diversi video e film, e compone colonne
sonore per film di Wim Wenders e Jonathan Demme, per balletti di Trisha Brown, Molissa
Fenley e altri. Scrive, inoltre, brani per la National Public Radio, la Bbc e l'Esposizione
di Siviglia, nonché diversi pezzi da orchestra. Ma la sua carriera si può leggere
anche come un percorso a ritroso: dall'uso della tecnologia alla riscoperta degli
strumenti "tradizionali". E i testi scritti, come ad esempio il "Moby Dick" di Melville,
nella sua concezione artistica possono diventare lo spunto per altre esplorazioni,
per spettacoli multimediali come "Songs From Moby Dick", in cui l'artista newyorkese
si è rivelata anche come pittrice.
Il suo album più recente, "Life On A String", risale al 2001 ed era stato
inizialmente concepito come side-project da studio per il progetto teatrale
"Songs and Stories of Moby Dick". "Sono veramente innamorata di Melville -ha raccontato
la compositrice americana- ma quando lo spettacolo è finito non ne potevo più di
quei vecchi marinai maleodoranti. Volevo tornare nel mio secolo e fare un disco
che fosse l'esposizione delle mie esperienze e della mia vita". Ed è così che nascono
le dodici tracce di questo album, con la coproduzione di Hal Willner, già al fianco
di Marianne Faithfull e Lou Reed. Attorno a lui, una nutrita pattuglia di collaboratori:
dalla chitarra di Bill Frisell ("Washington Street") all'orchestrazione di Van Dyke
Parks ("Dark Angel"), passando attraverso le percussioni di Vinicius Cantuaria ("Life
On A String") e il drumming di Joey Baron ("Slip Away").
Sono in particolare le percussioni al centro delle più recenti ricerche di Laurie
Anderson: "In questo momento, sento forte il bisogno di fisicità nella musica -
ha spiegato -. Di suonare qualcosa che non si limiti al 'digitare'. Basta il suono
delle mani sul legno, a volte. Parallelamente sto perfezionando uno strumento particolare,
il talking stick, una sorta di turntable che riesce a modulare la
voce secondo linee melodiche che si possono ascoltare solo da un preciso punto.
E' come un percorso obbligato: spostandosi, infatti, si perde la frequenza della
melodia, e si riescono a sentire solo rumori".
Una delle sue ultime performance è forse anche la più singolare: indossare
la divisa di cassiera e servire i clienti di un McDonald's newyorkese, "per vivere
dentro la globalizzazione e provare cosa significa far parte di questo processo
massificato". E sul rapporto tra musicisti e macchine, offre un'inquietante teoria:
"Noi musicisti che abbiamo sviluppato le possibilità dei progressi tecnologici,
in qualche modo, siamo cyborg. A volte, quando si lavora con le macchine, ci si
identifica a tal punto che si comincia a parlare con loro. Se si pensa a David Bowie,
il modo in cui parla è come una macchina. Lo stesso con David Byrne".
Nel 2003 è diventata la prima artista ufficiale della Nasa.
Eclettica, curiosa, intraprendente, Laurie Anderson non smetterà mai di ricercare
forme espressive nuove perché, come recitava in una canzone di quasi vent'anni fa,
"il linguaggio è un virus proveniente dallo spazio profondo".
MARC RIBOT
Quando nel 1985 Tom Waits pubblica "Rain Dogs", anche le orecchie più pigre non
possono rimanere indifferenti ai suoni nuovi riservati alla chitarra elettrica.
Il timbro ruvido, tremolante, ebbro, è opera di Marc Ribot, all'epoca elemento dei
Lounge Lizards, dunque già in pista sulla scena torrida della New York di allora.
