Chitarrista dal suono pulito e lineare, Luca
Boscagin non è del tutto nuovo nell'universo jazzistico. A pochi anni dall'asilo,
già imbracciava la chitarra con discreto successo, per poi lasciarsi condurre alla
musica afroamericana dalle amorevoli cure didattiche dell'ottimo
Simone Guiducci.
Oggi, a distanza di qualche decennio, come sovente accade, è lui ad insegnare le
tecniche chitarristiche. Tecnica, da quel che si sente in questo lavoro discografico,
robusta e personale, fatta di sonorità rotonde e di giuste asprezze timbriche.
4 Steps si articola su otto brani: sei a
firma del musicista veneto più una composizione di Kyle Gregory e l'immarcescibile
Poinciana (ben riarmonizzata), incastonata per
rammentare il navigare di Boscagin nei flutti latini. Il leader, sia in fase
esecutiva che compositiva, subisce la fascinazione del sound newyorkese, sostenuto
dalla tromba di Gregory, volutamente – e decisamente – sporca nell'intonazione
(Avenida, Back in Camden).
Si illumina di tratti methenyani in Greenpoint:
l'esecuzione è sontuosa ed intensa, elaborata al punto giusto. Stessa cosa accade
in Four Steps, dove il leader abbellisce il
fraseggio con una buona dose di cromatismi.
Ogni brano, in sé, è di ottima fattura, ben strutturato ed eseguito con particolare
garbo. V'è che, però, ogni qualvolta il compositore suggerisce allargamenti alla
manovra, il quartetto sembra ingabbiarsi nelle linee melodiche non lasciando spazio
ai guizzi improvvisativi e, con ciò, cadendo nella trappola del calco sonoro.
La sezione ritmica si consuma lodevolmente nel tentativo di sprigionare il
giusto groove, ma impatta nel passo spericolato ed instabile di Gregory che
guida il sound verso stilemi geometrici.
Un lavoro pregevole, senza dubbio, ma che lascia un po' di amaro in bocca.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/03/2009
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