Lo storico Luca Cerchiari ha parlato, a
proposito del jazz, di una musica transatlantica, raccontando come fra le coste
ad ovest ed a est del grande oceano ci siano sempre stati scambi continui, un incessante
viavai di idee, di scambi, di esperienze. La vicenda artistica di
Antonio Ciacca
è un ulteriore esempio di questo assunto. Nato in Germania da genitori italiani
si è formato come pianista classico nel nostro paese. Da anni però, dopo che un
incontro con Wynton Marsalis gli ha "rivelato" il jazz, vive a New
York suonando ed insegnando la musica afro-americana e diventando responsabile della
programmazione artistica del Lincoln Center.
Questo disco dimostra quanto il pianista pugliese, che pure vanta collaborazioni
importanti con innovatori del calibro di
Steve Lacy,
sia entrato nella tradizione nello spirito del grande jazz americano degli anni
'60. Questo Rush Life è in pratica una
galleria di omaggi. Al suo mentore Wynton Marsalis, a
Wayne Shorter, a Horace Silver, a
Steve
Grossman, a standards celeberrimi.
Per fare un esempio la traccia che da il titolo al cd ironicamente giocato
su quello della celebre canzone di Billy Strayhorn è in realtà una rilettura di
Body And Soul nella memorabile versione di Coleman Hawkins, evocato con maestria
dal sassofonista Stacy Dillard. Ma in Flat 5 –Flat 9 riecheggia anche
la malinconica melodia ornettiana di Lonely Woman.
Un disco pieno di cultura e di buon gusto jazzistico, mai manieristico,
sempre ricco di tensione musicale, a tratti veramente ispirato anche se affiora
l’impressione di una concezione del jazz che però non offre spunti evolutivi del
linguaggio musicale.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 17/04/2010
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