Il sodalizio con Waits garantisce a Ribot una visibilità che non lo distrae comunque
da una impressionante pluralità di impegni. Nato nel 1954 a Newark, nel New Jersey,
allievo del chitarrista accademico Frantz Casseus, si esibisce inizialmente con
alcune garage band, prima di trasferirsi a New York nel 1978, dove collabora
con il grande organista Jack McDuff e con il celebre cantante soul Wilson
Pickett. Nel 1979 entra a far parte dei Realtones e della Uptown Horns
Band, che accompagna artisti popolari come Carla Thomas, Rufus Thomas o Solomon
Burke. Nel 1984 entra a far parte del ben noto gruppo Lounge Lizards, guidato
dal sassofonista e compositore John Lurie: il suo approccio strumentale, imbevuto
di blues ma capace anche di farsi dissacrantemente sperimentale attrae artisti come
Elvis Costello (con cui incide lavori quali Spike, Mighty Like A Rose,
Kojak Variety), Marianne Faithfull (Blazing Away), Tom Waits (Rain
Dogs, Big Time, Frank's Wild Years, Mule Variations,
Real Gone). Caetano Veloso. Partecipa a innumerevoli eventi musicali accanto
ad Arto Lindsay, Anthony Coleman, John Zorn. La sua prima band si chiama "Rootless
Cosmopolitans", cui segue il gruppo "Shrek".
Nel 1996 Ribot incide "Don't Blame Me", dove per la prima volta propone una sua
personale visione degli standard americani, per chitarra sola. Il lavoro accanto
a John Zorn si intensifica: i due fondano il movimento della "Radical Jewish Culture",
che tanto influenza la musica odierna a New York. Ribot suona regolarmente nei gruppi
zorniani "Bar Kokhba" e "Electric Masada". Un interesse parallelo è quello per la
musica cubana, concretizzato nel gruppo "Los Cubanos Postizos", in cui Ribot traduce
molti pezzi del compositore Arsenio Rodriguez. ("Marc Ribot Y Los Cubanos Postizos",
"Muy Divertido")
Di recente, il chitarrista ha pubblicato sue composizioni cameristiche ("Scelsi
Morning") e per colonne sonore ("Soundtracks II"), mentre continua a guidare un
trio di rock estremo. Ribot ha anche collaborato con solisti quali il chitarrista
Trey Anastasio, la cantante Patty Scialfa, il poeta Allen Ginsberg e molti fra i
più apprezzati coreografi contemporanei. In Italia, ha lavorato in diverse occasioni
con Vinicio Capossela.
GREG COHEN
Greg Cohen, è uno dei più grandi contrabbassisti del mondo, dotato di una tecnica
straordinaria e di grande capacità di sorprendere e improvvisare. Nato a Los Angeles,
ha suonato in numerosi gruppi affermati a partire dagli anni Sessanta. Musicista
senza eguali, è membro stabile dei gruppi di John Zorn e Dave Douglas, tra gli altri.
La sua esperienza travalica i confini di genere; non solo come strumentista ma anche
come compositore e arrangiatore, ha collaborato con i Rolling Stones, Elvis Costello,
Bill Frisell, Randy Newman, Lou Reed e Laurie Anderson, ed è presenza fissa negli
album di Tom Waits a partire da Heartattack and Vine (1980). Ha inoltre composto
musiche per teatro e colonne sonore di film ("Pomodori verdi fritti" di Jon Avnet,
"Così lontano così vicino" di Wenders, "Ed Wood" di Tim Burton, ecc.).
Ha pubblicato due album a suo nome, Way Low e Moment to Moment, entrambi
per la DIW.
KENNY WOLLESEN
Strumentista fantasioso, versatile, di eccezionale levatura tecnica, Kenny Wollesen
è nato a New Manticot nel 1966 ed ha vissuto a Santa Cruz, California.Costituisce
con Ben Goldberg e Dan Seamans il New Klezmer Trio, un gruppo che nasce con
l'intento di fondere musica sperimentale e klezmer, anticipando il progetto Masada
di John Zorn e altri progetti simili. Di notevole importanza la sua partecipazione
a lavori quali The Black Rider e 1996 Benefit for Don Hyde di Tom
Waits, che lo rende noto ad un pubblico più vasto.
Nel 1994 si trasferisce a New York, dove il suo arrivo suscita l'interesse di moltissimi
musicisti, tanto che dopo poche settimane è impegnato in una decina di diversi progetti.
