Dopo un'ottima serie di lavori come side-man, il batterista Armando
Sciommeri esce allo scoperto e firma un disco per cui sono chiamati in causa
Matt Renzi
al sax tenore,
Enrico Bracco alla chitarra, Vincenzo Lucarelli al piano e
Vincenzo Florio al contrabbasso.
Il quintetto si rivela in grado di sviluppare
una potente e salda coesione che si esprime attraverso interventi non invasivi,
delicatezza e sensibilità, ma a cui non viene meno un solido supporto ritmico e
dinamico. Ad esclusione del brano finale, "Six and four"
di O. Nelson, gli altri sei sono tutte composizioni originali di
Bracco
o di Sciommeri.
La prima, evidente ed ottima caratteristica del disco è sicuramente la
modernità delle sue forme. I brani risultano decisamente attuali, il mood è soave
e fluido, quasi lounge; la scelta stessa dell'equalizzazione dei suoni è orientata
verso toni smussati e caldi, anche dove il ritmo è al contrario spigoloso e serrato,
come nella prima traccia, "Cheap". In generale
comunque il lavoro è in linea con le forme dei migliori lavori del jazz contemporaneo
italiano, che si dimostra sempre più in grado di assumere connotati di alta levatura
e ben distinguibili per pulizia e nitidezza di suono.
I brani alternano richiami a stili differenti, accenni al latin jazz,
al free, e persino all'acid jazz (anche se paradossalmente acustico).
Lungo tutta la durata del disco si distingue su tutti Sciommeri,
eccellente nel saper conferire con il proprio strumento diverse atmosfere all'interno
dei brani, a volte impegnato in una sorta di gioco fra due posizioni, quella in
cui il ritmo si fa stretto e coinvolgente, imbrigliato da basso e batteria, e quella
dove invece gli è lasciata facoltà di muoversi liberamente, in maniera più sciolta.
Se si ascolta la traccia che dà il nome al disco ciò è ben chiarito. Si passa con
dolcezza dal tema, appena appoggiato dagli strumenti di accompagnamento, ad una
serie di assoli quasi incrociati, tipicamente free, dove al di sotto della linea
melodica del sassofono regna una sorta di non-ritmo, dove il basso tende alla razionalizzazione
del tempo e la batteria, al contrario, cerca totale e fluente libertà. Poi all'improvviso,
ma senza cesura, il quintetto prende una via lineare e attacca con un swing piuttosto
sostenuto, efficacissimo; la chiusura vede invece il ritorno del tema, introdotto
da un bel solo del contrabbasso.
Anche "G.S." mostra una forma simile,
seppur più melensa e blues: è qui la volta di Lucarelli che, nel costruire
il suo solo, trova una buona sintesi di melodia e ritmo. Il suo ruolo è però molto
più apprezzabile in uno dei brani più godibili, "Bisteccone",
il cui titolo un po' scherzoso cela uno stupendo lento, introdotto appunto dal pianoforte,
e poi accompagnato con grande sensibilità dagli altri strumenti. Lo caratterizza
una melodia un po' malinconica ma pure solare, assoli delicati e lo sfondo straordinario
di Sciommeri.
A chiudere il disco è, come già accennato, "Six
and Four", blues inusuale e fumoso, che merita un ascolto profondo.
Bravo quindi Sciommeri per aver saputo creare e dirigere un lavoro
ricco, raffinato e non troppo tecnico, dove la precedenza è data alla qualità ed
alla sapiente creatività di questi musicisti. Un disco di buon jazz, di quelli che
danno soddisfazione all'ascoltatore e costituiscono un bel momento nella discografia
degli artisti che vi hanno preso parte.
Achille Zoni per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 08/09/2008
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