|
Stefano Zenni
Storia del Jazz - Una prospettiva globale
(Stampa Alternativa – Collana New Jazz People)
Nell'aprile dello scorso anno esce per Stampa Alternativa un
nuovo, ponderoso e ponderato, volume a firma Stefano Zenni; volume inteso
(anche) quale complemento/completamento dell'altrettanto imprescindibile, e fors'anche
più innovativo, "I Segreti del Jazz" (sempre per Stampa Alternativa).
Leggiamo nel Preludio "…questa è la prima storia del jazz di vasto respiro realizzata
da un autore italiano dai tempi di "Jazz" di Arrigo Polillo" che è del
1975. La lapidaria affermazione, posta così in apertura a firma dell'autore medesimo,
potrebbe essere tacciata di presunzione e iperbolicità: purtroppo è affatto vera
e agevolmente sottoscrivibile. La constatazione, perlomeno per chi scrive, diventa
anche un'amara riflessione sul provincialismo e ritardo della cultura musicale in
Italia nello scorcio tra secondo e terzo millennio: le musiche di matrice afroamericana
sono a tal riguardo emblematiche.
Il testo in esame distanziandosi grandemente dal Polillo
ne costituisce in qualche modo un contraltare e insieme un sentito omaggio: testi
diversissimi e in qualche modo complementari, seppur a distanza e su piani diversi.
Esso colma agevolmente la lacuna citata, europea oltreché italiana
e i trentasette anni che lo separano da "Jazz" paiono un'eternità; anni che, anche
solo per l'impostazione generale e le coordinate scientifico-metodologiche impiegate,
non sono fortunatamente passati invano.
Questa storia del jazz è (finalmente!) un lavoro mirabile da diversi punti di vista:
per la ricchezza dei contenuti, per la coerenza e la modernità d'approccio metodologico,
per la profondità di sguardo e insieme per la capacità di sintesi. Opera capitale,
opera "di una vita", frutto prezioso di una passione antica. Diverse caratteristiche
fanno di questa storia una testo imprescindibile anche in quanto aggiornato e basato
sulle più recenti ricerche nel settore. Non troviamo qui, a differenza del Polillo,
la divisione tra storia e protagonisti ma un fluire ricco, sovente
sorprendente, che traccia le coordinate per un aggiornato approccio alla materia;
materia oggi di amplissime dimensioni, ricchezza e complessità.
Va riconosciuto a Stefano Zenni un grande coraggio, al limitare di una salubre "incoscienza";
coraggio particolarmente produttivo allorquando, come qui, scaturisce da una smisurata
passione e da una capacità di sintesi e di messa a fuoco di nuovi nessi e percorsi.
Si deve riconoscere altresì al presidente della SIdMA il merito di aver tentato,
riuscendoci ampiamente, di fondare nuovi paradigmi per una storia della musica
di matrice afroamericana cogliendo e confutando, con strabiliante ricchezza di apparato
critico-musicologico, i tanti luoghi comuni tramandatisi pigramente per diversi
decenni.
Proviamo a dar conto delle novità d'impostazione, alcune assolute, altre frutto
di accurata esegesi dei più importanti testi d'argomento degli ultimi cinquant'anni,
qui contenute. Potranno queste diventare preziosi strumenti per approfondimenti e
nuove indagini?
Il sottotitolo, non sviluppato compiutamente, trova il suo fondamento nell'importanza
che viene attribuita alle migrazioni, a partire da recenti descrizioni ricostruttive
della nascita e diffusione del genere umano; invece l'approccio geografico non ha
grandi riscontri, perlomeno nella nostra lingua, a differenza di altri più consolidati
ambiti di studio quale quello delle storie dell'arte e il fondante From Jazz
To Swing di Mike Hennessy. Ma il vero "giant step" di Stefano Zenni consiste
nell'aver fatto proprie le risultanze delle più aggiornate ricerche, condotte nell'ultimo
trentennio per la quasi esclusività in lingua inglese. Emerge allora una galleria
di vecchi e nuovi storici, critici e musicologi anche poco noti in Italia, a testimonianza
del fatto che in Europa e oltreoceano è cresciuta, e si è andata consolidando, una
nuova letteratura jazzistica. A partire da tale corpus Zenni tenta di ricapitolare
e fare il punto della situazione, riuscendovi non senza sforzi.
La narrazione intreccia il racconto storico con approfondimenti e fulminanti intuizioni
musicologiche e riesce a rimuovere la crosta fatta di luoghi comuni e mitologia
urbana stratificatasi sulla materia, mettendo in luce inedite prospettive di lettura
e pone l'accento sull'importanza e centralità delle forme nel jazz: a tal proposito
è d'obbligo citare la primogenitura di Marcello Piras. Dà, giustamente, un ruolo
non secondario ai compositori; evidenzia il ruolo, sovente determinante, di impresari
e manager sulle future sorti di musicisti e compagini orchestrali e restituisce
ai musicisti la dignità di cittadini politicamente impegnati.
Andrea Gaggero per Jazzitalia
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 3.040 volte
Data pubblicazione: 06/11/2013
|
|