E' attualmente attivo a New York, dove spesso si esibisce alla Knitting Factory
con il suo gruppo. Sono particolarmente interessanti le sue collaborazioni con John
Zorn, Tom Waits, John Patton, Jim Hall, John Lurie, Marc Ribot, Ellery Eskelin,
Dave Binney, Dave Tronzo Greg Cohen, Jessica Williams, Steven Bernstein e Sex
Mob, Sean Lennon, Rob Burger, Greg Cohen, David Binney, Trevor Dunn, Briggan
Krauss, Drew Gress, Bill Frisell, Ellery Eskelin, Brad Shepik, John Scofield, Myra
Melford, Klezmorim, Marty Ehrlich, Norah Jones, Marvin Pontiac, Alex Sipiagin, Leni
Stern, Wolfgang Muthspiel.
CAROL EMANUEL
Carol Emanuel è una fra le più affermate arpiste sulla scena musicale di New York.
Dopo avere compiuto i suoi studi alla University of Rochester e presso il California
Institute of the Arts, si è perfezionata in ambito improvvisativo sotto la guida
del pianista e compositore Ran Blake al Third Stream Department del New England
Conservatory.
Ha collaborato con Anthony Braxton, Earl Howard, Bobby Previte, Arto Lindsay, Lawrence
"Butch" Morris, John Zorn. Artista più volte presente nei cartelloni di sale newyorkesi
di spicco quali Symphony Space e The Kitchen, ha lavorato anche in ambito teatrale
per Martha Clarke e per il New York Shakespeare Festival di Joseph Papp, oltre ad
essere stata più volte ospite di Kool Jazz Festival. Si è inoltre esibita più volte
in Austria, Germania, Olanda. Solista della Los Angeles Chamber Orchestra e della
Goldovsky Opera, ha a lungo lavorato con il celebre gruppo corale Gregg Smith Singers,
con cui si è esibita in tutti gli Stati Uniti. Ha inoltre partecipato ad incisioni
a nome di artisti come Wadada Leo Smith, Bobby Previte, Seigen Ono, John Zorn, Hal
Willner.
LISA BIELAWA
Compositrice affermata e altresì cantante di grande fama, Lisa Bielawa si è laureata
summa cum laude alla Yale University. Figlia di un padre compositore e di
una madre tastierista e studiosa di musica antica, ha iniziato a comporre sin da
giovane età, studiando al contempo canto, violino e pianoforte.
Sostenuta dal Radcliffe Institute, la Bielawa compone regolarmente per il Boston
Modern Orchestra Project e per la League of American Orchestras. Altri suoi lavori,
incisi anche anche per etichette come la Albany Records (The Trojan Women)
e la Tzadik (A Handful of World), sono stati presentati alla Carnegie Hall
e al Lincoln Center, al Bang On a Can Festival, al Pacific Music Festival di Sapporo
in Giappone, all'INFANT Festival di Novi Sad da artisti e complessi di grande rilevanza
come la violista Carla Kihlstedt, il soprano Dawn Upshaw, il pianista Andrew Armstrong
(vincitore del Premio Van Cliburn), la Minnesota Orchestra, l'American Composers
Orchestra, la New England Conservatory Philharmonia, il Miami String Quartet, la
Seattle Symphony. La Bielawa, interprete prediletta da Philip Glass, con cui collabora
dal 1992, si è inoltre esibita in tutto il mondo come cantante. Come artista ha
inoltre ricevuto il supporto di istituzioni come la Alpert-Ucross Foundation, la
Civitella Ranieri Foundation in Italia, il Fund for U.S. Artists at International
Festivals, il New York State Council on the Arts, la New York Foundation for the
Arts, la Joyce Dutka Arts Foundation, l'ASCAP, and la Fondation Royaumont in Francia.
Consulente artistica dell'American Music Center, insegna composizione presso la
New York Youth Symphony.
MARTHA CLUVER
Presente nei più importanti cori di New York, Martha Cluver si è diplomata come
violista presso la Eastman School of Music nel 2003. Fra le componenti della ormai
ben nota orchestra da camera Alarm Will Sound, la Cluver ha inciso ed eseguito con
essa numerosi lavori di Steve Reich. Ha inoltre collaborato alla messa in scena
e all'incisione di "Decasia" di Michael Gordon e ha presentato la prima mondiale
di "Frammenti del Sappho" di John Zorn.
ABIGAIL "ABBY" FISCHER
Il mezzosoprano Abigail Fischer è ben nota interprete sia del repertorio barocco
(da anni collabora con il Rebel Ensemble, il New York Collegium diretto da Andrew
Parrott e con Early Music New York diretto da Frederick Renz, oltre a presentarsi
a fianco di artisti come Paul O'Dette, Ellen Hargis o Gorge Steel) che di quello
contemporaneo (ha presentato prime di lavori di artisti come John Zorn, Nico Muhly,
Bernard Rands, Michael Gordon, David Lang, Julia Wolfe, ecc.). Diplomata dalla Eastman
School of Music e dal Vassar College, componente del gruppo di musica contemporanea
Continuum, ha collaborato al Festival di Lucerna sotto la guida di Daniel Reuss
e Pierre Boulez. La Fischer ha interpretato in scena ruoli come Cherubino in
Le Nozze di Figaro di Mozart, Madre Marie in Les Dialogues des Carmélites
di Poulenc, Sesto in La Clemenza di Tito di Mozart, Mrs. Lovett in Sweeney
Todd di Sondheim, Ma Moss in The Tender Land di Copland, Jean in Le
Portrait de Manon di Massenet. Nel suo repertorio sono inoltre lavori come il
Requiem di Mozart, Messiah di Händel, Magnificat di J. S. Bach,
Missa Solemnis di Beethoven, Messa in Do maggiore di Mozart.
KIRSTEN SOLLEK-AVELLA
Il mezzosoprano Kirsten Sollek-Avella ha studiato alla Indiana University e s'è
diplomata alla Eastman School of Music. Dopo un tirocinio in ambito operistico,
dove s'è distinta in lavori di autori come Poulenc, Puccini, Virgil Thomson e Johann
Strauss, s'è specializzata nel repertorio barocco, ottenendo ampio consenso di pubblico
e critica soprattutto per la sua prolungata collaborazione con Masaaki Suzuki e
il Bach Collegium Japan, nonché con il liutista Paul O'Dette. La Sollek non ha comunque
abbandonato il suo impegno anche nel repertorio contemporaneo, distinguendosi come
interprete di Steve Reich, John Adams, Jacob Avshalomov, Peter Maxwel Davies e Geoffery
Burgon. E' sposata con il compositore di colonne sonore Vicente Avella.
per ulteriori informazioni:
Viviana Allocchio
Iniziative Speciali
Teatro Manzoni
Via Senato, 12
20121 MILANO
tel.: 02781253 - 02781254
fax: 0276281604
e-mail: viviana.allocchio@fininvest.it
INGRESSI:
Concerti 19 ottobre – 3 e 10 novembre – 25 gennaio: € 15 + € 1 prevendita
Concerti 26 ottobre – 1 e 14 dicembre – 9 febbraio: € 12 + € 1 prevendita
Ridotto giovani € 10 + € 1 prevendita
ABBONAMENTI fino al 19 ottobre.
N. 4 CONCERTI DOMENICA MATTINA€ 50,00
N. 4 CONCERTI LUNEDÌ SERA € 50,00
PREVENDITA dal 6 ottobre '08 al 9 febbraio ‘09
alla cassa del Teatro
CircuitoTicketone –
Nnumero verde 800-914350
Posti fissi e numerati
In vendita alla cassa del Teatro
Posti fissi e numerati
Ingressi concerti fuori abbonamento (Coproduzioni con MITO):
15 settembre: € 20 senza prevendita – posti fissi e numerati
24 settembre: € 25/35 senza prevendita – posti fissi e numerati
Urban Center – Gall. Vitt. Emanuele, 11 – Milano – tel 02 36508343
c.mitobiglietteria@comune.milano.it
CONTATTI:
Teatro Manzoni – tel. 0039 02 7636901
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www.teatromanzoni.it/aperitivo
- www.aperitivoinconcerto.com
Come raggiungere il teatro:
MM Montenapoleone – MM1 San Babila – MM1 Palestro
Bus 61 – 94 – Tram 1, 2
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